martedì 17 ottobre 2017

La UE paga il prezzo dei suoi errori di Franco Cardini

La UE paga il prezzo
 dei suoi errori

di Franco Cardini






Quello dell' affermazione dell' estrema destra in Austria non è per nulla un fulmine a ciel sereno: anzi, è da molti punti di vista una «novità annunziata», se non un' evenienza scontata. Inutile meravigliarsi; grottesco il preoccuparsi oltre un certo segno; ridicolo il correre all' impazzata alla ricerca nevrotica dei «responsabili» o chiedersi «dov' è che abbiamo sbagliato». Fanno ridere quelli e sono tanti: date un' occhiata ai soliti bloggers che al riguardo resuscitano il fantasma delle elezioni tedesche del '33 o fanno finemente osservare che in fondo l' Austria è il paese di Adolf Hitler (lo è anche di Mozart e di Beethoven: e allora?).
I polacchi dedicano sfilate e pubbliche recite di rosario al pericolo islamico, in Italia quattro ragazzacci fanno qualche saluto fascista e provocano progetti di legge insensati che rubano tempo a un parlamento che dovrebbe essere in più serie faccende affaccendato.
Tutto ciò vuol dire che siamo in un momento di estrema confusione e di serio disorientamento. Cosa volete aspettarvi, allora, da un mondo sconvolto dai vaneggiamenti di un avventuriero malauguratamente pervenuto a occupare (si spera il meno a lungo possibile) la Casa Bianca? I problemi connessi con la crisi che in questo momento sta sconvolgendo un Islam travolto dalla lotta tra sunniti e sciiti e percorso dal soffio della tentazione terroristica, con la congiuntura che continua a negare il lavoro a gran parte degli europei e soprattutto degli italiani (per quanto gli indici delle fonti ufficiali ci assicurino della ripresa in atto), con l' ondata di ferocia almeno in apparenza ingiustificata che scuote il mondo e moltiplica i più atroci e insensati delitti, convergono nell'obbligarci a una diagnosi impietosa sullo stato di salute di buona parte dell' umanità; mentre un' altra buona parte di essa è in cammino dal sud diseredato verso il nord nel quale non abita più il benessere, bussa alle nostre porte, chiede di entrare e riceve risposte schizofreniche e contraddittorie.
In tale contesto può succedere di tutto: il riemergere di antichi miti e di antichi mostri, l' affiorare delle aspirazioni a «piccole patrie» nelle quali rifugiarsi contro l' arroganza di sistemi politici invecchiati e inefficienti, i sogni d' impossibili chiusure e quelli di non meno impossibili utopìe. Succede di tutto, quando il crescere della disinformazione e la crisi della coscienza civile provocano l' abbandono dei concreti orizzonti politici quelli che riguardano «l' arte del possibile». Il brexit inglese, l' impennata del sovranismo e del neomicronazionalismo in vari paesi del nostro continente, la crisi catalana, pur con caratteri differenti e in un certo senso opposti, sono tutti sintomi, anzitutto, di un fatto emergente: la fine diffusa e generalizzata della fiducia di quel progetto unitario europeo che, nato come fatto eminentemente economico-finanziario, si è rivelato più che un bluff un vero e proprio inganno. Da anni eravamo in attesa che si compisse un miracolo ch' era pure nei voti di molti e che sembrava inscritto nell' ordine naturale delle cose: il progresso dal livello economico-finanziario dell' Unione Europea verso l' obiettivo di un' autentica unità politica, non importa poi molto se d' ordine federativo o confederativo. Ma l' Unione Europea era un organismo fatto di governi e di burocrazie: di Stati, forse, non di popoli e di nazioni. Anche dinanzi al pericolo terroristico e ai problemi posti dalla migrazione ci aspettavamo una risposta concreta e unitaria. C' ingannavamo.
Pensate come l' Unione Europea ha risposto alla crisi greca, ponete mente a come essa ha di fatto al di là delle belle promesse e delle ferme assicurazioni lasciati soli anche noi italiani. Insomma, pensate quello che vi pare se gente alla quale troppo frettolosamente qualcuno ha affibbiato l' etichetta di «neonazista» pretende come ha già fatto in Polonia, in Ungheria, e ora sta facendo in Austria - di chiudersi su se stessa, di rispondere con la politica del riccio (o con quella dello struzzo?) a problemi a anche a pericoli incombenti e che riguardano tutti. Ma chiedetevi che cosa fino ad oggi hanno fatto i seri moderati, i politici concreti e sperimentati, i saggi detentori del potere in Occidente, per risolvere i problemi attuali. Domandatevi se essi hanno mai risposto alle vere emergenze del mondo contemporaneo con strumenti che non fossero l' inadeguatezza, l' incompetenza, addirittura la disonestà: perdendo con ciò la fiducia dei governati che, mentre si dibattono prigionieri di autentiche difficoltà, vedono le loro classi dirigenti giocare con le alchimie dell' ingegneria elettoralistica vòlta a salvare le loro poltrone e i loro stipendi. Badate, l' Italia in questo gioco al massacro della fiducia può anche essere all' avanguardia: ma il trend è quasi comune: se la May piange Macron non ride, Rajoy ha poco da ridere e la Merkel farebbe meglio a preoccuparsi più di quanto non faccia. Un bel giochetto di prestigio, quello delle élites liberal-moderate europee. Da otre un secolo, esse usano assolversi in modo sistematico da ogni traccia di addebito che li riguardi. Evidentemente Dio è con loro e lorsignori hanno la verità in tasca. Le cose sono andate male? Fino al 1945, è stata tutta e solo colpa di Hitler; poi di Stalin e di quei mascalzoni dei comunisti; infine dei fanatici fondamentalismi islamici. Loro no: loro sono sempre innocenti, sono sempre dalla parte del giusto e del vero. 
Se oggi il mondo è in mano a un pugno di lobbies che procedono sicure verso una concentrazione dei poteri e delle ricchezze (e dunque verso un generale impoverimento delle moltitudini del mondo), se sono sempre più numerosi i ragazzi costretti a tentar l' avventura d' una sistemazione all' estero o scoraggiati al punto da darsi alla droga, al suicidio o magri all' ingaggio nei ranghi dei foreign fighters terroristici, la colpa non è mai di lorsignori. E se gli elettori, stanchi, li abbandonano per darsi ai populismi e magari ai «neonazisti», la colpa è degli elettori che sbagliano, non di chi propone loro scelte fumose e inefficaci atte solo a ribadire il suo potere. Questo c' insegna il «caso» austriaco. E non sarà né l' ultima, né al più dura delle lezioni che ci vedremo impartire. Avanti quindi: continuate pure col giochetto delle leaderships, delle «primarie» e delle «coalizioni»: continuate pure ad eludere i problemi che contano
(Fonte: Il Mattino del 16.10.2017)