sabato 20 aprile 2013

Dallo speciale di Nigrizia "Vent'anni senza don Tonino": SULLE STRADE DI UN PROFETA di Claudio Ragaini, SE LA CHIESA CHE NON AMA LA PACE di Sergio Paronetto

Vent'anni senza don Tonino

Ricordiamolo perché ha ancora molto da insegnarci. 
Ricordiamolo perché ci aiuti a riscoprire l'attualità della sua testimonianza di profeta di pace. 
Ricordiamolo per non essere preda della rassegnazione in un mondo violento.

SULLE STRADE DI UN PROFETA
di Claudio Ragaini
Il rischio, con don Tonino Bello, è di confinare la sua straordinaria personalità in una formula restrittiva: il vescovo pacifista, la Chiesa del grembiule, il testimone del concilio, l’autore della “Lettera al marocchino”. Ma ogni volta ci si rende conto dell’insufficienza di un’analisi che lo riporti a una sola dimensione, per quanto nobilissima. Don Tonino è questo e molto “altro”.

Con il passare del tempo (sono vent’anni dalla morte di don Tonino ed è in corso il processo di beatificazione) si avverte sempre più come la sua figura e la sua popolarità siano l’espressione di un insieme complesso di valori che non possono essere letti separatamente. Nella sua breve esistenza (è morto a 58 anni) don Tonino è passato nel cielo della Chiesa italiana come una cometa luminosa, lasciando una scia ricca e feconda fatta di segni e di insegnamenti che costituiscono la memoria viva della sua presenza e della sua attualità.
Lo testimonia la processione di pellegrini che visitano la sua tomba ad Alessano (Lecce), il paese natale, lasciano messaggi d’amore e gli affidano i loro segreti pensieri, come farebbero con un amico. Così come le vie, le piazze, le scuole che portano il suo nome; e la diffusione, attraverso un passa-parola complice e misterioso, dei suoi libri e dei suoi discorsi, che ci riportano la sua voce calda e avvolgente e il suo sorriso illuminante. Una fama di beatitudine, non ancora formalizzata ma diffusa, che affascina anche chi non l’ha conosciuto...
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SE LA CHIESA CHE NON AMA LA PACE
di Sergio Paronetto
Come uomo del concilio, don Tonino riteneva pace e povertà i primi luoghi di verifica della vita cristiana. E a suo avviso in Italia non c’era (non c’è) un’apprezzabile teologia della pace.

Nell’anno del 50° anniversario dell’inizio del concilio e della Pacem in terris, la memoria di Tonino Bello vibra di particolare intensità e interpella i credenti con le sue domande brucianti al ritorno da Sarajevo (dicembre 1992): «Attecchirà davvero la semente della nonviolenza? Sarà davvero questa la strategia di domani? Fino a quando questa cultura della nonviolenza rimarrà subalterna? (...) Sono troppo stanco per rispondere stasera. Per ora mi lascio cullare da una incontenibile speranza: le cose cambieranno, se i poveri lo vogliono». (La speranza a caro prezzo, San Paolo, 1999) I poveri lo vorranno? E con quale aiuto? La Chiesa lo vorrà?...
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