giovedì 12 agosto 2010

IL LIBRO DI GIOBBE - Meditazioni di P. Pino Stancari - 2 di 4

Lectio Divina (2 di 4)

Ricordate i tre amici di Giobbe. Si sono fatti avanti e hanno dimostrato di volere, da parte loro e a modo loro, soccorrere Giobbe nel momento del suo dolore, nella sua situazione di terribile sconfitta. E ricordate che i tre amici di Giobbe fanno capo a un grande principio che è scontato nella tradizionale scuola dei sapienti: il principio della retribuzione per cui Dio premia i buoni e punisce i cattivi e se le cose vanno così male a Giobbe, da qualche parte ci deve essere una colpa che Dio sta punendo. Giobbe non è minimamente disposto ad ascoltare i buoni consigli e le considerazioni dei suoi amici perché i cosiddetti amici in realtà dimostrano di non comprendere il dramma della sua vita e della sua storia. Giobbe non è disposto a ridurre il disagio così terribile che ha sconvolto la sua esistenza all’interno di quello schema che gli amici vogliono ribadire invece con tanta precisione. Giobbe si lamenta, strepita, protesta. Abbiamo già avuto modo di percepire la gravità della sua intensa, appassionata testimonianza. Abbiamo letto fino al cap. 7. Il primo dei suoi amici è intervenuto, si chiama Elifaz. E’ un personaggio che possiamo identificare come l’uomo della "pastorale" (mettendo il termine tra virgolette in un senso un po’ negativo), l’uomo che cerca di aggiustare le cose con una buona "omelia" (anche qui tra virgolette in un senso un po’ negativo). E’ l’atteggiamento di Elifaz, è il suo modo di porsi, di intervenire in rapporto a Giobbe. E Giobbe ha protestato: "guarda che nei tuoi discorsi non ci sto, tu puoi fare omelie come vuoi, puoi impostare la tua pastorale con grande abilità di eloquenza e di operosità, ma non mi tocchi, non prendi contatto con il mio dramma, parli al vento". ...

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