martedì 10 luglio 2012

VIZI CAPITALI - 1 "SUPERBIA: Un super-io contro Dio" di mons. Rino Fisichella



VIZI CAPITALI  - 1

SUPERBIA:
Un super-io contro Dio

... Prima di entrare nel merito della superbia, non sarà inutile anticipare qualche riflessione sul perché la Chiesa ha identificato sette peccati capitali e perché li ha chiamati così. Una considerazione importante è fatta dal Catechismo il quale dice che: “Il peccato trascina al peccato; con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio. Ne derivano inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta valutazione del bene e del male” (ccc 1865). Insomma, la lotta tra il bene e il male permane fino alla fine dei tempi. Certo, è impari. Come attesta l’apostolo Paolo le “opere della carne” e il “frutto dello Spirito” (Cfr Gal 5,19-23) non stanno sullo stesso livello. La forza redentrice di Cristo ha vinto e ha distrutto il peccato del mondo, ma la libertà degli uomini, che segna l’originalità del cristianesimo, permane come la conditio sine qua non. “Dio che ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te”. L’espressione di sant’Agostino permane con la sua forza di significato per indicare l’imporsi della libertà personale. Mai, probabilmente, il dramma della libertà si esprime con tutta la sua potenza come nella scelta tra il bene e il male e nella vita a servizio dell’uno o dell’altro. Vivere nel bene apre il cuore e rende fecondi; scegliere il male impoverisce e rinchiude in se stessi. Certo, rimarrà sempre la grande quaestio di cosa sia bene e male; eppure, nel profondo del cuore di ognuno, e impresso nelle pagine della natura, il confine posto non è solo percepito, ma anche compreso e tematizzato. Il male, comunque, offusca la coscienza e la discesa diventa sempre più scoscesa e scivolosa. C’è una ambivalenza nel vizio che tende a nascondere la parte peggiore, per illudere con il canto delle sirene. Dall’altra parte, c’è la forza della virtù che chiama al bene. Perseverare nel bene crea virtù che consente non solo di compiere atti positivi, ma soprattutto sprona a dare il meglio di sé e a ricercare forme sempre più grandi di bene. Ecco, pertanto il dramma: dove c’è il vizio, là c’è la virtù che si contrappone: a te la scelta. Sei posto dinanzi all’orientamento da dare alla tua vita. A te la scelta di quale ruolo vuoi giocare. Da ogni parte ti volti, comunque, non puoi rimanere neutrale. 
Probabilmente, oggi il vizio ha un fascino maggiore della virtù. Già il nome di virtù appare obsoleto e riservato a una piccola categoria che diventa fastidiosa e da evitare perché non ci consentirebbe di vivere la vita come vogliamo. Il vizio, invece, no. Del vizio preferiamo intesserne le lodi. In qualche modo, ci piace e ci affascina; ci consente di sperimentare il brivido del proibito che la Chiesa ha sempre combattuto per tenerci legati e soggiogati a sé. E poi, il vizio si traveste felicemente con il tratto ironico che ti rende simpatico anche il peccato peggiore. Chi non riesce a trovare simpatia per un impareggiabile Alberto Sordi nelle vesti dell’Avaro? L’avaro Sordi, fa ridere della sua avarizia e non permette più di cogliere il male intrinseco di chi vuole accumulare solo per sé. E così, ancora una volta, sembra avere ragione Molière: “Tutti i vizi, quando sono di moda, passano per essere una virtù”. 
... Dimentico di Dio non resta che l’uomo, anzi rimango solo io! La superbia, in ultima analisi, è il rifiuto di Dio. Lui o io. Non può esserci una via di mezzo. 
Lo aveva ben compreso Agostino quando nel De civitate Dei dice perentoriamente che la superbia è “allontanarsi da Dio e convertirsi a sé” (12,6). Il superbo, scimmiotta Dio; perché vuole imitare la sua potenza e rendersi simile a lui. Non è un caso, quindi, che egli veda nella superbia “l’origine di tutti i mali perché è la causa di tutti i peccati” (In Ioh ev 25,16); tanto da poter “sussistere anche da sola senza gli altri peccati” (De nat et gr 29,33)...

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 SUPERBIA: Un super-io contro Dio di mons. Rino Fisichella