lunedì 1 dicembre 2025

VIAGGIO APOSTOLICO DI LEONE XIV IN TÜRKIYE E IN LIBANO 27/11 - 2/12/2025 – ISTANBUL 29/11/2025 pomeriggio (cronaca/commento, testi, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI LEONE XIV
IN TÜRKIYE E IN LIBANO
CON PELLEGRINAGGIO A İZNIK (TÜRKIYE)
IN OCCASIONE DEL 1700° ANNIVERSARIO DEL PRIMO CONCILIO DI NICEA
27 NOVEMBRE - 2 DICEMBRE 2025

Sabato, 29 novembre 2025

ISTANBUL

15:30 DOXOLOGIA nella Chiesa Patriarcale di San Giorgio
15:50 INCONTRO CON SS. BARTOLOMEO I E FIRMA DELLA DICHIARAZIONE CONGIUNTA nel Palazzo Patriarcale
17:00 SANTA MESSA nella "Volkswagen Arena"

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Leone XIV:
impegniamoci per la piena comunione di tutti i cristiani

Nella "doxologia" celebrata nella chiesa di San Giorgio a Istanbul, sede del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, il Papa prega insieme a Bartolomeo e ricorda la storica giornata di ieri: abbiamo vissuto momenti straordinari di grazia commemorando, insieme ai nostri fratelli e sorelle nella fede i 1700 anni del Primo Concilio Ecumenico di Nicea


Auspica la “piena comunione” fra i cristiani, Leone XIV, e invoca Dio perché esaudisca la supplica “per l’unità di tutti”. Le sue parole riecheggiano, il 29 novembre, nella chiesa di San Giorgio, sede del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, nel quartiere Phanar di Istanbul, dove partecipa alla doxologia, una preghiera di lode trinitaria. È la vigilia della memoria liturgica di sant’Andrea, patrono del Patriarcato, giorno in cui, ogni anno, una delegazione della Santa Sede è presente in Türkiye (Turchia), nel quadro del tradizionale scambio di delegazioni per le rispettive feste dei santi patroni, il 29 giugno a Roma per la celebrazione dei santi Pietro e Paolo e il 30 novembre a Istanbul per la celebrazione di sant’Andrea.

Il Papa all'arrivo nella chiesa di San Giorgio (@Vatican Media)

I legami di amicizia fra Leone XIV e Bartolomeo

Il Papa non nasconde la sua “grande emozione, consapevole di seguire le orme” dei quattro pontefici che lo hanno preceduto, quando, all’interno dell’edificio di culto rivolge il suo saluto al Patriarca Bartolomeo, “certo” che questa occasione “contribuirà anche a rafforzare i legami” di “amicizia, che hanno già iniziato ad approfondirsi” nel maggio scorso. Il Patriarca ha preso parte, infatti, alla Messa di inizio pontificato di Leone XIV, il 18 maggio scorso, ed è stato ricevuto in udienza privata il giorno dopo - dichiarando, poi, ai giornalisti che il Papa gli aveva espresso la volontà di compiere un viaggio in Turchia per i 1700 anni del Concilio di Nicea, tenendo anche conto del desiderio di Francesco di recarvisi - e il 30 maggio.

Il Papa accolto da Bartolomeo (@Vatican Media)

Il momento di preghiera

È il primo pomeriggio, quando Leone XIV, mentre piove, raggiunge la settecentesca chiesa di San Giorgio, dove è atteso dal Patriarca Bartolomeo, che lo accoglie nel cortile antistante. Il Papa e il Patriarca ecumenico procedono insieme verso l’ingresso del luogo di culto e qui baciano il Vangelo, portato da un diacono, e un'icona di Gesù e accendono, ciascuno, una candela. Una volta entrati viene intonato un canto alla Vergine Maria, la Theotokos, la Madre di Dio. Inizia la preghiera, vengono cantati inni e pronunciate petizioni. Si prega per Leone XIV e Bartolomeo, affinché i loro passi siano volti a buone opere, per il clero e per il popolo di Dio, per i governanti e tutte le autorità civili, per la stabilità delle Chiese e l’unità di tutti e infine per la pace nel mondo. Dopo la lettura di un brano tratto dal Libro del Profeta Zaccaria, si prosegue con altre preghiere.

Il Papa e Bartolomeo mentre accendono ciascuno una candela (@Vatican Media)

Il saluto del Patriarca Bartolomeo

Successivamente Bartolomeo prende la parola. “Santità, amatissimo fratello in Cristo - esordisce - il Patriarcato ecumenico, la Grande Chiesa di Cristo, l’accoglie con profonda gioia e giubilo in questo giorno nello stesso spirito di amore fraterno con cui sono stati accolti i suoi illustri predecessori, i Papi di venerata memoria Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco”. Il Patriarca ricorda che i quattro pontefici “hanno fortemente contribuito, ognuno a suo modo, con il proprio carisma, al riavvicinamento delle nostre Chiese sorelle attraverso il dialogo d’amore e di verità”, rammenta la promessa scambiata con Francesco “di compiere un pellegrinaggio comune nella storica città di Nicea in occasione del 1700.mo anniversario del primo Concilio ecumenico, un Concilio di unità nella fede apostolica, una voce unica della Chiesa unificata” e definisce il primo viaggio di Leone XIV, adempimento di tale promessa, “una benedizione sul suo papato”. Similmente a un chierico che nella tradizione liturgica cristiana ortodossa, prima di partecipare alla Divina Eucaristia, “legge una preghiera conosciuta come Kairos e venera le icone di Cristo e di santi riveriti come modo per ricevere la loro benedizione per servire la Liturgia”, per Bartolomeo si potrebbe dire che il Pontefice “è venuto per prendere Kairos, forze e fortezza dal sacro luogo di Nicea mentre inizia il suo ministero papale, caratterizzato dalla volontà di servire la chiamata del Signore verso l’unità dei cristiani”. “È nostra comune responsabilità adoperarci per avere a cuore ‘di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace’”, conclude il Patriarca ecumenico.

L'interno della chiesa di San Giorgio (@Vatican Media)

Adoperarsi per l'unità dei cristiani

Parlando a sua volta, Leone XIV esprime “profonda gratitudine per la calorosa accoglienza” ricevuta ed evidenzia l’“amicizia sincera e fraterna, basata sulla fede condivisa e su una visione comune di molte delle principali sfide che la Chiesa e il mondo devono affrontare”, sviluppata da Bartolomeo con Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. E rievoca, poi, la commemorazione, ieri a İznik - un tempo Nicea - della prima assise ecumenica nella storia della cristianità. Un momento significativo, che ha visto i successori di Pietro e Andrea, Leone XIV e Bartolomeo, e diversi patriarchi, vescovi, metropoliti, capi delle Chiese e rappresentanti delle comunioni cristiane mondiali recitare insieme il Credo niceno-costantinopolitano.

Ieri, e di nuovo questa mattina, abbiamo vissuto momenti straordinari di grazia commemorando, insieme ai nostri fratelli e sorelle nella fede, il 1700.mo anniversario del Primo Concilio Ecumenico di Nicea. Ricordando quell’evento così significativo e ispirati dalla preghiera di Gesù perché tutti i suoi discepoli siano una cosa sola, siamo incoraggiati nel nostro impegno a ricercare il ripristino della piena comunione tra tutti i cristiani, compito che intraprendiamo con l'aiuto di Dio.

Alcuni partecipanti alla doxologia (@Vatican Media)

Il pensiero del Papa va poi alla celebrazione della memoria di Sant’Andrea, che ricorre domani, 30 novembre, evidenzia la preghiera a Dio, pronunciata da un diacono poco prima, “per la stabilità delle Sante Chiese e per l’unità di tutti”, che “risuonerà anche nella Divina Liturgia di domani”, e chiede all'Onnipotente, “Padre del nostro Signore Gesù Cristo", di ascoltarla e di avere "misericordia" di tutti.

Leone XIV mentre pronuncia il suo saluto (@Vatican Media)

La conclusione della doxologia

Terminato l’indirizzo di saluto del Pontefice viene recitato il Padre Nostro in latino. Quindi vengono formulate le benedizioni finali, in latino quella di Leone XIV e in greco quella del Patriarca Bartolomeo. Seguono ancora canti e preghiere e, mentre il Papa e il Patriarca si dirigono verso l’uscita della chiesa, la dossologia si conclude con una lode allo Spirito Santo, fonte di sapienza, timore reverenziale e intelletto.
(fonte: Vatican News, articolo di Tiziana Campisi 29/11/2025)

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DOXOLOGIA

Chiesa Patriarcale di San Giorgio (Istanbul)
Sabato, 29 novembre 2025

Il saluto di
Bartolomeo I


Leggi tutto:

Il saluto di
Leone XIV


Nel desiderio di unità l’impegno per una piena comunione

Santità, amato fratello in Cristo,

mi permetta di iniziare esprimendo la mia più profonda gratitudine per la calorosa accoglienza e le gentili parole di saluto. Allo stesso modo ringrazio i Membri del Santo Sinodo, assieme al clero e ai fedeli, con i quali condividiamo codesta preghiera serale.

Entrando in questa Chiesa, ho provato una grande emozione, consapevole di seguire le orme di Papa Paolo VI, Papa Giovanni Paolo II, Papa Benedetto XVI e Papa Francesco. Sono anche consapevole che Vostra Santità ha avuto l'opportunità di incontrare personalmente i miei venerati Predecessori e di sviluppare con loro un’amicizia sincera e fraterna, basata sulla fede condivisa e su una visione comune di molte delle principali sfide che la Chiesa e il mondo devono affrontare. Sono certo che questo incontro contribuirà anche a rafforzare i legami della nostra amicizia, che hanno già iniziato ad approfondirsi quando ci siamo visti, per la prima volta, all’inizio del mio Ministero come Vescovo di Roma, specialmente durante la solenne celebrazione della santa Eucaristia, alla quale Vostra Santità ha avuto la gentilezza di essere presente.

Ieri, e di nuovo questa mattina, abbiamo vissuto momenti straordinari di grazia commemorando, insieme ai nostri fratelli e sorelle nella fede, il 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico di Nicea. Ricordando quell’evento così significativo e ispirati dalla preghiera di Gesù perché tutti i suoi discepoli siano una cosa sola (cfr Gv 17,21), siamo incoraggiati nel nostro impegno a ricercare il ripristino della piena comunione tra tutti i Cristiani, compito che intraprendiamo con l'aiuto di Dio. Spinti da questo desiderio di unità, ci prepariamo anche a celebrare la memoria dell’Apostolo Andrea, Patrono del Patriarcato Ecumenico. Nella preghiera di questa sera, il diacono ha rivolto a Dio la supplica “per la stabilità delle Sante Chiese e per l'unità di tutti”. Questa stessa invocazione risuonerà anche nella Divina Liturgia di domani. Che Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, abbia misericordia di noi ed esaudisca codesta orazione.

Ringraziando ancora una volta per la fraterna accoglienza, desidero porgere a Vostra Santità e a tutti i presenti i miei più fervidi auguri per la Festa del Vostro Santo Patrono.

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Al termine della Doxologia svoltasi nel pomeriggio di sabato 29 novembre nella Cattedrale patriarcale di San Giorgio nel quartiere Phanar di Istanbul, il Papa e Bartolomeo I si sono diretti nel Palazzo patriarcale. Durante l’incontro hanno firmato la Dichiarazione congiunta che pubblichiamo di seguito in una traduzione dall’inglese.


INCONTRO CON S.S. BARTOLOMEO I
E FIRMA DELLA DICHIARAZIONE CONGIUNTA

Palazzo Patriarcale (Istanbul)
Sabato, 29 novembre 2025


DICHIARAZIONE CONGIUNTA

«Rendete grazie al Signore, perché è buono,
perché il suo amore è per sempre» Sal 106 (105), 1

Alla vigilia della Festa di Sant’Andrea, il primo chiamato tra gli Apostoli, fratello dell’Apostolo Pietro e Patrono del Patriarcato Ecumenico, noi, Papa Leone XIV e il Patriarca Ecumenico Bartolomeo, di cuore rendiamo grazie a Dio, nostro Padre misericordioso, per il dono di questo incontro fraterno. Seguendo l’esempio dei nostri Venerabili Predecessori e in ascolto della volontà di nostro Signore Gesù Cristo, continuiamo a camminare con ferma determinazione sulla via del dialogo, nell’amore e nella verità (cfr. Ef 4, 15), verso l’auspicato ripristino della piena comunione tra le nostre Chiese sorelle. Consapevoli che l’unità dei cristiani non è semplicemente risultato di sforzi umani, ma un dono che viene dall’alto, invitiamo tutti i membri delle nostre Chiese — clero, monaci, persone consacrate e fedeli laici — a cercare con fervore il compimento della preghiera che Gesù Cristo ha rivolto al Padre: «perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda» (Gv 17, 21).

La commemorazione del 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico di Nicea, celebrata alla vigilia del nostro incontro, è stata uno straordinario momento di grazia. Il Concilio di Nicea, tenutosi nel 325 d.C., fu un evento provvidenziale di unità. Lo scopo di commemorare questo evento, tuttavia, non è semplicemente quello di ricordare l’importanza storica del Concilio, ma di spronarci ad essere costantemente aperti allo stesso Spirito Santo che parlò attraverso Nicea, mentre affrontiamo le numerose sfide del nostro tempo. Siamo profondamente grati a tutti i leader e i delegati di altre Chiese e Comunità ecclesiali che hanno voluto partecipare a questo evento. Oltre a riconoscere gli ostacoli che impediscono il ripristino della piena comunione tra tutti i cristiani — ostacoli che cerchiamo di affrontare attraverso la via del dialogo teologico — dobbiamo anche riconoscere che ciò che ci unisce è la fede espressa nel Credo di Nicea. Questa è la fede che salva nella persona del Figlio di Dio, vero Dio da vero Dio, homoousios con il Padre, che per noi e per la nostra salvezza si è incarnato e ha abitato in mezzo a noi, è stato crocifisso, è morto ed è stato sepolto, è risorto il terzo giorno, è asceso al cielo e verrà di nuovo a giudicare i vivi e i morti. Attraverso la venuta del Figlio di Dio, noi siamo iniziati al mistero della Santissima Trinità — Padre, Figlio e Spirito Santo — e siamo invitati a diventare, nella persona di Cristo e attraverso di Lui, figli del Padre e coeredi con Cristo per la grazia dello Spirito Santo. Dotati di questa comune confessione, possiamo affrontare le sfide che condividiamo nel testimoniare la fede espressa a Nicea con rispetto reciproco, e possiamo lavorare insieme verso soluzioni concrete con sincera speranza.

Siamo convinti che la commemorazione di questo significativo anniversario possa ispirare nuovi e coraggiosi passi nel cammino verso l’unità. Tra le sue decisioni, il Primo Concilio di Nicea fornì anche i criteri per determinare la data della Pasqua, comune a tutti i cristiani. Siamo grati alla divina Provvidenza che quest’anno l’intero mondo cristiano abbia celebrato la Pasqua nello stesso giorno. È nostro comune desiderio proseguire il processo di esplorazione di una possibile soluzione per celebrare insieme la Festa delle Feste ogni anno. Speriamo e preghiamo che tutti i cristiani, «con ogni sapienza e intelligenza spirituale» (Col 1, 9), si impegnino nel processo volto a giungere a una celebrazione comune della gloriosa Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.

Quest’anno commemoriamo anche il 60° anniversario della storica Dichiarazione congiunta dei nostri Venerabili Predecessori, Papa Paolo VI e il Patriarca ecumenico Atenagora, che estinse lo scambio di scomuniche del 1054. Rendiamo grazie a Dio perché questo gesto profetico ha spinto le nostre Chiese a perseguire «in uno spirito di fiducia, di stima e di carità reciproche, il dialogo che le condurrà, con l’aiuto di Dio, a vivere nuovamente, per il maggior bene delle anime e la venuta del Regno di Dio, nella piena comunione di fede, di concordia fraterna e di vita sacramentale che esisteva tra loro nel corso del primo millennio della vita della Chiesa» (Dichiarazione comune di Papa Paolo VI e del Patriarca ecumenico Athenagoras I, per togliere dalla memoria e nel mezzo della Chiesa le sentenze di scomunica dell’anno 1054, 7 dicembre 1965). Nello stesso tempo, esortiamo quanti sono ancora titubanti verso qualsiasi forma di dialogo, ad ascoltare ciò che lo Spirito dice alle Chiese (cfr. Ap 2, 29), spingendoci, nelle attuali circostanze della storia, a presentare al mondo una rinnovata testimonianza di pace, riconciliazione e unità.

Convinti dell’importanza del dialogo, esprimiamo il nostro continuo sostegno al lavoro della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, che nella fase attuale sta esaminando questioni storicamente considerate fonte di divisione. Oltre al ruolo insostituibile che il dialogo teologico svolge nel processo di riavvicinamento tra le nostre Chiese, raccomandiamo anche gli altri elementi necessari di questo processo, tra cui i contatti fraterni, la preghiera e il lavoro congiunto in tutti quei settori in cui la cooperazione è già possibile. Esortiamo vivamente tutti i fedeli delle nostre Chiese, e in particolare il clero e i teologi, ad accogliere con gioia i frutti finora conseguiti e a impegnarsi per il loro continuo incremento.

L’obiettivo dell’unità dei cristiani include il fine di contribuire in modo fondamentale e vivificante alla pace tra tutti i popoli. Insieme alziamo fervidamente le nostre voci invocando il dono divino della pace sul nostro mondo. Tragicamente, in molte sue regioni, conflitti e violenza continuano a distruggere la vita di tante persone. Ci appelliamo a coloro che hanno responsabilità civili e politiche affinché facciano tutto il possibile per garantire che la tragedia della guerra cessi immediatamente, e chiediamo a tutte le persone di buona volontà di sostenere la nostra supplica.

In particolare, rifiutiamo qualsiasi uso della religione e del Nome di Dio per giustificare la violenza. Crediamo che un autentico dialogo interreligioso, lungi dall’essere causa di sincretismo e confusione, sia essenziale per la convivenza di popoli appartenenti a tradizioni e culture diverse. Memori del 60° anniversario della dichiarazione Nostra Aetate, esortiamo tutti gli uomini e le donne di buona volontà a lavorare insieme per costruire un mondo più giusto e solidale e a prendersi cura del creato, che Dio ci ha affidato. Solo così la famiglia umana potrà superare l’indifferenza, il desiderio di dominio, l’avidità di profitto e la xenofobia.

Pur essendo profondamente allarmati dall’attuale situazione internazionale, noi non perdiamo la speranza. Dio non abbandonerà l’umanità. Il Padre ha mandato il suo Figlio Unigenito per salvarci, e il Figlio di Dio, nostro Signore Gesù Cristo, ci ha donato lo Spirito Santo, per renderci partecipi della sua vita divina, preservando e proteggendo la sacralità della persona umana. Per mezzo dello Spirito Santo sappiamo e sperimentiamo che Dio è con noi. Per questo motivo, nella nostra preghiera, affidiamo a Dio ogni essere umano, specialmente coloro che sono nel bisogno, coloro che soffrono la fame, la solitudine o la malattia. Invochiamo su ogni membro della famiglia umana ogni grazia e benedizione affinché «i loro cuori vengano consolati. E così, intimamente uniti nell’amore, essi siano arricchiti di una piena intelligenza per conoscere il mistero di Dio» (Col 2, 2), che è il nostro Signore Gesù Cristo.

Guarda il video integrale

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Alle ore 17:00 (ora locale) il Santo Padre Leone XIV ha presieduto la Celebrazione Eucaristica, presso la Volkswagen Arena di Istanbul.

Nel corso della Santa Messa, dopo la proclamazione al Vangelo, il Pontefice ha pronunciato l’omelia.

Al termine della Celebrazione, dopo le parole di ringraziamento del Vicario Apostolico di Istanbul, S.E. Mons. Massimiliano Palinuro, e la benedizione finale, il Santo Padre si trasferisce in auto alla Delegazione Apostolica.

SANTA MESSA
I DOMENICA DI AVVENTO

"Volkswagen Arena" (Istanbul)
Sabato, 29 novembre 2025

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Papa Leone XIV:
curiamo i legami che ci uniscono per essere operatori di pace

In Turchia Leone XIV, nell’omelia della Messa alla Volkswagen Arena di Istanbul, invita i fedeli cattolici all’“impegno sincero di una vita buona” e a prendersi cura dei "tre ponti": quello dentro la loro comunità, con le tradizioni latina, armena, caldea e sira, quello dei rapporti ecumenici con gli altri cristiani, e quello dell’incontro con “i fratelli e le sorelle appartenenti ad altre religioni”. Nel mondo, ricorda, troppo spesso la religione è usata per giustificare guerre e atrocità


Nella sua prima Messa pubblica celebrata al di fuori dell’Italia, nel suo primo viaggio apostolico, per la prima domenica d’Avvento, Papa Leone XIV, nella Volkswagen Arena di Istanbul, fa sue le parole del profeta Isaia e la sua immagine “di un mondo in cui regna la pace”. Una Celebrazione alla quale assistono più di 4 mila persone, venute tutta la Turchia (Türkiye), da Ankara e Bursa, da Smirne e Konya, dall’Anatolia e dal Mar Nero, ma anche da altre settanta nazioni, il patriarca ecumenico Bartolomeo che partecipa accanto al Papa alla processione d’ingresso, altri patriarchi e guide delle altre Confessioni cristiane. Il Pontefice, nella sua omelia in inglese, descrive il nuovo mondo come il profeta: “Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra”.

Quanto sentiamo urgente, oggi, questo richiamo! Quanto bisogno di pace, di unità e di riconciliazione c’è attorno a noi, e anche in noi e tra noi!

La processione d'ingresso della Celebrazione: Papa Leone XIV e il patriarca Bartolomeo I (@Vatican Media)

Sforzi per l’unità a tre livelli

Come rispondere anche noi a questa esigenza? si chiede Leone XIV davanti all’altare, sul palco dominato da una grande croce bianca, in una Celebrazione impreziosita cda suggestivi canti come il Salmo responsoriale in aramaico, intonato nella forma caldea. E utilizza l’immagine del ponte, presente anche nel logo del viaggio, che rimanda al grande viadotto dei Dardanelli, che, attraversando lo stretto del Bosforo, unisce i continenti di Asia ed Europa. Ricorda che nel tempo si sono aggiunti altri due passaggi, creando così “Tre grandi strutture di comunicazione, di scambio, di incontro”. Strutture imponenti, “eppure tanto piccole e fragili, se paragonate agli immensi territori che collegano”.

Il loro triplice stendersi attraverso lo Stretto ci fa pensare all’importanza dei nostri sforzi comuni per l’unità a tre livelli: dentro la comunità, nei rapporti ecumenici con i membri delle altre Confessioni cristiane e nell’incontro con i fratelli e le sorelle appartenenti ad altre religioni. Prenderci cura di questi tre ponti, rafforzandoli e ampliandoli in tutti i modi possibili, è parte della nostra vocazione ad essere città costruita sul monte.

La gioia del bene è contagiosa

Un monte che il profeta definisce “luogo di luce e di pace”. E che è simbolo, per il Pontefice, del “nostro essere Chiesa”. Alla vigilia della festa di Sant’Andrea, “apostolo e patrono di questa terra”, Leone XIV ricorda ai fedeli del piccolo gregge dei cattolici turchi, rappresentati dalle migliaia festanti nella struttura polivalente che fa parte del complesso culturale Uniq di Istanbul, che la bellezza di Sion, città sul monte, ci rammenta che la gioia del bene è contagiosa. Ai tanti che lo hanno atteso nell’arena coperta inaugurata 10 anni fa, intonando “Jesus Christ you are my life”, l’inno della Gmg del 2000, e l’inno del Viaggio, il Papa evidenzia l’invito, per tutti “a rinnovare nella fede la forza della nostra testimonianza”. Con l’entusiasmo di Sant’Andrea, che favorisce l’incontro del fratello san Pietro con Gesù, e lo zelo di Giovanni il Battista che porta al Signore lo stesso Andrea e Giovanni l’apostolo. E infine la predicazione calorosa di Sant’Ambrogio, che conduce a Cristo Sant’Agostino.

Carissimi, se vogliamo davvero essere di aiuto alle persone che incontriamo, vigiliamo su noi stessi, come ci raccomanda il Vangelo: coltiviamo la nostra fede con la preghiera e i Sacramenti, viviamola coerentemente nella carità, gettiamo via – come ci ha detto San Paolo nella seconda Lettura – le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.

Il palco dell'altare durante la Santa Messa (@Vatican Media)

Tenersi pronti con l’impegno sincero di una vita buona

Riferendosi al Vangelo di Matteo, proposto dalla Liturgia, Leone XIV, invita tutti i fedeli a tenersi pronti “con l’impegno sincero di una vita buona, come ci insegnano i numerosi modelli di santità di cui è ricca la storia di questa terra”.

La comunione tra le diverse tradizioni liturgiche cattoliche

Tornando all’immagine dei tre ponti, il Pontefice sottolinea che il primo legame di comunione che ha bisogno di “manutenzione”, per non essere indebolito dal tempo e perché le fondamenta restino salde, è quello delle quattro diverse tradizioni liturgiche presenti nella Chiesa che è in Turchia: latina, armena, caldea e sira, “ciascuna apportatrice di una propria ricchezza a livello spirituale, storico e di vissuto ecclesiale”

La condivisione di tali differenze può mostrare in modo eminente uno dei tratti più belli del volto della Sposa di Cristo: quello della cattolicità che congiunge.

L’invito di Papa Leone è di chiedere a Dio il dono di cementare questa unità attorno all’altare, ma sforzarsi poi di realizzarla nella storia.

Fedeli partecipanti alla Messa nella Volkswagen Arena (@Vatican Media)

Rinnoviamo oggi il nostro “sì” all’unità tra i cristiani

Il secondo vincolo di comunione, suggerito dalla liturgia, è quello ecumenico, ricorda il Pontefice, che saluta “con viva riconoscenza” tutti i rappresentanti delle altre Confessioni cristiane presenti. E fa riferimento alla preghiera a Iznik, l’antica Nicea, per la commemorazione dei 1700 del primo Concilio ecumenico della storia.

Anche questa è una via lungo la quale da tempo camminiamo insieme, e di cui fu grande promotore e testimone San Giovanni XXIII, legato a questa terra da vincoli intensi di affetto reciproco.

Papa Leone XIV, dopo aver chiesto, con le parole di Papa Giovanni nel discorso di apertura del Concilio Vaticano II “che si compia il grande mistero” dell’unità chiesta da Cristo al padre prima del suo sacrificio, rinnova con tutta la Chiesa il nostro “sì” all’unità, «perché tutti siano una sola cosa» “ut unum sint”

Rappresentanti delle altre Confessioni cristiane presenti alla Celebrazione (@Vatican Media)

No alla fede usata per la guerra. "Chi non ama, non conosce Dio"

L’ultimo legame, prosegue il Pontefice, richiamato dalla Parola, è “quello con gli appartenenti a comunità non cristiane”. Viviamo, sottolinea, “in un mondo in cui troppo spesso la religione è usata per giustificare guerre e atrocità”. Ma noi però sappiamo che, come ricorda il Concilio Vaticano II nella Dichiarazione Nostra Aetate, “l’atteggiamento dell’uomo verso Dio Padre e quello dell’uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice, nella prima lettera di Giovanni: ‘Chi non ama, non conosce Dio’”

Perciò vogliamo camminare insieme, valorizzando ciò che ci unisce, demolendo i muri del preconcetto e della sfiducia, favorendo la conoscenza e la stima reciproca, per dare a tutti un forte messaggio di speranza e un invito a farsi “operatori di pace”

Sono valori che Leone XIV invita a trasformare in propositi per il tempo di Avvento e la propria vita, perché “I nostri passi si muovono come su un ponte che unisce la terra al Cielo e che il Signore ha steso per noi”. La richiesta finale è quella di tenere gli occhi fissi sulle due sponde del ponte “per amare con tutto il cuore Dio e i fratelli, per camminare insieme e per poterci ritrovare, un giorno, tutti, nella casa del Padre”.
(fonte: Vatican News, articolo di Alessandro Di Bussolo 29/11/2025)

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OMELIA DI LEONE XIV


Cari fratelli e sorelle,

celebriamo questa Santa Messa nella vigilia del giorno in cui la Chiesa ricorda Sant’Andrea, Apostolo e Patrono di questa terra. E nello stesso tempo iniziamo l’Avvento, per prepararci a rivivere, nel Natale, il mistero di Gesù, Figlio di Dio, «generato, non creato, della stessa sostanza del Padre» (Credo niceno-costantinopolitano), come 1700 anni fa hanno solennemente dichiarato i Padri riuniti in Concilio a Nicea.

In questo contesto, la Liturgia ci propone, nella prima Lettura (cfr Is 2,1-5), una delle pagine più belle del libro del profeta Isaia, dove risuona l’invito rivolto a tutti i popoli a salire al monte del Signore (cfr v. 3), luogo di luce e di pace. Vorrei allora che meditassimo sul nostro essere Chiesa, soffermandoci su alcune immagini contenute in questo testo.

La prima è quella del “monte elevato sulla cima dei monti” (cfr Is 2,2). Essa ci ricorda che i frutti dell’agire di Dio nella nostra vita non sono un dono solo per noi, ma per tutti. La bellezza di Sion, città sul monte, simbolo di una comunità rinata nella fedeltà che diventa segno di luce per uomini e donne di ogni provenienza, ci rammenta che la gioia del bene è contagiosa. Ne troviamo conferma nella vita di molti Santi. San Pietro incontra Gesù grazie all’entusiasmo di suo fratello Andrea (cfr Gv 1,40-42), che a sua volta, assieme a Giovanni apostolo, è condotto al Signore dallo zelo di Giovanni il Battista. Sant’Agostino, secoli dopo, giunge a Cristo grazie alla predicazione calorosa di Sant’Ambrogio, e così molti altri.

In tutto questo c’è un invito, anche per noi, a rinnovare nella fede la forza della nostra testimonianza. San Giovanni Crisostomo, grande Pastore di questa Chiesa, parlava del fascino della santità come di un segno più eloquente di tanti miracoli. Diceva: «Il prodigio avviene e passa, ma la vita cristiana resta e continuamente edifica» (Commento al Vangelo di San Matteo, 43, 5), e concludeva: «Vigiliamo dunque su noi stessi, per avvantaggiare anche gli altri» (ibid.). Carissimi, se vogliamo davvero essere di aiuto alle persone che incontriamo, vigiliamo su noi stessi, come ci raccomanda il Vangelo (cfr Mt 24,42): coltiviamo la nostra fede con la preghiera, con i Sacramenti, viviamola coerentemente nella carità, gettiamo via – come ci ha detto San Paolo nella seconda Lettura – le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce (cfr Rm 13,12). Il Signore, che attendiamo glorioso alla fine dei tempi, viene ogni giorno a bussare alla nostra porta. Teniamoci pronti (cfr Mt 24,44) con l’impegno sincero di una vita buona, come ci insegnano i numerosi modelli di santità di cui è ricca la storia di questa terra.

La seconda immagine che ci viene dal profeta Isaia è quella di un mondo in cui regna la pace. Egli lo descrive così: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra» (Is 2,4). Quanto sentiamo urgente, oggi, questo richiamo! Quanto bisogno di pace, di unità e di riconciliazione c’è attorno a noi, e anche in noi e tra noi! Come possiamo contribuire a rispondere a tale domanda?

Ci facciamo aiutare, per capirlo, dal “logo” di questo viaggio, in cui uno dei simboli scelti è quello del ponte. Tale immagine può farci pensare anche al famoso grande viadotto che in questa città, attraversando lo stretto del Bosforo, unisce due continenti: Asia ed Europa. Ad esso, col tempo, si sono aggiunti altri due passaggi, cosicché attualmente i punti di congiunzione tra le due sponde sono tre. Tre grandi strutture di comunicazione, di scambio, di incontro: imponenti a vedersi, eppure tanto piccole e fragili, se paragonate agli immensi territori che collegano.

Il loro triplice stendersi attraverso lo Stretto ci fa pensare all’importanza dei nostri sforzi comuni per l’unità a tre livelli: dentro la comunità, nei rapporti ecumenici con i membri delle altre Confessioni cristiane e nell’incontro con i fratelli e le sorelle appartenenti ad altre religioni. Prenderci cura di questi tre ponti, rafforzandoli e ampliandoli in tutti i modi possibili, è parte della nostra vocazione ad essere città costruita sul monte (cfr Mt 5,14-16).

Prima di tutto, come dicevo, all’interno di questa Chiesa sono presenti ben quattro diverse tradizioni liturgiche – latina, armena, caldea e sira –, ciascuna apportatrice di una propria ricchezza a livello spirituale, storico e di vissuto ecclesiale. La condivisione di tali differenze può mostrare in modo eminente uno dei tratti più belli del volto della Sposa di Cristo: quello della cattolicità che congiunge. L’unità che si cementa attorno all’Altare è dono di Dio, e come tale è forte e invincibile, perché è opera della sua grazia. Al tempo stesso, però, la sua realizzazione nella storia è affidata a noi, ai nostri sforzi. Per questo, come i ponti sul Bosforo, ha bisogno di cura, di attenzione, di “manutenzione”, perché il tempo e le vicissitudini non ne indeboliscano le strutture e perché le fondamenta restino salde. Con gli occhi rivolti al monte della promessa, immagine della Gerusalemme del Cielo, che è nostra meta e madre (cfr Gal 4,26), mettiamo allora ogni impegno a favorire e rafforzare i legami che ci uniscono, per arricchirci reciprocamente ed essere davanti al mondo segno credibile dell’amore universale e infinito del Signore.

Un secondo vincolo di comunione che questa liturgia ci suggerisce è quello ecumenico. Lo attesta anche la partecipazione dei Rappresentanti di altre Confessioni, che saluto con viva riconoscenza. La stessa fede nel Salvatore, infatti, ci unisce non solo tra noi, ma con tutti i fratelli e le sorelle appartenenti ad altre Chiese e Comunità cristiane. Lo abbiamo sperimentato ieri, nella preghiera a İznik. Anche questa è una via lungo la quale da tempo camminiamo insieme, e di cui fu grande promotore e testimone San Giovanni XXIII, legato a questa terra da vincoli intensi di affetto reciproco. Perciò, mentre chiediamo, con le parole di Papa Giovanni, che «si compia il grande mistero di quell’unità che Cristo Gesù con ardentissime preghiere ha chiesto al Padre Celeste nell’imminenza del suo sacrificio» (Discorso di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962, 8.2), rinnoviamo, oggi, il nostro “sì” all’unità, «perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21), “ut unum sint”.

Un terzo legame a cui ci richiama la Parola di Dio è quello con gli appartenenti a comunità non cristiane. Viviamo in un mondo in cui troppo spesso la religione è usata per giustificare guerre e atrocità. Noi però sappiamo che, come afferma il Concilio Vaticano II, «l’atteggiamento dell’uomo verso Dio Padre e quello dell’uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice: “Chi non ama, non conosce Dio” (1Gv 4,8)» (Dich. Nostra aetate, 5). Perciò vogliamo camminare insieme, valorizzando ciò che ci unisce, demolendo i muri del preconcetto e della sfiducia, favorendo la conoscenza e la stima reciproca, per dare a tutti un forte messaggio di speranza e un invito a farsi «operatori di pace» (Mt 5,9).

Carissimi, facciamo di questi valori i propositi per il tempo di Avvento e ancor più per la nostra vita, sia personale che comunitaria. I nostri passi si muovono come su un ponte che unisce la terra al Cielo e che il Signore ha steso per noi. Teniamo sempre gli occhi fissi sulle sue sponde, per amare con tutto il cuore Dio e i fratelli, per camminare insieme e per poterci ritrovare, un giorno, tutti, nella casa del Padre.

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