martedì 28 novembre 2017

Il cardinale Gerhard Müller è il nuovo leader a capo di un movimento contro il Papa?


«C’è un fronte dei gruppi tradizionalisti, così come dei progressisti, che vorrebbe vedermi a capo di un movimento contro il Papa. Ma io non lo farò mai. Ho servito con amore la Chiesa per 40 anni da prete, 16 anni da cattedratico della teologia dogmatica e 10 anni da vescovo diocesano. Credo nell’unità della Chiesa e non concedo a nessuno di strumentalizzare le mie esperienze negative degli ultimi mesi. Le autorità della Chiesa, però, devono ascoltare chi ha delle domande serie o dei reclami giusti; non ignorarlo o, peggio, umiliarlo. Altrimenti, senza volerlo, può aumentare il rischio di una lenta separazione che potrebbe sfociare in uno scisma di una parte del mondo cattolico, disorientato e deluso. La storia dello scisma protestante di Martin Lutero di cinquecento anni fa dovrebbe insegnarci soprattutto quali sbagli evitare». Il cardinale Gerhard Müller parla con voce piana e un marcato accento tedesco. Siamo nell’appartamento di Piazza della Città Leonina che in passato aveva occupato Joseph Ratzinger prima di diventare Benedetto XVI, in un palazzo abitato da alti prelati.

Müller, forse il più rispettato teologo cattolico, è l’ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, sostituito a sorpresa nel luglio scorso da Jorge Mario Bergoglio. «Il Papa mi confidò: “Alcuni mi hanno detto anonimamente che lei è mio nemico” senza spiegare in qual punto», racconta affranto. «Dopo quarant’anni al servizio della Chiesa, mi sono sentito dire questo: un’assurdità preparata da chiacchieroni che invece di instillare inquietudine nel Papa farebbero meglio a visitare uno strizzacervelli. Un vescovo cattolico e cardinale di Santa Romana Chiesa è per natura con il Santo Padre. Ma credo che, come diceva il teologo del Cinquecento, Melchior Cano, i veri amici non sono coloro che adulano il Papa ma quelli che lo aiutano con la verità e la competenza teologica ed umana. In tutte le organizzazioni del mondo i delatori di questa specie servono solo se stessi».

Parole dure, risentite, di chi sente di avere subito un torto immeritato. Il cardinale esclude, come sostengono alcune voci allarmistiche, che qualcuno stia ordendo complotti contro Francesco, in polemica con alcune prese di posizione ritenute troppo progressiste: lo considera «un’assoluta esagerazione». Ma ammette che la Chiesa è percorsa da tensioni profonde. «Le tensioni nascono dalla contrapposizione tra un fronte tradizionalista estremista su alcuni siti web, e un fronte progressista ugualmente esagerato, che oggi cerca di accreditarsi come superpapista», secondo Müller. Si tratta di minoranze, ma agguerrite.
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La clamorosa uscita, pubblicata ieri dal “Corriere della Sera”, del cardinale Müller, ex Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, che sferra un duro attacco a PapaFrancesco sta facendo discutere l’opinione pubblica. Ne parliamo con Francesco Antonio Grana, vaticanista del ilfattoquotidiano.it, che ha appena pubblicato il libro dal titolo “Sedevacantisti”. Un libro importante per chi vuole saperne di più sull’attuale conflitto interno alla Chiesa Cattolica.
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Spero che questa intervista non sia davvero un “pizzino” di Müller al Papa. Sarebbe gettare fango sulla porpora che indossa e che gli ha dato proprio Francesco. Dire che un gruppo di tradizionalisti, ma anche di progressisti lo vuole a capo di una fronda anti Bergoglio è già scendere in campo e dichiarare la sua disponibilità a ricoprire un ruolo che finora aveva svolto, in maniera inefficace secondo i nemici del Papa, il cardinale Burke. Bisogna cambiare leader e trovarne uno più autorevole e credibile e Müller, agli occhi degli oppositori papali, ha il curriculum giusto. Con la sua intervista il porporato non fa che dimostrare che i nemici del Papa hanno ragione e che hanno puntato sul cavallo giusto. Non si può parlare di unità nella Chiesa, di comunione col Papa, e poi puntargli il dito pubblicamente con una reprimenda durissima. Certamente nell’intervista traspare la grande amarezza di Müller per essere stato licenziato da Francesco dalla guida della Congregazione per la dottrina della fede, ma ciò non può giustificare o addirittura assolvere il comportamento del cardinale nei confronti del Papa.
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Premetto una cosa: Müller, almeno pubblicamente, ha sempre difeso l’Amoris laetitia affermando che rispetta pienamente il magistero della Chiesa. Forse pensava che bastasse questa difesa, per così dire, d’ufficio per garantirsi la fiducia del Papa. Ma si è dovuto ricredere. Francesco non ama gli adulatori. Le posizioni di Müller su tantissimi temi teologici stonano con le aperture che Bergoglio, dopo un cammino sinodale di due anni, fa nella sua esortazione. Mi sembra a dir poco ridicolo che si parli ancora dei “dubia”. Francesco risponde ogni giorno nelle omelie che pronuncia durante la sua messa mattutina nella cappella di Casa Santa Marta. Non di rado, infatti, il Papa attacca coloro che sono rigidi come i farisei nell’applicazione della legge e non conoscono la misericordia. Francesco ha indetto un Giubileo straordinario della misericordia che mi sembra la migliore risposta ai “dubia”. Se uno è sordo non è certo colpa di Bergoglio. Disorientamento nella Chiesa? Non credo. Chi cerca di alimentarlo è già fuori della Chiesa e lo fa solo per colpire il Papa. Si poteva dire lo stesso del pontificato di san Giovanni XXIII quando Roncalli annunciò la volontà di indire il Concilio Ecumenico Vaticano II. Ma senza quell’evento oggi la Chiesa cattolica molto probabilmente sarebbe quasi scomparsa.
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Se il cardinale vuole la Chiesa del Sant’Uffizio con le scomuniche e i roghi ha sbagliato secolo. Credo che Francesco stia testimoniando al mondo, e non solo al cattolicesimo, i grandi valori morali e culturali e le grandi verità di fede di cui il cristianesimo è depositario da duemila anni. Pensiamo soltanto alla drammatica emergenza dei profughi e agli appelli costanti del Papa sempre accompagnati da gesti forti ed eloquenti.
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Certamente Francesco è un Pontefice che pone seri interrogativi, che mette in discussione il “si è sempre fatto così”, che invita a superare la mentalità corrotta e collaudata della Curia romana e delle gerarchie ecclesiali. Tutto ciò non trova naturalmente accoglienza e disponibilità in tutti, bensì anche avversione in chi, pensando la Chiesa come una grande azienda, si vede distrutta una carriera che vedeva già assicurata. Promozioni e porpore con Francesco non sono più automatiche e scontate e quindi nei carrieristi nasce subito un sentimento di avversione nei confronti del Papa. Un’avversione che mette in moto alcune azioni tese a sabotare il pontificato e a costringere Bergoglio a dimettersi. I sedevacantisti vogliono soltanto accelerare il prossimo conclave.
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Francesco resisterà perché si sente parte di un disegno molto più grande di lui. È a guida della Chiesa per servire l’umanità e lo fa con una umiltà e una grandezza impressionanti. Che ci siano delle resistenze è più che normale, anche a livello di Conferenze Episcopali. 
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Ultima domanda: Papa Francesco come vive tutto questo?
Ridendo. Credo che dopo essersi fatto una grande risata il Papa pensi alla sua agenda quotidiana che è abbastanza ricca. Francesco non si lascia turbare da nulla di tutto ciò. Va avanti spedito nella sua missione. Preferisce abbracciare un povero, un sofferente, un profugo piuttosto che perdere tempo con chi lo definisce eretico. E non si può non ammettere che fa proprio bene.



Le gravi affermazioni del Card. Mueller contro papa Francesco
di Andrea Grillo

Le accuse che il card. Mueller ha rivolto ieri al papa, direttamente o indirettamente, sono molto gravi e meritano di essere accuratamente identificate. Allego, in appendice, il testo integrale della intervista, di cui commento qui solo gli aspetti più problematici. Presentato da Massimo Franco come “forse il teologo cattolico più rispettato” – espressione davvero ambigua e senza fondamento - nel corso della intervista dimostra proprio di essere debole sul versante squisitamente teologico intorno alle questioni affrontate. Ma andiamo per ordine:

a) la richiesta di “leadership ostile” e la fedeltà

Massimo Franco le definisce “parole dure e risentite”: come un Giobbe offeso, Mueller chiede conto al Papa della ingiustizia subita e dei consiglieri satanici… un quadro a dir poco paradossale e davvero privo di temperanza. Un uomo di Chiesa, che voglia salvaguardare la comunione, in questi casi tace, o parla con discrezione e misura. Se invece parla accusando apertamente il papa di ingiustizia, si chiama fuori dalla Chiesa, si isola su una turris eburnea molto isolata e non poco autoreferenziale. E la sua ribadita fedeltà al Romano Pontefice è puramente formale, astratta. In concreto continua a lottare contro il pontificato, in modo vistosamente sleale. Se “per natura” dice di essere con il Santo Padre, non dimostra affatto di esserlo per cultura.

b) la minaccia di scisma

Se passa il messaggio di una “ingiustizia da parte della Curia romana”… ma che cosa sta facendo Mueller da 5 anni se non continuamente insistere su questa ingiustizia? In un certo senso Mueller mette in guardia la Chiesa da se stesso. Fin dall’inizio ha interpretato se stesso, come Prefetto, come “correttore del papa”. E ora pretende di parlare “super partes”? Come se fosse un osservatore romano disinteressato? Come se non fossero state proprio le sue parole ad alimentare la fronda nostalgica e tradizionalista? La minaccia di scisma è la coda di paglia di chi non ha argomenti teologici e spirituali da contrapporre alla svolta conciliare di papa Francesco. Dare credito ai “dubia” di 4 cardinali e alla lettera di accuse di 62 cattolici poco competenti è un errore irrimediabile del suo approccio.

c) la presunta debolezza teologica e spirituale

Molto grave, ma non nuova, è la affermazione secondo cui oggi la Chiesa di Francesco sarebbe più debole teologicamente e spiritualmente. Questo è davvero il colmo. Mueller identifica nella autoreferenzialità teologica degli ultimi 30 anni il modello teologico e spirituale che “conserva lo status quo”. Per Mueller questo è l’orizzonte: quieta non movere et mota quietare. Non riconosce affatto né la grande dinamica spirituale introdotta dal pontificato di Francesco, né il grande approfondimento teologico, che ha ripreso lo slancio della fase conciliare di riflessione nella Chiesa. Il sintomo più grave di questa lettura deficitaria è la esigenza di “superare la definizione di Chiesa come ospedale da campo”. Quella affermazione è lo specchio di una profonda e forse irrimediabile estraneità di L. Mueller alla Chiesa conciliare, ripensata 50 anni dopo in modo dinamico e capace di “prendere la iniziativa”. Egli legge come “cedimento alla immanenza” la logica della incarnazione. E questo compromette tutto. Applica al papato di Francesco schemi antimodernistici e resta giocato dalla sua teologia non aggiornata. Un deficit teologico sta alla radice del disagio.

d) La domanda di “teologia accademica” e il ruolo della Congregazione

Bisogna infine sottolineare l’esito ultimo di questo approccio distorto al pontificato: la percezione, che Mueller ripete più volte, secondo cui Francesco sarebbe più un sovrano che un “padre nella fede”. Questo è davvero difficile da capire. Se c’è un papa che ha recuperato, non solo nell’immaginario collettivo, ma nel cuore stesso della Chiesa, la qualità “paterna e fraterna”, è proprio Francesco. E questo è dovuto non anzitutto al suo “personaggio mediatico”, ma alla sua spiritualità e alla sua teologia. Su questo punto Mueller sembra aver vissuto, in questi 5 anni, in un altro mondo, in un’altra storia, con altre prospettive e preoccupazioni. Anche la domanda di “teologia accademica” mi sembra paradossale. Proprio il questi 5 anni abbiamo avuto una ripresa e un rilancio del pensiero teologico, che ha riscoperto profondamente il prezioso tesoro della sua immaginazione, della sua incompletezza e della sua inquietudine nel restituire il “depositum fidei” con nuova forza e con efficace eleganza. Le “tre i” con cui Francesco ha identificato il “lavoro teologico” sembrano totalmente estranee alla cultura di L. Mueller. Che un teologo tanto sordo alle prospettive teologiche e spirituali di Francesco e tanto preoccupato di dover condizionare come Prefetto un papato davvero proficuo avesse la pretesa di restare in carica e di condizionare così pesantemente il pontificato, risulta difficile da comprendere.
(fonte: Come se non)

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