mercoledì 13 gennaio 2016

La rivoluzione dell’ascolto di Luigino Bruni


Un uomo di nome Giobbe/8 -
La verità della vita sta nelle domande giovani e povere


La rivoluzione dell’ascolto
di Luigino Bruni 







"… E non aspetto nessuno: / fra quattro mura / stupefatte di spazio / più che un deserto / non aspetto nessuno: / ma deve venire; / verrà, se resisto, / a sbocciare non visto, / verrà d'improvviso, / quando meno l'avverto: / verrà quasi perdono / di quanto fa morire, / verrà a farmi certo / del suo e mio tesoro, / verrà come ristoro / delle mie e sue pene, / verrà, forse già viene il suo bisbiglio."
Clemente Rebora, Canti Anonimi

Nelle persone, nelle comunità, nelle civiltà, nelle fedi, esiste un ciclo che alterna fede e ideologia, religione e idolatria. All’inizio del cammino si è sedotti da una voce che ci chiama: si crede, si parte. Ma dopo aver percorso un certo tratto di strada, a volte molto lungo, ci si ritrova quasi sempre dentro una ideologia, se non una idolatria. È un esito molto probabile, forse inevitabile, perché l’ideologia e l’idolatria sono prodotti naturali delle fedi e delle religioni. La lettura onesta e nuda del libro di Giobbe – non a caso posto al centro di una Bibbia che ha nell’idolatria il suo principale nemico – è una potente cura di queste gravi malattie delle religioni, perché costringe ad abbandonare le risposte che abbiamo maturato e conquistato a fatica per buona parte di vita, per tornare, umili e veri, alle prime domande della giovinezza.
...
Il mondo non è lasciato al caso, la Provvidenza deve essere all’opera, Giobbe non lo nega; ma ci invita a cercare registri diversi da quelli della teologia del suo tempo (e del nostro). Giobbe cerca un altro Dio, e lo cerca anche per difenderlo dalla verità della storia. Giobbe ci ricorda allora che chi crede in Dio e lo ama non deve raccontare teologie che non reggono di fronte all’evidenza storica. Eppure sono molti, troppi, i nostri racconti su Dio che non fanno altro che associarlo alla nostra banalità, che vengono necessariamente smentiti dalla verità delle domande di Giobbe e dei racconti dei viaggiatori. Giobbe chiede solo più silenzio, più mani sulla bocca, per lasciarsi stupire dalla verità che accade nella storia che non può essere contro la verità di Dio. Il suo è un appello a una religione che sappia dar conto delle gioie e dei dolori veri della gente reale. Il resto è solo vanità e falsa consolazione: "E voi vorreste consolarmi con argomenti vani! Nelle vostre risposte non c'è altro che inganno" (21,34). Saper tacere e trattenere in gola le nostre risposte certe per ascoltare le grida dei Giobbe del proprio tempo è stato importante in ogni epoca, ma è stato ed è essenziale nei grandi momenti di passaggio, quando le risposte ufficiali delle religioni, delle culture e delle filosofie non bastano più per rispondere alle domande più difficili dei giusti e delle vittime innocenti, quando le spiegazioni convenzionali del dolore, della morte, della fede, non appagano più Giobbe. È soprattutto in questi momenti che occorre mettersi all’ascolto profondo dell’uomo di Uz, e lasciarsi convertire. Perché se non lo facciamo le religioni restano bloccate dentro le ideologie, gli idoli prendono il posto della fede
Anche oggi Giobbe non capisce più le nostre risposte, non lo consolano, lo tormentano. E ci invita almeno a tacere, ad ascoltarlo. Ci sono troppe grida anelanti un Dio diverso che si alzano verso il cielo, che vengono ammutite dalla nostre risposte troppo semplici, poco solidali, lontane dalla gente, che non sanno ascoltare i viaggiatori del nostro tempo. La Bibbia fu capace di ascoltare l’urlo scandaloso e scomodo di Giobbe, lo incise per sempre sulla sua roccia, e così gli diede la dignità più grande. Saremo noi capaci oggi di fare altrettanto con le grida e le domande che mandano in crisi le nostre teologie? Sapremo riscrivere nuovi poemi ascoltando la voce delle nostre vittime? O continueremo a indossare nel dramma del vivere le maschere degli amici di Giobbe? Le nuove primavere delle religioni e delle civiltà cominciano quando, gli amici di Giobbe, imparano a tacere, abbandonano le vecchie e inadeguate certezze, e si mettono ad ascoltare le grida delle vittime, dei lontani, dei poveri, seduti sugli stessi mucchi di letame

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