mercoledì 25 ottobre 2017

La Chiesa nel mirino per l'accoglienza ai profughi. Minacce, ricatti e molotov. L'escalation di odio

Genova. Minacce al sacerdote che accoglie 10 profughi
di Lucia Bellaspiga

Un cartello: «Hai bisogno della scorta». Monsignor Martino: venite a conoscerli
La protesta di Multedo, Genova
«Nell’attesa, davvero, un giorno di poter celebrare insieme l’Eucarestia nella vostra chiesa senza striscioni o la Digos che ci protegge, in attesa del giorno in cui l’accoglienza non sarà più una parola buonista ma un fatto concreto, vi saluto con le parole di Gesù che mi danno ogni giorno la forza di seguirlo: 'Il vostro cuore non abbia timore'». Si chiude così la lunga lettera di monsignor Giacomo Martino – direttore di Migrantes a Genova – ai parrocchiani di Multedo, quartiere periferico del capoluogo genovese. È qui che da settimane infuria la polemica da parte di una cinquantina di residenti contro l’accoglienza di altrettanti giovani migranti in un asilo della Curia. 
Polemica che ieri è sconfinata nell’intimidazione al sacerdote: 'Forse don Martino non ha capito, siamo tutti arrabbiatissimi con LUI. La scorta non serve per i migranti', era scritto in stampatello davanti all’asilo Govone, dove i giorni scorsi sono già arrivati i primi dieci richiedenti asilo, trasferiti qui dal seminario di Genova in cui erano da maggio.

Ma il sacerdote invita a non lasciarsi strumentalizzare da chi cavalca paure ingiustificate: «Agli abitanti di Multedo voglio dire che questi ragazzi, arrivati dopo enormi sofferenze, sono persone da cui non c’è nulla da temere. Sono a Genova da mesi e nelle altre sedi in cui erano accolti non è mai successo nulla. Quello che posso suggerire è di venire a conoscerli per rendervi conto di chi sono. Se daranno problemi, saremo i primi a parlarne ». «Spero che non diventi una questione politica perdendo un orizzonte più realistico, visto che si parla di persone concrete», auspica l’arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, «le minacce sono sempre il segno radicale di una chiusura al dialogo. Mi dispiace per don Giacomo, che si è sempre speso con lealtà: alimentare le paure non è mai una cosa leale, impedisce il giudizio sereno».
La protesta di Multedo, Genova (mons. Martino)
Ciò che più preoccupava il prefetto di Genova, Fiamma Spena, era la manifestazione pacifica organizzata dal comitato di quartiere per questa sera, nella quale tendevano a infiltrarsi frange politicizzate: «Ci auguriamo che non ci siano strumentalizzazioni da parte di nessuno, è il momento di tranquillizzare la popolazione». Alla notizia della presenza di Casa Pound (subito smentita dai residenti), la Cgil, l’Anpi e i movimenti della sinistra avevano annunciato una contro-manifestazione 'antifascista', anche questa rientrata ieri in serata. Resta l’appello chiaro di monsignor Martino: «Chiedo a tutti di interrompere ogni manifestazione da entrambe le parti. Ci sono state fiaccolate pro e contro l’accoglienza, i dieci ragazzi sono nell’asilo da giorni, ora abbiamo due alternative: incontrarli, e io mi faccio garante, o girarci dall’altra parte e lasciarli a casa loro. Perché questa ormai è casa». Segnali positivi ci sono, se un residente ieri mattina si è rivolto al sacerdote con queste parole: «Con lei ce l’ho a morte, ma dopo aver visto questi ragazzi in faccia, non verrò più a urlare sotto l’asilo».

È successo giovedì scorso, quando don Giacomo ha accompagnato in pullmino i dieci migranti: «Una trentina di persone urlavano insulti e minacce terribili – racconta – e i ragazzi erano terrorizzati, ma un loro coetaneo italiano ha sorriso e ha detto 'welcome'... Mi si è aperto il cuore». «Sono vicino alla popolazione. Bene ha fatto a tenere lontani gli estremisti», conclude Bagnasco. A Multedo ci sono le proteste pacifiche di chi da anni chiede invano la riapertura dell’asilo e lamenta il degrado di un quartiere privo di strutture, ma c’è anche la strumentalizzazione di chi fomenta lo scontento a fini politici. Lo stesso sindaco di centrodestra Marco Bucci getta acqua sul fuoco leghista: «Chi protesta ha il diritto di farlo, ma l’amministrazione ha il dovere di prendere decisioni. Facendo tutti un passo indietro, che poi vuol dire fare insieme un passo avanti, ce la possiamo fare».

E in cambio dell’accoglienza propone «un buon compromesso»: 7 milioni di euro in infrastrutture per il quartiere. Piena solidarietà a Martino è giunta dal prefetto Spena, che tra l’altro sottolinea come da mesi non arrivino più migranti, dunque «non c’è un aumento di presenze sul territorio», ma solo «la redistribuzione richiesta dal Comune in seguito alla chiusura del centro di accoglienza in Fiera». «I ragazzi sono qui legalmente e vengono a Multedo solo per dormire, perché di giorno sono fuori per lavoro, scuola e volontariato – conferma dall’ufficio comunicazioni della Curia don Silvio Grilli – . Semmai bisogna essere preoccupati per quelli che non sono in questo circuito di accoglienza e stanno per strada... Perché prendesela con questi?». Come sostiene il ministro della Difesa, Roberta Pinotti: «L’integrazione non può avere numeri infiniti, ma un numero come quello proposto a Multedo come può spaventare 4.000 abitanti?».
 (fonte: Avvenire 24/10/2017)


La Chiesa nel mirino. Ricatti e molotov. L'escalation di odio
di Viviana Daloiso

Dalle sagome dei morti al rogo dei container: così il razzismo ha già colpito da Nord a Sud

Sotto attacco. Per l’accoglienza degli ultimi. Non comincia con Multedo la via crucis delle Caritas e delle parrocchie impegnate in prima linea coi profughi. Nel 2015 il primo gesto aggressivo nei confronti proprio delle Caritas: dieci le sedi del nord (Como, Brescia, Crema, Lodi, Reggio Emilia- Guastalla, Piacenza-Bobbio, Trento, Mestre, Vicenza e Treviso) che finiscono nel mirino degli estremisti di Veneto Fronte Skinheads. Le strutture vengono tappezzate di sagome umane tricolori, manifesti funebri contro lo ius soli che condannano «il favoreggiamento di un’invasione pianificata di massa», cartelli e volantini xenofobi. Gesti che si ripetono, da Nord a Sud. Le stesse sedi vengono bersagliate con numerose lettere minatorie.

A ottobre 2016, esattamente un anno fa, tocca alla diocesi di Lamezia Terme in Calabria: cinque container destinati alla Caritas per ospitare strutture di accoglienza e depositi di generi alimentari vengono incendiati da ignoti. Un danno da oltre 20mila euro. I container, in particolare, avrebbero dovuto essere utilizzati per costruire il 'Villaggio della carità'. «Se c’è qualcosa da dire lo si dica con le parole, non con le bombe» commenta scosso il responsabile della Caritas padre Valerio Di Trapani. Quest’estate un’escalation.

A luglio un attentato incendiario colpisce la sede di “Porta Aperta”, un’associazione di volontariato promossa dalla Caritas diocesana che si trova a Modena, in strada Cimitero San Cataldo, e ospita anche diversi migranti: due molotov vengono lanciate contro la struttura. A Pescara è Casapound a rivendicare invece lo striscione shock appeso fuori dalla struttura comunale 'La Volpe': «Altro che Caritas, è solo business» vi si legge. Il riferimento è al bando per ospitare parte dei 1.114 migranti in arrivo nel Pescarese: la Caritas ha la “colpa” d’essersi candidata a ospitarne alcuni in una struttura destinata alle donne vittime di violenza ed abusi.

Ultimo il caso di agosto a Vicofaro, alle porte di Pistoia: il parroco, don Massimo Biancalani, porta alcuni profughi in piscina per ringraziarli dell’aiuto ricevuto: per diversi giorni hanno fatto i camerieri volontari nelle serate organizzate per raccogliere fondi a favore di una onlus. Finisce nel mirino dei militanti di Forza Nuova, che invadono anche la sua chiesa per la messa domenicale. Il parroco da allora è destinatario di lettere minatorie e minacce.
 (fonte: Avvenire 24/10/2017)

Vedi anche i nostri post precedenti: