VIAGGIO APOSTOLICO DI LEONE XIV
IN TÜRKIYE E IN LIBANO
CON PELLEGRINAGGIO A İZNIK (TÜRKIYE)
IN OCCASIONE DEL 1700° ANNIVERSARIO DEL PRIMO CONCILIO DI NICEA
27 NOVEMBRE - 2 DICEMBRE 2025
Martedì, 2 dicembre 2025
BEIRUT – JAL ED DIB – BEIRUT
08:30 VISITA AGLI OPERATORI E ASSISTITI DELL’OSPEDALE “DE LA CROIX” a Jal ed Dib
09:30 PREGHIERA SILENZIOSA AL LUOGO DELL’ESPLOSIONE DEL PORTO DI BEIRUT
10:30 SANTA MESSA presso il "Beirut Waterfront"
12:45 CERIMONIA DI CONGEDO presso l'Aeroporto Internazionale di Beirut
13:15 Partenza in aereo dall'Aeroporto Internazionale di Beirut per Roma
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VISITA AGLI OPERATORI E ASSISTITI DELL’OSPEDALE “DE LA CROIX”
Ospedale “De La Croix” (Jal ed Dib)
Martedì, 2 dicembre 2025
Alle ore 8:10 (ora locale), dopo essersi congedato dalla Nunziatura Apostolica, il Santo Padre Leone XIV si è trasferito in auto alla Congregazione delle Suore Francescane della Croce a Jal ed Dib, per la visita agli operatori e assistiti dell’Ospedale de la Croix.
Al suo arrivo, all’ingresso principale della residenza della Congregazione, il Papa è stato accolto dalla Madre Superiora della Congregazione delle Suore Francescane della Croce del Libano, dalla Superiora del Convento e dalla Direttrice dell’Ospedale, che lo hanno accompagnato al teatro della struttura, dove erano presenti gli operatori e gli assistiti dell’Ospedale de la Croix.
Dopo le parole di benvenuto della Superiora Generale e la testimonianza di una malata e di un malato, il Papa ha salutato i presenti.
Al termine, dopo la benedizione e lo scambio dei doni, il Santo Padre ha visitato privatamente il padiglione Saint Dominique.
Conclusa la visita privata, Leone XIV è salito in auto e si è trasferito al luogo dell’esplosione del Porto di Beirut.
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Il Papa nell’ospedale psichiatrico di Beirut:
"Voi malati siete nel cuore di Dio"
Leone XIV visita l'ospedale di de La Croix gestito dalle suore francescane della Croce che quotidianamente si prendono cura di 800 disabili mentali e malati psichiatrici. Grande accoglienza per il Pontefice che riceve in dono oltre 70 rosari fatti a mano dai pazienti. Dal Papa l'invito a non dimenticare i poveri: "Non possiamo immaginare una società che corre a tutta velocità aggrappandosi ai falsi miti del benessere, ignorando tante situazioni di povertà e di fragilità”
“A ciascuno di voi oggi il Signore ripete: ti amo, ti voglio bene, sei mio figlio! Non dimenticatelo mai! Shukrán! Allah ma’akum (Grazie! Dio sia con voi)”.
Sorrisi sghembi e sguardi spenti dalla malattia e dalle difficoltà della vita quelli che accolgono questa mattina Papa Leone XIV nell’Ospedale de la Croix, uno dei più grandi ospedali per disabili mentali del Medio Oriente, prima tappa dell’ultimo giorno del viaggio apostolico in Libano. Ottocento malati sono seduti nel teatro della struttura, fondata nel 1919 dal beato cappuccino padre Yaaqoub, trasformata in manicomio nel 1937 e in nosocomio per disabili mentali nel 1951. Uomini, donne, anziani, giovani, alcuni affetti da tossicodipendenza (a loro è riservato uno dei cinque padiglioni) accolgono il Papa con le loro sciarpette bianche con impresso lo stemma papale e il volto di padre Yaaqoub, le bandierine libanesi e vaticane. Restano immobili e ogni tanto applaudono motivati dalle suore Francescane della Croce che quotidianamente si prendono cura di loro, insieme a un personale di infermieri e volontari. Come Jean, militare in pensione, che racconta: “Facciamo il possibile per loro”.
L'attesa per l'arrivo del Papa
Nel complesso situato sul Mount-Lebanon, da dove la vista della baia di Beirut toglie il respiro, ci sono una farmacia centrale, un dispensario, ambulatori, un teatro e una sala cinematografica e teatrale, cucine e lavanderia. Sono riunite là almeno un migliaio di persone, considerando i chilometri e chilometri di persone assiepate da dietro le transenne sin dalla strada centrale. Ancora bandiere in questa terz’ultima tappa del Papa in Libano, ancora striscioni (uno con il volto di Robert Francis Prevost giovane agostiniano), ancora fiori e immaginette. In mezzo poi un gruppo i bambini della vicina scuola di St. Jacques che hanno allestito un piccolo Conclave, con guardie svizzere, cardinali e anche un piccolo Papa, Elysha, con tanto di anello piscatorio e scarpe bianche. Le suore li hanno preparati spiegando il significato di quegli abiti e prima dell’arrivo di Leone gli fanno ripetere cori, canti e saluti. Uno pure in italiano: “Cccciao Papa Leone!”.
L'omaggio al Papa da parte dei bambini della scuola di St. Jacques (@Vatican Media)
Il Pontefice arriva all’ingresso principale della residenza della Congregazione in auto. Le suore gli corrono incontro e una pure gli si stringe al collo. La madre superiora, suor Marie Makhlouf, insieme alla direttrice dell’ospedale, suor Rose Hanna, e la superiora del Convento, suor Hiam El Badawi, accompagnano il Papa nel teatro e anche lì l’accoglienza è festante. Una suora chiede in videochiamata di salutare una familiare e Leone la benedice, in sala risuonano le zaghroutah, le urla – tipiche delle donne mediorientali – segno di felicità e festeggiamento.
L'accoglienza delle suore Francescane della Croce (@Vatican Media)
La commozione della madre superiora, suor Marie
A prendere la parola, lottando con la commozione che la interrompe più di una volta, la superiora suor Marie ringrazia il Papa per aver scelto di visitare una realtà che accoglie persone “ferite dalla loro solitudine” e “assenti dai media e dai palcoscenici”. Sottolinea come la presenza del Papa confermi che i più poveri e dimenticati “sono un tesoro della Chiesa” e non un peso per la società. Infine definisce la missione dell’ospedale un “miracolo quotidiano” sostenuto dalla Provvidenza e dalla generosità silenziosa dei benefattori. Anche due pazienti portano poi la loro testimonianza a Papa Leone. Una degente descrive la visita come una “luce” che dà coraggio e allevia le sofferenze, auspicando che il mondo possa conoscere la realtà umana e accogliente dell’ospedale e la santità di Abouna Yaacoub. Un altro paziente dice pure lui “grazie” al Papa per questo viaggio vissuto come dono e grazia per il popolo libanese. A nome di tutti i malati, chiede la benedizione per queste persone “che portano ogni giorno la propria croce” e anche per le religiose che li servono.
Suor Marie ringrazia il Papa della visita (@Vatican Media)
"Qui abita Gesù"
Leone XIV ascolta e sembra commuoversi. “Sono contento di incontrarvi, era un mio desiderio, perché qui abita Gesù: sia in voi ammalati, sia in voi che ne avete cura, le Suore, i medici e tutti gli operatori sanitari e il personale”, esordisce, in francese. Assicura che tutto il popolo dell’ospedale libanese è nel suo cuore e nelle sue preghiere. Anche il Papa ricorda la santità della vita del fondatore e la sua testimonianza portata avanti dalle Francescane della Croce. Il loro è “un prezioso servizio”, dice: “Grazie, care Sorelle, per la missione che portate avanti con gioia e dedizione!”.
Prezioso è pure il servizio degli operatori: “La vostra presenza competente e premurosa e la cura degli ammalati sono un segno tangibile dell’amore compassionevole di Cristo. Siete come il buon samaritano, che si ferma presso chi è ferito e se ne prende cura per sollevarlo e guarirlo”, dice il Papa. È vero, ammette, “a volte può sopraggiungere la stanchezza o lo scoraggiamento, soprattutto per le condizioni non sempre favorevoli in cui vi trovate a lavorare”. L’incoraggiamento è allora ad andare avanti, nonostante qualche difficoltà, avendo davanti sempre “il bene che avete possibilità di realizzare”.
Leone XIV saluta i presenti (@Vatican Media)
Non dimenticare i più fragili
“Quanto si vive in questo luogo è un monito per tutti, per la vostra terra ma anche per l’intera umanità: non possiamo dimenticarci dei più fragili, non possiamo immaginare una società che corre a tutta velocità aggrappandosi ai falsi miti del benessere, ignorando tante situazioni di povertà e di fragilità”, conclude Papa Leone. In particolare cristiani, aggiunge, sono chiamati a prendersi cura dei poveri: “Il Vangelo stesso ce lo chiede”.
A conclusione dell’incontro le suore consegnano al Papa 77 Rosari con i nomi dei malati e degli operatori che li hanno realizzati a mano. Suor Marie regala invece una icona fatta a mano di Abouna Yaacoub, nella speranza che venga presto canonizzato.
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 02/12/2025)
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In silenzio e con le braccia aperte,
la preghiera del Papa al porto di Beirut
Leone XIV, al suo ultimo giorno in Libano, si reca nel luogo scenario, nell'agosto 2020, della tragica esplosione che ha ucciso oltre 240 persone e ne ha ferite 7 mila. Il Pontefice prega dinanzi al monumento in marmo che riporta, uno ad uno, i nomi dei morti. Depone una ghirlanda e saluta i sopravvissuti e i familiari delle vittime. Ognuno ha in mano fotografie dei parenti scomparsi. Le loro voci: "Vogliamo giustizia e verità. Il Papa che viene a pregare qui ci porta speranza"
Nada apre le braccia e srotola una sciarpa dai colori del grigio, del nero e del bianco. Stampati, in quelli che sembrano tanti quadratini, ci sono una serie di volti. Donne, bambini, anziani, uomini, poliziotti, vigili del fuoco. Sopra la scritta Beirut August 4th 2020 6.07 pm – Forever in our hearts. Luogo, data, orario e facce degli oltre 245 morti della tragica esplosione del porto della capitale libanese che ha sfigurato una città, una nazione, un popolo. Nada è al porto in rappresentanza di Isaac, il bimbo di 2 anni australiano (è la vittima più giovane) ucciso dalla esplosione mentre era seduto sulla sedia della casa che i genitori avevano affittato mentre si trovavano di passaggio in Libano. “Mi hanno chiesto espressamente di essere qui affinché l’anima di Isaac e la sua famiglia possano ricevere la benedizione del Papa, di Papa Leone”.
La sciarpa con i volti delle vittime che Nada dona al Papa
Giustizia e verità
Il faccino di Isaac è anche lui impresso sulla sciarpa, la donna chiede di poterla regalare a Papa Leone XIV che oggi, come penultimo appuntamento del viaggio apostolico in Libano, visita questo luogo divenuto uno scenario spettrale con la sagoma dei silos esplosi massicciamente che si stagliano nel cielo, cumuli di detriti, macchine bruciate accalcate una sull’altra con sopra insetti che non lasciano tregua ai visitatori. L’aveva già regalata a Papa Francesco la sciarpa, Nada Abdelsater, durante l’udienza dell’agosto 2024, quella in Vaticano del Pontefice con sopravvissuti e familiari delle vittime e dei circa 7 mila feriti, in cui Jorge Mario Bergoglio fece proprio il loro grido: “Giustizia e verità”. Il grido, cioè, che ribadiscono da cinque anni in mezzo a indagini bloccate e quelli che definiscono “ostruzionismi”. Anche oggi, disposti in fila per la preghiera silenziosa con Leone XIV, lo ripetono: “Giustizia e verità”.
Il Papa in preghiera dinanzi al monumento in marmo che riporta i nomi delle vittime dell'espolosione (@Vatican Media)
Leone XIV in preghiera
Il Papa saluta una ad una queste persone, in lacrime o con le mani a tapparsi la bocca, disposte tutte in fila. Prima però si ferma a pregare davanti al memoriale in marmo che elenca tutti i nomi di coloro a cui la deflagrazione ha strappato la vita. Di colpo - come il fratello, il cugino e il cognato di Antonella “tutti pompieri” - oppure dopo una lenta agonia in ospedale. Leone si ferma a lungo, in piedi, con le mani giunte davanti alla stele. A un certo punto alza lo sguardo e inizia a camminare verso il monumento. Si inginocchia a deporre una ghirlanda di rose rosse, poi di nuovo si ferma davanti e apre le braccia, tenendole in alto. Una preghiera, una benedizione, tutto in silenzio. Si vede la bocca del Papa muoversi e sussurrare qualcosa. Le pale dell’elicottero che sorvola la zona impediscono di sentire ogni suono, incluse le lacrime dei parenti e dei sopravvissuti che assistono alla scena.
Il saluto a sopravvissuti e familiari delle vittime
Ognuno di loro porta addosso l’immagine dei propri cari perduti. Quasi tutti tengono in mano fotografie di mariti, mogli, figli, nonni, zii, cugini. C’è chi ha il volto del marito dentro a un ciondolo o stampato in una delle spillette attaccate ai giubotti. Una donna distribuisce volantini con la sagoma della figlia, una ragazza bionda e sorridente morta a 33 anni: “Non mi dimenticate, tenetemi sempre nelle vostre preghiere. Vi amo tutti. Krystel El Adem”, recita la scritta. Al porto è presente pure il ministro degli affari sociali, Hanine Sayed; sua madre è rimasta uccisa nell'esplosione del 2020. E c’è anche il primo ministro Nawaf Salam e il nunzio apostolico, monsignor Paolo Borgia. Restano in disparte mentre Papa Leone compie il giro dei saluti, stringendo la mano, benedicendo, poggiando la mano sul capo e abbassando la testa mentre questi uomini e queste donne gli riferiscono qualcosa all’orecchio. Davanti a un bambino, il Papa si inginocchia e afferra la foto del papà che il piccolo tiene tra le mani. Una mamma lo abbraccia.
Il Papa in ginocchio davanti a un bambino al porto di Beirut (@Vatican Media)
Le voci di chi ha perso il proprio caro
“Sono contenta”, dice ancora Antonella Hitti, “la presenza del Papa è una piccola dose di speranza. Noi preghiamo con lui. E preghiamo per la giustizia, la verità e le responsabilità”. “Vogliamo la verità, vogliamo sapere chi ha un ruolo”, fa eco Nohad Abdou. Le trema la mano con cui tiene il ritratto di Jacques Baramachian, suo nipote che viveva nell’edificio bianco di fronte al porto: “La visita del Papa certo è una speranza”.
La benedizione del Pontefice a sopravvissuti e familiari delle vittime (@Vatican Media)
Immancabile anche l’avvocatessa Cecile Roukos, tra i familiari che più di altri hanno alzato la voce in questi anni tramite media e web. Lei ha visto morire il fratello impiegato in una compagnia di navigazione: “Lavorava all'interno del porto... Aveva 45 anni. Era più giovane di me”. Tatiana Hasrouty aveva addirittura il padre Ghassan che lavorava qui nei silos. “È morto durante l’esplosione, l’intero edificio è crollato. Credo che il Papa possa portarci un messaggio di resilienza... Sono tra coloro che hanno incontrato Papa Francesco e lui ci ha dimostrato che non ci ha dimenticati. Con questa visita di Papa Leone, sappiamo che il Vaticano ci tiene in considerazione e sente la nostra sofferenza”. “Venire a pregare qui – aggiunge Tatiana - nel luogo dove sono morte tante persone, ci dà un messaggio di speranza. Non siamo solo cristiani, ma ci sono anche musulmani. È questo il messaggio più importante che ci trasmette: rimanere uniti, nella preghiera e nella speranza di trovare la verità”.
Guarda il video integrale
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 02/12/2025)
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SANTA MESSA
"Beirut Waterfront" (Beirut)
Martedì, 2 dicembre 2025
Lasciato il Porto di Beirut, il Santo Padre si è trasferito al Beirut Waterfront per la celebrazione della Santa Messa.
Al suo arrivo, il Papa ha compiuto un giro in papamobile tra i fedeli.
Dopo il saluto di benvenuto del Patriarca di Antiochia dei Greco‑Melchiti e le Letture della Sacra Scrittura, il Santo Padre ha pronunciato la sua omelia.
Al termine della Santa Messa, il Patriarca di Antiochia dei Maroniti, S.B. Cardinale Béchara Boutros Raï, ha pronunciato alcune parole di ringraziamento.
Il Santo Padre, prima di salire in auto e trasferirsi all’Aeroporto Internazionale di Beirut per il congedo dal Libano, ha rivolto ai fedeli un appello.
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Il Papa: Libano, rialzati!
Sii profezia di pace, casa di giustizia e fraternità
Nella messa presieduta al Beirut Waterfront, Leone XIV esprime gratitudine per le “giornate intense” del suo primo viaggio apostolico, da cui porta con sé le sofferenze e le speranze delle persone incontrate. Invita a lasciare cadere le "corazze" delle chiusure etniche e politiche, aprendo le confessioni religiose "all'incontro reciproco"
Il fragore delle fragili e illusorie “corazze” — chiusure etniche e politiche indurite dal tempo — che si sgretolano a terra, vinte e disarmate da piccoli virgulti che spuntano ostinati, promettendo rinascita dentro una storia “apparentemente perduta”. E per ogni armatura che cade, una nazione si rialza: il Libano, bellezza antica cantata dalla Scrittura, “profezia di pace” e "casa di giustizia e fraternità" per l’intero Medio Oriente. È questo l’orizzonte che Papa Leone XIV contempla questa mattina, 2 dicembre, mentre presiede la messa al Beirut Waterfront, nell’ultimo giorno del suo primo viaggio apostolico.
Macerie e rinascita
La cornice è la linea di costa tra il porticciolo turistico e il centro della capitale del Paese dei cedri: un terreno recuperato dal mare grazie al riporto di terra e alle macerie del centro di Beirut, raso al suolo al termine della Guerra del Libano, prima della ricostruzione. Un luogo che porta quindi con sé tanto il segno della distruzione quanto, ancor più, quello della rinascita. Qui il Pontefice giunge, compiendo un giro in papamobile tra i fedeli, circa 120mila, in festa che sventolano le bandiere del loro Paese. Tra i presenti, anche il presidente del Libano, Joseph Aoun, e la moglie Nehmat.
La Papamobile tra i fedeli accorsi per la Messa celebrata da Leone XIV (@Vatican Media)
La dimensione della lode
Nell’omelia, pronunciata in lingua francese, Leone XIV rende grazie per le “giornate intense” appena trascorse, dalle quali porta con sé sofferenze e speranze di molti incontri, attingendo alla gratitudine che Gesù rivolge al Padre nel Vangelo di Luca, proclamato in lingua araba nel corso della celebrazione eucaristica.
La dimensione della lode, però, non sempre trova spazio dentro di noi. A volte, appesantiti dalle fatiche della vita, preoccupati per i numerosi problemi che ci circondano, paralizzati dall’impotenza dinanzi al male e oppressi da tante situazioni difficili, siamo più portati alla rassegnazione e al lamento, che allo stupore del cuore e al ringraziamento.
Il canto del Libano
È un invito alla lode, quello che il Papa offre al popolo libanese, destinatario di una terra dalla “bellezza rara”, ma segnata anche da mali capaci di offuscare tanta magnificenza. Leone XIV ne celebra la bellezza citando le Scritture: i Salmi cantano i poderosi cedri, simboli del Paese; il Cantico dei Cantici paragona il profumo delle vesti della sposa a quello della terra mediorientale.
E a Gerusalemme, città santa rivestita di luce per la venuta del Messia, Egli annuncia: “La gloria del Libano verrà a te, con cipressi, olmi e abeti, per abbellire il luogo del mio santuario, per glorificare il luogo dove poggio i miei piedi”.
Le ferite di un popolo
A tali meraviglie fanno però da contraltare ferite e sofferenze difficili da rimarginare, come l’esplosione nel porto di Beirut del 4 agosto 2020, che uccise oltre 200 persone e ne ferì più di 7.000. Proprio lì il Pontefice ha appena vissuto un momento di silenziosa preghiera, incontrando i familiari delle vittime. A oscurare lo splendore della terra libanese contribuisce anche un contesto politico “fragile” e “spesso instabile”, insieme alla “drammatica” crisi economica che la attanaglia, e alle violenze e ai conflitti “che hanno risvegliato antiche paure”.
Luci nel cuore della notte
In tali condizioni, non è semplice essere grati, ammette il Papa. È spontaneo lasciarsi prendere dal disincanto, vedere la lode sprofondare nella desolazione del cuore, lasciando inaridire la “sorgente della speranza” nell’incertezza e nel disorientamento.
La Parola del Signore, però, ci invita a trovare le piccole luci splendenti nel cuore della notte, sia per aprirci alla gratitudine che per spronarci all’impegno comune a favore di questa terra.
Il Messia in un germoglio
Gesù, infatti, non rende grazie per opere straordinarie, ma per una luce che si rivela ai piccoli, a coloro che “sembrano contare poco o niente”. Sono quei piccoli virgulti che, come scrive il profeta Isaia, spuntano da un tronco: una metafora quanto mai precisa in un Paese che fa del cedro il suo simbolo.
Una piccola speranza che promette la rinascita quando tutto sembra morire. Così viene annunciato il Messia e, venendo nella piccolezza di un germoglio, può essere riconosciuto solo dai piccoli, da coloro che senza grandi pretese sanno riconoscere i dettagli nascosti, le tracce di Dio in una storia apparentemente perduta.
Occhi nuovi
La storia da scrivere, invece, è quella di occhi nuovi, capaci di riconoscere il valore del germoglio che cresce anche nel dolore.
Piccole luci che risplendono nella notte, piccoli virgulti che spuntano, piccoli semi piantati nell’arido giardino di questo tempo storico possiamo vederli anche noi, anche qui, anche oggi.
Il valore della piccolezza, Leone XIV lo riconosce anzitutto nelle famiglie, per poi allargarlo alle scuole cristiane, alle parrocchie, alle congregazioni, ai movimenti, ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici. Per tutti loro sale la preghiera di Gesù: “Ti rendiamo lode, o Padre!”.
La Messa celebrata dal Papa al Beirut Waterfront (ANSA)
“Dio ha pensato la nostra vita”
Dire grazie, però, non è una consolazione “intimistica e illusoria”: la gratitudine deve trasformare il cuore, convertirlo alla vita, ricordando che, alla luce della fede, “Dio ha pensato la nostra vita”.
E, perciò, tutti noi siamo chiamati a coltivare questi virgulti, a non scoraggiarci, a non cedere alla logica della violenza e all’idolatria del denaro, a non rassegnarci dinanzi al male che dilaga.
Disarmare i cuori
Per farlo esiste solo un modo: disarmare i cuori.
Facciamo cadere le corazze delle nostre chiusure etniche e politiche, apriamo le nostre confessioni religiose all’incontro reciproco.
“Libano, rialzati!”
La ripartenza può e deve avvenire dal Libano, dove l’auspicio del Papa è che tutti possano riconoscersi fratelli e sorelle. È un sogno affidato al suo popolo.
Libano, rialzati! Sii casa di giustizia e di fraternità! Sii profezia di pace per tutto il Levante!
Il saluto del Patriarca di Antiochia dei Greco-Melchiti
Ad ulteriore riprova della ricchezza culturale del Libano, le intenzioni della preghiera dei fedeli vengono lette in svariate lingue: greco, inglese, siriaco, armeno, francese, arabo. La messa è introdotta da un saluto di benvenuto del Patriarca di Antiochia dei Greco-Melchiti, Youssef Absi, che esprime a sua volta gratitudine per l’impegno dimostrato dal Pontefice nel “preservare e sostenere” le Chiese orientali. Il suo primo viaggio apostolico è stato motivo di conforto per tutti gli abitanti del Medio Oriente, “ansiosi e smarriti”, i quali ripongono piena fiducia in uno sforzo costante affinché la pace possa finalmente giungere nella regione. Durante le sue visite — dal santuario di San Charbel ai degenti dell'ospedale De la Croix — Leone XIV ha mostrato “l’essenziale”: la preghiera e la cura per quanti soffrono. Un segno che diventa per tutti fonte di profonda gioia e di quella pace “che nulla e nessuno potrà toglierci, perché sono la promessa del Signore”.
Il ringraziamento del Patriarca di Antiochia dei Maroniti
Al termine della celebrazione prende la parola il cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti, che esprime la comune riconoscenza e la gioia per la presenza del Papa. Una visita che ravviva la determinazione del popolo libanese a operare per la pace nella regione. Ricordando la missione affidata da Leone XIV a ogni fedele — “costruire ponti” e incoraggiare l’umanità — il porporato sottolinea come il messaggio di comunione tra tutte le componenti della società libanese “sia un faro che illumina la nostra uscita dalle prove e guida i nostri cuori verso la vita ritrovata”. In conclusione, il Papa dona un calice al cardinale.
(fonte: Vatican News, articolo di Edoardo Giribaldi 02/12/2025)
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CERIMONIA DI CONGEDO
Aeroporto Internazionale Rafiq Hariri (Beirut)
Martedì, 2 dicembre 2025
Lasciato il Beirut Waterfront, il Santo Padre Leone XIV si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Beirut, per la Cerimonia di Congedo dal Libano.
Al suo arrivo, alle ore 12.20 (ora locale), il Papa è stato accolto dal Presidente della Repubblica libanese.
Dopo il saluto delle rispettive Delegazioni, la Guardia d’Onore e il discorso del Presidente, Papa Leone XIV ha pronunciato il suo discorso.
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Il Papa saluta il Libano:
cessino attacchi e ostilità, scegliamo il dialogo e la pace
Leone XIV si congeda dal Paese dei cedri dove è stato accolto da un "popolo che non ama l'isolamento, ma l'incontro". Rassicura che il distacco prepara a procedere "insieme" in uno spirito di fraternità per tutto il Medio Oriente. Il pensiero va alle regioni che non è stato possibile visitare: Tripoli e il nord, la Beqaa, Tiro, Sidone, i luoghi biblici, il sud, che vive una situazione di conflitto e incertezza. L'appello: "le armi uccidono, la trattativa, la mediazione e il dialogo edificano"
“Non ci lasciamo”
Le parole con le quali all'aeroporto internazionale di Beirut, dopo la Messa presieduta al Waterfront della capitale, il Pontefice si congeda dal Paese dei cedri e con cui termina il suo primo viaggio apostolico, tanto desiderato e preparato dal predecessore Francesco, sono parole di grande dolcezza, speranza, ringraziamento per aver vissuto incontri che gli hanno trasmesso una forte energia interiore. Il suo è un abbraccio che si estende a tutto il popolo, in particolare alle regioni dove imperversa il conflitto e l'instabilità. Ad accoglierlo prima decollare e far rientro a Roma, il presidente della Repubblica Joseph Aoun e i rappresentanti istituzionali civili e religiosi. Alberi di ulivo adornano l'area allestita per i saluti delle delegazioni e i riti della guardia d'onore.
La cerimonia di congedo (@Vatican Media)
Aoun si fa portavoce della volontà di impegnarsi sulla via della pace. "Abbiamo percepito la profondità del suo amore per il Libano e il suo popolo - sottolinea il capo di Stato -, e la sincerità del suo desiderio di vedere una nazione di missione, dialogo, apertura, libertà e dignità per ogni essere umano". Esalta la fedeltà di questo popolo che, afferma, merita la vita, ne è degno. Il grazie a Leone XIV dell'ascolto e della speranza e del conforto che qui ha portato.
Impegno per la pace in tutto il Medio Oriente
La pace, parola che ha attraversato l'intera permanenza del Papa in queste terre tra Oriente e Occidente, è quella che invita a coltivare nel futuro. E mentre nel suo discorso finale non nasconde che "partire è più difficile che arrivare" e che porterà nel cuore questa cultura in cui è entrato "con delicatezza", Leone rassicura: "essendoci incontrati andremo avanti insieme". E aggiunge:
Speriamo di coinvolgere in questo spirito di fraternità e di impegno per la pace tutto il Medio Oriente, anche chi oggi si considera nemico.
Il pensiero va poi a Papa Francesco che "cammina con noi insieme a tanti altri testimoni del Vangelo". Sottolinea il particolare legame con chi ci precede nel segno della fede d cui ereditiamo l'amore che ha animato la loro vita.
Il saluto alle regioni che non è stato possibile visitare
Non è estranea al Papa la sofferenza della gente del sud del Libano, tanto che la ricorda in modo esplicito, ricorda le terre che "non è stato possibile visitare": Tripoli e il nord, la Beqaa e il sud del Paese, Tiro, Sidone, i luoghi biblici, tutte le zone e in particolare il sud, che attualmente vivono una situazione di conflitto e incertezza. Anche alle popolazioni di quest'area va l'affetto del Pontefice. A tutti l'auspicio di restare "forti come cedri". A tutti l'abbraccio unito alla raccomandazione: "Cessino gli attacchi e le ostitlità", affinché, conclude, il Libano possa davvero incarnare quel messaggio di convivenza che già cinquant'anni fa San Giovanni Paolo II aveva attribuito al Paese. La benedizione apostolica si fonde con il ringraziamento pronunciato anche in arabo.
A tutti il mio abbraccio e il mio augurio di pace. E anche un accorato appello: cessino gli attacchi e le ostilità. Nessuno creda più che la lotta armata porti qualche beneficio. Le armi uccidono, la trattativa, la mediazione e il dialogo edificano. Scegliamo tutti la pace come via, non soltanto come meta!
Portare con sé il dolore e la sete di verità e giustizia
Il Successore di Pietro accenna ai momenti significativi che hanno caratterizzato il contatto con le radici spirituali della nazione e che gli hanno permesso di apprezzare la venerazione, condivisa anche con i musulmani, della Vergine Maria. Così come ricorda la breve ma profondamente toccante visita al porto di Beirut, dove l'esplosione di cinque anni fa "ha devastato non soltanto un luogo, ma tante vite".
Ho pregato per tutte le vittime e porto con me il dolore e la sete di verità e di giustizia di tante famiglie, di un intero Paese.
(fonte: Vatican News, articolo di Antonella Palermo 02/12/2025)
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