Tre voci per ricordare l'arcivescovo che ha guidato la Chiesa di Torino negli anni inquieti del postconcilio, a 25 anni dalla sua morte e a 40 dalla pubblicazione della lettera pastorale "Camminare insieme". I contributi dei tre autori si fondono in un ritratto veritiero. Il priore di Bose, E. Bianchi, ci introduce nella dimensione umana e culturale del porporato; don Ciotti ne declina la figura di vescovo attento e partecipe dei problemi della città di Torino; il fondatore del Sermig, E. Olivero, ci descrive l'uomo della preghiera e della sofferenza. Un libretto agile per fare memoria di un pastore straordinario. (BS - Fonte: Settimana, n°24 -17 giugno 2012)
Proponiamo la presentazione del libro del prof. Franco Garelli, che ne ha curato la prefazione.
«Uno spiraglio di luce sulla situazione sociale ed ecclesiale di quel tempo»; «ha insegnato non solo con l’autorevolezza del suo magistero, ma anche con la vita»; «è stato un Vescovo mai fuori dalla mischia»: ecco tre flash che ci ricordano padre Michele Pellegrino, il docente di patristica chiamato da Paolo VI a presiedere la Diocesi di Torino in uno dei periodi più travagliati della nostra storia, gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, segnati dall’immediato post Concilio Vaticano II e dalle lotte studentesche e operaie.
A offrire un profilo di questo Vescovo straordinario (a 25 anni dalla sua morte, a 40 dalla «Camminare Insieme») sono tre testimoni che hanno vissuto quell’epoca ruggente da giovani, diventati – col passare degli anni e in ambiti diversi – dei punti di riferimento a livello nazionale, chi nel campo della spiritualità e della vita monastica (Enzo Bianchi), chi nella lotta contro le nuove povertà e la mafia (don Gigi Ciotti), chi nel richiamare i giovani all’impegno per la pace e la solidarietà (Ernesto Olivero). Si tratta di figure carismatiche assai diverse tra di loro, per sensibilità, cultura e ambiti di competenza; accomunate tuttavia dall’avere incontrato a suo tempo un Padre che li ha riconosciuti e confermati nelle loro intuizioni e ideali giovanili; per cui a distanza di anni, a fronte di ciò che oggi rappresentano per la Chiesa e la società, essi sentono il bisogno di fare memoria di quel Vescovo che ha accompagnato e sorretto il loro «stato nascente». Così, il profilo di padre Pellegrino che emerge da questi ricordi è denso di affetti e di convergenze.
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Non si può tracciare il profilo di Michele Pellegrino senza menzionare la sua competenza storica, filologica e teologica in ambito patristico, acquisita alla Cattolica di Milano e proseguita nella ricerca e poi, dal 1938, nell’insegnamento a Torino. L’apologetica greca e latina dei primi secoli, la poesia cristiana antica, la letteratura del martirio e infine la costante «frequentazione» di Agostino non rappresentano solo l’itinerario scientifico di Pellegrino, ma sono le fonti che, assieme alle Sante Scritture, hanno plasmato la sua spiritualità cristiana. L’attenzione alla pacatezza del dialogo intessuto dai cristiani con la sapienza pagana porrà i fondamenti per quel suo atteggiamento di apertura e di ascolto al mondo, per quella disponibilità al dialogo con la cultura della società, per quella sympatheiacon quanto gli uomini a fatica cercano di realizzare in vista di una terra più abitabile e di una polis più umanizzata.
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Del tempo, dei fatti, dei segni e degli uomini. Come di un «padre della Chiesa», il «Padre» per antonomasia di don Luigi, quell'arcivescovoe cardinale Michele Pellegrino che, l'11 novembre 1972, lo ordinò prete e gli affidò una stranissima parrocchia, mai vista: «La strada. Da oggi, disse, coloro che soffrono in strada saranno i tuoi parrocchiani».
Leggi tutto: Don Ciotti ricorda Pellegrino l'arcivescovo" tonaca rossa"Don Luigi Ciotti ricorda il grande arcivescovo di Torino, padre Michele Pellegrino, intellettuale che scese dalla cattedra nell'ansia di portare la Chiesa più vicina ai poveri.
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Ernesto Olivero, a nome di tutto il Sermig, lo ricordava così dalle pagine del mensile Progetto, novembre 1986:
Carissimo Padre, grazie di averci voluto bene! La tua saggezza ci ha fatto crescere nell’ascolto dei segni dei tempi, nel sentirci parte del grande respiro che è la Chiesa di tutti i tempi, nell’ascolto della Parola, nella ricerca della giustizia e nell’amore ai poveri. Ci hai insegnato a camminare insieme con tutti gli uomini. A te, caro Padre, dobbiamo la Casa della Speranza (Arsenale della Pace n.d.r.), il lavoro che cerchiamo di fare su noi stessi per essere trasparenza di Dio e profondamente carichi di umanità.
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Ernesto Olivero racconta Monsignor Michele Pellegrino
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