mercoledì 25 ottobre 2017

REFERENDUM VENETO E LOMBARDO - Il pericolo di un voto prevedibile di Luigino Bruni - Il nuovo programma di TV2000 "Benedetta economia!”

REFERENDUM  VENETO E LOMBARDO
Il pericolo di un voto prevedibile
di Luigino Bruni *

In Veneto il referendum per l’autonomia ha portato il 60% degli elettori alle urne, attirati dal messaggio del governatore Zaia di pagare meno tasse allo Stato. Una prospettiva che rende tutti più poveri e insicuri





L’articolo 75 della nostra costituzione vieta il referendum abrogativo in materia tributaria e di bilancio. E la spiegazione è semplice e di normale buon senso: se chiedi alla gente di pagare meno tasse o di non pagarle affatto, avrai una alta percentuale di persone che dirà: certo! Non tutti, perché c’è sempre stata e c’è una minoranza che cerca anche gli interessi degli altri insieme ai propri, ma queste minoranze non riescono in genere a diventare maggioranza, tranne pochi momenti decisivi della storia, quando, dopo i grandi dolori, la gente diventa diversa, per un po’ di tempo, e scrive le grandi costituzione, e scopre la fraternità.

Chiedere ai lombardi e ai veneti se vogliono pagare meno tasse “a Roma” – di fatto questo era il messaggio della sostanza della consultazione referendaria: tutte le altre finezze politiche non sono arrivate alla maggioranza della gente, o sono state molto secondarie – è una domanda ovvia, banale, stupida, perché tutti sapevamo come andava a finire.

Peccato che quei nostri concittadini non hanno colto la banalità di questa consultazione, hanno votato in molti, soprattutto in Veneto, e sono caduti nella trappola di chi usa questi giochini antichi per rafforzare il proprio potere, e poi dice pure: «Siamo entrati nei libri di storia». È vero, nella storia della banalità.

Dietro questi fatti, e quelli molto più seri e gravi in terra spagnola, si nascondono enormi sfide per il presente e il futuro dell’Europa. Le istituzioni sono dei beni comuni, che nascono quando una quota significativa di popolazione ha motivazioni ed energie per impegnarsi per qualcosa più grande dei propri interessi. Lo stato, le regioni, l’Europa … sono alte forme di beni comuni.

Ma come ci insegna la teoria della «Tragedia dei beni comuni», la somma di interessi privati può solo distruggere i beni comuni, mai crearli né mantenerli.

Se oggi prevale la politica di assecondare gli interessi più banali delle persone (sicurezza e denaro), ci ritroveremo presto in una nuova forma di medioevo, dove vivremo arroccati in piccoli castelli fortificati, circondati da ‘barbari’ che cercheranno di violare le mura, e prima o poi ci riusciranno. E saremo più poveri, insicuri, e certamente meno civili e intelligenti. Stiamo attenti a quanto sta accadendo nel mondo, e poi agiamo di conseguenza, se amiamo la democrazia e le sue istituzioni.


* Economista, professore ordinario di economia presso l’Università Lumsa di Roma, è saggista ed editorialista di Avvenire e di altri giornali. Coordinatore del progetto Economia di Comunione è ispiratore della Scuola di Economia Civile. Autore di articoli in molte riviste internazionali di economia, ha scritto oltre venti libri, tradotti in oltre dieci lingue, tra i quali figurano testi di commento ad alcuni libri biblici.


(Fonte: Citta Nuova del 23.10.2017)



La nuova trasmissione del prof. Bruni su TV2000
"Benedetta Economia" - Da domenica 29 ottobre alle 19.00

"Benedetta economia!” è il nuovo programma di Tv2000 che propone una lettura inedita dell’economia dei nostri giorni. Otto puntate, otto brani diversi della Bibbia, per scoprire cosa ci sia di antico e di nuovo all’origine di quella “economia dell’esclusione e dell’iniquità” condannata da Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium.

È la sfida che Luigino Bruni, economista, docente della Lumsa e appassionato biblista, propone agli ospiti che, puntata dopo puntata, si confronteranno in studio con lui su alcune delle contraddizioni dell’economia del terzo millennio: la precarietà del lavoro, un capitalismo piegato alle logiche della finanza speculativa, un mondo del commercio senza orari né feste, le differenze ormai abissali tra gli stipendi degli operai e quelli dei manager, l’inganno di una meritocrazia che finisce per assegnare ai poveri l’intera colpa della loro condizione.



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