giovedì 8 dicembre 2016

Cristiani, riappropriamoci della figura di Maria - Introduzione alla nuova edizione "Nostra signora degli eretici" saggio del biblista Alberto Maggi


Introduzione alla nuova edizione 
Nostra signora degli eretici 
saggio del biblista Alberto Maggi 


Ogni predica che ho udito sulla Madonna, mi lasciava fredda. Quanto sarei stata volentieri un sacerdote, per predicare sulla Santa Vergine!… Avrei anzitutto mostrato quanto poco sappiamo propriamente sulla sua vita. Non si dovrebbe consentire che si raccontino cose inverosimili su di lei. Una predica sulla Santa Vergine, per portare frutto, dovrebbe mostrare la sua vera vita – come lo lascia intravedere il Vangelo – non una immaginata…

E pur si intuisce bene che la sua vita – a Nazaret e successivamente – dev’essere stata del tutto comune. La Santa Vergine ci viene mostrata irraggiungibile, la si dovrebbe mostrare imitabile, mentre esercita delle virtù nascoste; si dovrebbe dire che essa come noi ha vissuto di fede, lo si dovrebbe documentare con passi tratti dal Vangelo, dove leggiamo: «Ma essi (Maria e Giuseppe) non compresero quel che loro diceva»…

Va bene ed è bello parlare delle sue prerogative e privilegi, ma non ci si deve limitare a questi. Si deve parlare in modo che le persone la possano amare.

Quando, ascoltando una predica sulla Madre di Dio, si è costretti, dall’inizio alla fine, a prendere respiro – tanti sono gli ah! e gli oh! di stupore – ci si stanca ben presto; e questo non porta né all’amore né all’imitazione. Chi sa se – in ultima analisi – più di un’anima venga sospinta da una creatura così superiore, addirittura verso una sorta di estraniazione?

Queste parole risalgono a due secoli fa e sono di Teresa di Lisieux, meglio conosciuta come santa Teresa del bambino Gesù (Derniers entretiens avec ses soeurs, Novissima Verba, Desclée de Brouwer e Cerf, Paris 1971, pp. 389-391). Ho citato questo testo perché se pur è confortante costatare che nella Chiesa esistono persone che in sintonia con lo Spirito che «soffia dove vuole» (Gv 3,8) rifiutano le esagerazioni sulla madre di Gesù che sentono non consone alla propria esperienza di Dio, siamo coscienti che è sempre rischioso parlare o scrivere di Maria, la vergine di Nazaret, moglie di Giuseppe e madre di Gesù, l’Uomo-Dio. Il rischio è quello di esagerarne la figura, divinizzandola per affetto e ammirazione o, al contrario, di sminuirne il ruolo, fino ad annullarlo. Pericolo, questo, già avvertito dal Concilio, che «esorta caldamente i teologi e i predicatori della parola divina ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure dalla grettezza di mente nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio» (LG 67). Pericolo richiamato anche in quella profonda riflessione su Maria che è il documento Marialis cultus, di Paolo VI: esso mette in guardia dalla «vana credulità, che al serio impegno sostituisce il facile affidamento a pratiche solo esteriori; lo sterile e fugace moto del sentimento, così alieno dallo stile del Vangelo, che esige opera perseverante e concreta», e da quelle forme che «soggette all’usura del tempo, appaiono bisognose di un rinnovamento che permetta di sostituire in esse gli elementi caduchi, di dar valore a quelli perenni…».

L’insegnamento del magistero su questo punto è chiaro e netto. Rinnovando la deplorazione di tali deviazioni, afferma che esse «non sono forme in armonia con la fede cattolica e, pertanto, non devono esistere nel culto cattolico» (MC 24.38).

Nel ricercare lo «stile del Vangelo» per una seria inchiesta su «Maria e Nazaret», sono quindi risalito alle fonti: la Scrittura, con particolare attenzione ai Vangeli (compresi quelli Apocrifi), i Padri della Chiesa, il Talmud, gli scritti rabbinici e tutta la letteratura extra-testamentaria dei primi due secoli cristiani; il tutto illuminato dalle indicazioni del magistero espresse dal Concilio Vaticano II nella costituzione Lumen gentium e nei successivi documenti Marialis cultus e Redemptoris mater.

Ho tenuto saldamente presente tutto ciò, perché questo mio lavoro intende rivolgersi essenzialmente a quei cristiani che vogliono riappropriarsi con decisione della figura di Maria in quella che è la sua reale essenza.

Della madre di Gesù infatti si sono impadroniti i movimenti più retrivi e reazionari facendone la portabandiera di rivendicazioni oscurantiste, antievangeliche e antiecclesiali. Costoro sono riusciti a camuffare la stupenda e forte figura emergente dal Vangelo, che mai «fu la donna passivamente remissiva di una religiosità alienante» (MC 37), nella melensa «dolce mammina celeste» dei visionari; una madonna che, ora blandendo ora minacciando, sempre richiama ai rigori di tradizioni, riti e pratiche ormai mummificate. E così hanno legato Maria «agli schemi rappresentativi delle varie epoche culturali non adatte ad uomini che appartengono ad epoche e civiltà diverse» (MC 36).

Sono tra questi coloro che «al di fuori di un sano criterio liturgico e pastorale, uniscono insieme pii esercizi e atti liturgici in celebrazioni ibride… e nella stessa celebrazione del Sacrificio eucaristico inseriscono elementi propri di novene o altre pie pratiche…» (MC 31).

La limpida figura di Maria di Nazaret è stata inquinata nei secoli da una pioggia di pseudo-apparizioni. Secondo un cliché ormai stantio, banale e ripetitivo, esse ci presentano una madonna-giramondo sempre loquacissima che, apparendo un po’ qua e un po’ là, affida misteri e segreti a persone d’ogni genere; persone che forse avrebbero bisogno di un buon psichiatra.

Sempre pronte a versar fiumi di lacrime (meglio ancora se di sangue), queste «madonne» minacciano spaventosi castighi sull’umanità che definiscono sempre corrotta, malvagia e miscredente.

Alla cristallina luce dei Vangeli, tutto questo non può essere considerato altro che ciarpame, anche se talvolta ben confezionato: non dobbiamo avere né timori, né tentennamenti nel gettarlo risolutamente via.
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Riappropriamoci di Maria!

Non possiamo permettere che questo furto continui ancora.

È dannoso per lei e per noi; continuando di questo passo sarà sempre più difficile riuscire a «inquadrare l’immagine della Vergine, quale risulta da certa letteratura devozionale, nelle condizioni di vita della società contemporanea e, in particolare, di quelle della donna… che, lasciando ogni giorno di più l’ambiente ristretto del focolare, ha conquistato un posto pari a quello dell’uomo sia nel campo sociale che nel campo culturale» (MC 34).

Con questo libro intendo rivolgermi, pertanto, a quanti anelano a riscoprire la stupenda figura della giovane di Nazaret per amarla, mossi dalla «vera devozione che non consiste né in uno sterile e passeggero sentimento, né in una vana credulità, ma procede dalla fede vera, dalla quale siamo spinti all’imitazione delle sue virtù» (LG 67).

La riscopriremo così nostra sorella nella fede. È stato Paolo VI, il grande papa mariano, a rilanciare questo titolo (Discorso conclusivo del iii periodo del Concilio Vaticano II), tanto caro e comune ai Padri: da Atanasio a Epifanio, da Agostino a san Cirillo d’Alessandria che giungeva al punto di chiamare… «nipote» Gesù, tanto era convinto che la Vergine fosse sua sorella! (In Joelem prophetam, I,1,VI,7. PG 71,340).

Sorella perché ce la ritroviamo accanto nel ripercorrere l’identico percorso di fede che, traducendosi in amore, ci porta alla piena comunione con Dio.

Itinerario d’amore e non di guerra.

Maria – e il cristiano con lei – non lotta, non combatte contro veri o ipotetici nemici.

Nessuna guerra.

Nessuna crociata: Gesù non chiede di combattere le tenebre, ma di splendere in mezzo a esse (Gv 1,5), di essere «luce del mondo» (Mt 5,14), e la luce non combatte, ma splende (cfr. Fil 2,15). La luce «splendore della vita» si afferma da sola.

Nel corso del libro il lettore si renderà conto che il famoso detto «Ad Jesum per Mariam» viene sostituito con il più appropriato «Ad Mariam per Jesum». I testi più antichi del Nuovo Testamento ignorano completamente la madre di Gesù (Paolo non ne accenna in nessuna delle sue lettere, e così Pietro, Giacomo, Giovanni e Giuda), oppure la presentano sotto una luce negativa (cfr. Mc 3,20). Sarà la successiva riflessione e presa di coscienza della grandezza e unicità di Gesù che faranno scoprire ai credenti il ruolo di Maria, e scopo di questa ricerca è tentare di vedere la grandezza di Maria indagando sulla figura di Gesù.

Inizieremo a percorrere questa strada di luce e di vita insieme a Gabriele, il messaggero divino. E fin dal primo incontro con Maria comprenderemo la statura, la vera grandezza della vergine di Nazaret (Lc 1,26ss).
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Nessun celeste favore per Maria che ce la possa far quindi sentire distante, inavvicinabile, inimitabile. Non c’è niente di lei che non possiamo rivivere anche in noi. Maria è segno tangibile di quel che Dio può realizzare con ogni creatura che non metta ostacoli alla potenza del suo amore.

La Chiesa ci presenta Maria «Immacolata»?
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Lo straordinario privilegio di essere la madre di Gesù è solo per Maria?
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Maria è «assunta» in cielo?
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Spero si possa percepire tutto questo leggendo le pagine del libro; si tenga sempre presente l’ottica con cui è stato pensato e scritto: vedere Maria con gli occhi di un abitante di Nazaret, e Gesù con gli occhi di Maria e della sua famiglia. Per questo, durante la stesura del testo, ho cercato di trasfondere il più possibile una mentalità semitica nelle espressioni, avendo cura di far sempre risaltare l’enorme scandalo che, per una persona religiosa dell’epoca, hanno rappresentato la figura di Maria prima e quella di Gesù poi.

Naturalmente era impossibile ricostruire il personaggio Maria con i pochi – seppure preziosi – dati riportati dai vangeli. Ho cercato di inquadrare la madre di Gesù calandola nel contesto culturale dell’epoca, servendomi della letteratura e dei documenti contemporanei, utilizzando di preferenza quelli che riflettono meglio il particolare clima del giudaismo, periodo in cui Maria e Gesù sono vissuti.

Lo scopo di questa ricerca pertanto non è tratteggiare un’impossibile «vita» di Maria o di Gesù, come non è una lettura esegetica dei testi che li riguardano, ma una rilettura della figura della Madre di Dio, non più ridotta a un’icona solo da venerare, ma scoprendola come una persona con cui camminare verso la piena realizzazione del Regno di Dio.
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