venerdì 18 marzo 2016

OREUNDICI - IL QUADERNO DI MARZO 2016 - I VOLTI DELL'ISLAM - L'EDITORIALE di Mario De Maio - TESTIMONI: C. DE FOUCAULD IL MISTICO DEL DESERTO di Arturo Paoli


OREUNDICI


IL QUADERNO DI MARZO 2016


I VOLTI DELL'ISLAM



L'EDITORIALE 
di Mario De Maio

Papà, io sono musulmana? Si, come i tuoi genitori. E sono anche araba? Si, sei araba, anche se non parli questa lingua. Ma hai visto anche tu la televisione: i musulmani sono cattivi, hanno ucciso molte persone; io non voglio essere musulmana. Questa conversazione fra Tahar Ben Jelloun e sua figlia, dieci anni, nasce di fronte alla televisione che spesso ripete “i musulmani sono tutti cattivi”. Nel suo libro L’Islam spiegato ai nostri figli (Bompiani, 2010), Ben Jelloun cerca di rispondere con semplicità, ma rifuggendo ogni esemplificazione, alle domande fondamentali sull’Islam. L’Islam, comparso nel VII secolo, è una religione relativamente giovane. Ha solo 14 secoli, e attualmente è più diffusa del cattolicesimo. Conta più di un miliardo e mezzo di fedeli. Offriamo in questo quaderno alcuni spunti di riflessione e di conoscenza su questa realtà difficile e a noi quasi sconosciuta, con cui ci mettono in contatto i numerosi rifugiati che stanno invadendo l’Europa. Mi vengono alla mente le esperienze di Charles De Foucauld che già cento anni fa in Algeria, a Béni Abbès, si era confrontato con i touareg, nomadi del deserto, musulmani, e quelle dei monaci trappisti del monastero di Tibhirine, in Algeria. Con le loro testimonianze ci hanno indicato i sentieri da percorrere. L’incontro tanto cercato con “l’altro”, con il “totalmente altro” è stato da loro vissuto fino in fondo, fino al dono della vita. Nel tentativo di una comune ricerca di Dio hanno accolto e attraversato differenze che spesso portano alla separazione, all’odio e alla violenza.
La fiducia, l’amicizia, e i gesti quotidiani di condivisione e di reciproco rispetto, furono alla base delle loro relazioni.
«Bisogna incontrarsi, parlare, riflettere, trovare delle soluzioni. Dobbiamo avere un’unica preghiera. Si può pregare Dio attraverso testi differenti, ma nel cuore è la stessa preghiera. Siamo servi di Dio, semplicemente. L’amore con la pazienza e la preghiera fanno cadere tutte le barriere». L’utopia evangelica è una proposta di cammino non solo nell’ambito del dialogo del cristianesimo con l’Islam, ma anche in quello con l’Ebraismo e con le altre religioni. La pace tra gli uomini nasce come un dovere per i credenti in Dio, Egli stesso pace, misericordia e perdono. Vi auguro di prepararci con questo spirito alla pienezza di vita che la prossima Pasqua ci offrirà.


TESTIMONI: C. DE FOUCAULD
IL MISTICO DEL DESERTO
l’itinerario spirituale del “fratello universale”
di Arturo Paoli

Conobbi da adolescente, quando si sogna di avventure, l'esistenza di Charles de Foucauld attraverso la lettura della sua vita, scritta da René Bazin: un'avventura che poteva attrarre i ragazzi sognatori, come me. Come piccolo fratello del Vangelo, ripenso spesso a due persone che ho conosciuto da vicino, e che sono all'origine della Fraternità: frère Milad, maestro dei novizi, e Réné Voillaume, fondatore. A queste due persone, molto diverse fra loro eppure armoniosamente unite nel dono di sé al seguito del "mistico del deserto", devo la mia spiritualità. Réné Voillaume era un prete francese, uscito da una famiglia della borghesia (suo padre era stato Sindaco di Versailles), che aveva seguito gli studi teologici a Roma, all'Angelicum – l'Università Pontificia più rigorosamente tomista –, orientata da un teologo di fama, Garrigou Lagrange. Incontrai, nel mio tempo romano, questo teologo, che trovai molto umano e semplice, nonostante la sua fama di rigorosa ortodossia. Spesso si trovava in polemica con alcuni teologi che univano al rigore del tomista domenicano altre letture del Vangelo, più mistiche che razionali. Réné Voillaume non si staccò mai da questo rigore razionalistico, che si armonizzava con una vita senza fratture, come appare nella sintesi che ci ha lasciato nel suo testamento. Ma comprese che scegliere e seguire Gesù, sulla strada percorsa da Charles de Foucauld, voleva dire non cercarlo nei libri di teologia, ma nei poveri reali, quelli che oggi vivono negli slums, nelle favelas, e nelle "ville miseria" dell'Argentina. 
Non conosco bene l'origine di frère Milad. So che, appena prete, fece parte di quel gruppo di persone che cercarono nel deserto quel tipo di vita religiosa, come l'eredità lasciata nel mondo musulmano dal militare convertito Charles de Foucauld, ufficiale assegnato in Algeria, che pareva più propenso a seguire l'attrattiva verso la "bella vita" che la disciplina militare. Frère Milad, maestro dei novizi, fu per me l'incontro con una persona assolutamente insolita. Avevo conosciuto e ammirato persone di una profonda vita spirituale e di grande coerenza di vita, e queste conoscenze le penso come un privilegio dell'Amico. Ma Milad sembrava veramente come l'uomo del deserto da cui era emerso Gesù, l'unico Maestro. Milad mi apparve come l'uomo spogliato di tutti i travestimenti che ci vengono chiesti, come l'abito per entrare in certi club o l'uniforme per assicurarci un posto nel Tempio. Ti accorgevi subito che era l'uomo "del sì e del no", «il resto viene dal maligno». […] Lo aspettavamo ogni sera in una grande sala, noi, una cinquantina di novizi, silenziosi, seduti come gli arabi, su stuoie. Lo vedevamo arrivare con un piccolo libro rilegato, che apriva e cominciava a leggere. Il libro conteneva i tre Evangeli disposti in colonne parallele, che gli studiosi chiamano synopsis. E così fu, dalla sera in cui giunsi a El Abiodh, il villaggio formato da un migliaio di famiglie musulmane, fino alla nostra Professione, salvo qualche settimana di sua assenza. Fin dalla prima sera, in cui mi sentivo molto scomodo per la posizione insolita, fui catturato dal fascino dei suoi commenti ai pochi versetti letti in precedenza. Con la stessa semplicità con la quale venivano a noi affidate, le parole del Vangelo diventavano vive, illuminando la nuova vita che ci preparavamo a vivere. […] Milad restò tra i nomadi del deserto che lo avevano scelto come consigliere. Allo scoppio della seconda guerra mondiale (1939) il gruppo dei contemplativi al seguito del "Fratello Universale", come amava chiamarsi il monaco solitario del Sahara, si disperse e alcuni furono richiamati alle armi.

Réné Voillaume iniziò la sua attività di Fondatore, avendo scoperto l'ultima mansione, come Teresa d'Avila definisce le tappe della vita contemplativa, raggiunta da colui che aveva vissuto la sua vita di convertito alla ricerca di seguire il modello unico, il Signore Gesù. Aveva cercato Dio nella Carne di Gesù, adorandolo lungamente e spesso dolorosamente, come se il simbolo del Pane fosse come una porta che ostacolava la visione del suo amatissimo Fratello Gesù. E, per un passaggio che appare logico, semplice, questa umanità in cui scende il Padre, richiamato dal grido della schiavitù umana, è il Corpo del Figlio dell'Uomo, è l'umanità che Charles de Foucauld vide negli uomini prossimi a lui, gli arabi Touareg. È come se quella porta, davanti alla quale si è fermato implorando con il suo lamento finalmente si aprisse sugli altri, sui fratelli. Dalla fraternità con l'Unico, il solitario passa alla fraternità con gli altri, con i molti, con l'umanità, non come se fosse su una scala sulla quale da un gradino si passa all'altro lasciando il precedente, ma per estensione, per continuità, non lasciando l'Unico. E la carne umana nell'Uno non ha bisogno di nulla, e fratello Charles non sa più che fare per mostrare il suo desiderio di amore e la sua impotenza lo fa uscire in una espressione ingenua e commovente, dicendo che vorrebbe disperdersi come un profumo e avvolgere l'Amato come di una carezza. Ora i fratelli sono lì con i loro bisogni reali, la loro ostilità, ma anche con il loro desiderio nascosto di essere accolti da un fratello che con loro si apre al vero senso del vivere: «Se non mangerete la Carne del Figlio dell'Uomo non avrete la vita, non scoprirete il vero senso del vivere» (Gv 6,53). I Touareg, quasi per un simbolo che rimanda all'Eucarestia, velano il loro volto, e si coglie in una lettera scritta dal Solitario di Tamanrasset, che spesso manifestava nelle sue lettere alla cugina, una dolorosa attesa, un vero squarcio di gioia: «Hanno cominciato a chiamarmi fratello». Da allora si definerà il Fratello Universale. Ecco il senso semplice e vero di tutta l'esistenza cristiana: il passaggio dall'hostis all'hospes. Dall'hostis, l'altro dal volto chiuso, ostile, dietro il velo o separato da una porta, all'hospes, ospite, accolto: ecco l'itinerario spirituale che Charles de Foucauld ha aperto a chi si mette alla ricerca delle sue tracce.

Questo articolo di Arturo Paoli è stato pubblicato nel quaderno Ore undici del mese di giugno 2005.