Kenya ed Etiopia
Obama in Africa:
i diritti e le amnesie
di Giulio Albanese
Un tour africano, quello del presidente americano Barack Obama, che ha certamente colto nel segno, soprattutto dal punto di vista comunicativo. È riuscito, infatti, nel corso dei suoi numerosi interventi in Kenya prima e in Etiopia poi, a modulare un ventaglio di messaggi dal tenore esortativo che, solitamente, i politici africani lasciano, per così dire, nel cassetto
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Secondo il leader statunitense, è necessario combattere la corruzione, che frena lo sviluppo, contrastare il terrorismo senza violare i diritti umani e civili delle persone, includere tutti nella società, a partire da donne e giovani, rafforzare la democrazia e la partecipazione, garantendo la stabilità e, dunque, lo Stato di diritto. Tutte cose vere, rispetto alle quali i governi africani devono avere l’umiltà di rimboccarsi le maniche per passare dalle parole ai fatti. Obama, d’altronde, ha rivendicato le sue origini africane e si è pertanto presentato non solo come capo della Casa Bianca, ma anche come esponente di spicco della diaspora africana nel mondo.
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Vi sono però altri aspetti sui quali Obama avrebbe fatto bene a soffermarsi: le nuove forme di schiavismo e di colonialismo. In Africa le politiche d’investimento internazionali – non solo occidentali – continuano a essere predatorie. E nonostante il continente registri tassi di crescita superiori a quelli di molti Paesi del Primo mondo, il welfare resta il grande assente in quasi tutte le nazioni africane e, soprattutto, rimane aperta la ferita dell’esclusione sociale rispetto alla quale i Paesi industrializzati continuano ad essere indifferenti. Il fenomeno migratorio continua a mostrarcelo drammaticamente ogni giorno.
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