martedì 4 novembre 2025

Leone XIV nella messa in suffragio di Papa Francesco e dei cardinali e vescovi defunti nell’anno: «Non siamo tristi come chi è senza speranza» (cronaca/commento, testi e video)

SANTA MESSA IN SUFFRAGIO DEL DEFUNTO ROMANO PONTEFICE FRANCESCO
E DEI CARDINALI E VESCOVI DEFUNTI NEL CORSO DELL’ANNO
CAPPELLA PAPALE
Basilica di San Pietro
Lunedì, 3 novembre 2025

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Leone XIV nella messa in suffragio di Papa Francesco e dei cardinali e vescovi defunti nell’anno

«Non siamo tristi
come chi è senza speranza»


«L’amato Papa Francesco e i fratelli Cardinali e Vescovi per i quali oggi offriamo il Sacrificio eucaristico... il Signore li ha chiamati e li ha costituiti quali pastori nella sua Chiesa». Leone XIV ha ricordato con queste parole il Pontefice argentino morto il Lunedì dell’Angelo lo scorso 21 aprile e i porporati e i presuli defunti nel corso dell’ultimo anno, nella messa di suffragio presieduta, lunedì 3 novembre, all’Altare della Cattedra della basilica Vaticana. 
Otto i cardinali deceduti tra ottobre 2024 e il mese appena concluso — Renato Raffaele Martino, il comboniano Miguel Ángel Ayuso Guixot, il salesiano Angelo Amato, il cappuccino Luis Pascual Dri, André Armand Vingt-Trois, Estanislao Esteban Karlic, Lucian Mureşan ed Edoardo Menichelli — e 134 tra arcivescovi e vescovi. Alla celebrazione erano presenti diversi presuli e cardinali, tra cui Giovanni Battista Re e Leonardo Sandri, decano e vicedecano del collegio, che si sono accostati all’altare al momento della preghiera eucaristica. Hanno concelebrato, tra gli altri, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, e Luciano Russo, segretario della Sezione per il personale di ruolo diplomatico della Segreteria di Stato. Con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede erano l’arcivescovo Edgar Peña Parra, sostituto, e monsignor Javier Domingo Fernández González, capo del Protocollo. La prima lettura, in francese, è stata tratta dal Libro del profeta Daniele (12, 1-3); la seconda, in inglese, dalla prima lettera di San Paolo ai Tessalonicesi (4, 13-18). Dopo la recita del Salmo 41-42, «L’anima mia ha sete del Dio vivente», è stato letto il Vangelo di Luca (24, 13-35). Durante la preghiera dei fedeli, sono state elevate tra le altre intenzioni per la riconciliazione di quanti sono segnati da odio, violenza e guerra, e per la misericordia verso quanti hanno scoperto l’amore di Dio solo in punto di morte. Il rito si è concluso con il canto dell’antifona mariana «Sub tuum praesidium» intonata dai cantori del coro della Cappella Sistina, che hanno animato l’intera liturgia, diretta dall’arcivescovo Diego Ravelli, maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie. 
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 03/11/2025)

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OMELIA DEL SANTO PADRE LEONE XIV


Carissimi fratelli Cardinali e Vescovi,
cari fratelli e sorelle!

Oggi rinnoviamo la bella consuetudine, in occasione della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, di celebrare l’Eucaristia in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi che ci hanno lasciato durante l’anno appena trascorso, e con grande affetto la offriamo per l’anima eletta di Papa Francesco, che è deceduto dopo aver aperto la Porta Santa e impartito a Roma e al mondo la Benedizione pasquale. Grazie al Giubileo tale celebrazione – per me la prima – acquista un sapore caratteristico: il sapore della speranza cristiana.

La Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci illumina. Anzitutto lo fa con una grande icona biblica che, potremmo dire, riassume il senso di tutto questo Anno Santo: il racconto lucano dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35). In esso si trova plasticamente rappresentato il pellegrinaggio della speranza, che passa attraverso l’incontro con Cristo risorto. Il punto di partenza è l’esperienza della morte, e nella sua forma peggiore: la morte violenta che uccide l’innocente e così lascia sfiduciati, scoraggiati, disperati. Quante persone – quanti “piccoli”! – anche ai nostri giorni subiscono il trauma di questa morte spaventosa perché sfigurata dal peccato. Per questa morte non possiamo e non dobbiamo dire “laudato si’”, perché Dio Padre non la vuole, e ha mandato il proprio Figlio nel mondo per liberarcene. È scritto: il Cristo doveva patire queste sofferenze per entrare nella sua gloria (cfr Lc 24,26) e donarci la vita eterna. Lui solo può portare su di sé e dentro di sé questa morte corrotta senza esserne corrotto. Lui solo ha parole di vita eterna (cfr Gv 6,68) – trepidanti lo confessiamo qui vicino al Sepolcro di San Pietro – e queste parole hanno il potere di far ardere nuovamente la fede e la speranza nei nostri cuori (cfr v. 32).

Quando Gesù prende il pane tra le sue mani che erano state inchiodate alla croce, pronuncia la benedizione, lo spezza e lo offre, gli occhi dei discepoli si aprono, nei loro cuori sboccia la fede e, con la fede, una speranza nuova. Sì! Non è più la speranza che avevano prima e che avevano perduto. È una realtà nuova, un dono, una grazia del Risorto: è la speranza pasquale.

Come la vita di Gesù risorto non è più quella di prima, ma è assolutamente nuova, creata dal Padre con la potenza dello Spirito, così la speranza del cristiano non è la speranza umana, non è né quella dei greci né quella dei giudei, non si basa sulla sapienza dei filosofi né sulla giustizia che deriva dalla legge, ma solo e totalmente sul fatto che il Crocifisso è risorto ed è apparso a Simone (cfr Lc 24,34), alle donne e agli altri discepoli. È una speranza che non guarda all’orizzonte terreno, ma oltre, guarda a Dio, a quell’altezza e profondità da dove è sorto il Sole venuto a rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte (cfr Lc 1,78-79).

Allora sì, possiamo cantare: «Laudato si’, mi Signore, per sora nostra morte corporale». [1] L’amore di Cristo crocifisso e risorto ha trasfigurato la morte: da nemica l’ha fatta sorella, l’ha ammansita. E di fronte ad essa noi «non siamo tristi come gli altri che non hanno speranza» ( 1 Ts 4,13). Siamo addolorati, certo, quando una persona cara ci lascia. Siamo scandalizzati quando un essere umano, specialmente un bambino, un “piccolo”, un fragile viene strappato via da una malattia o, peggio, dalla violenza degli uomini. Come cristiani siamo chiamati a portare con Cristo il peso di queste croci. Ma non siamo tristi come chi è senza speranza, perché anche la morte più tragica non può impedire al nostro Signore di accogliere tra le sue braccia la nostra anima e di trasformare il nostro corpo mortale, anche il più sfigurato, ad immagine del suo corpo glorioso (cfr Fil 3,21).

Per questo, i luoghi di sepoltura, i cristiani non li chiamano “necropoli”, cioè “città dei morti”, ma “cimiteri”, che significa letteralmente “dormitori”, luoghi dove si riposa, in attesa della risurrezione. Come profetizza il salmista: «In pace mi corico e subito mi addormento, / perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare» (Sal 4,9).

Carissimi, l’amato Papa Francesco e i fratelli Cardinali e Vescovi per i quali oggi offriamo il Sacrificio eucaristico, questa speranza nuova, pasquale, l’hanno vissuta, testimoniata e insegnata. Il Signore li ha chiamati e li ha costituiti quali pastori nella sua Chiesa, e col loro ministero essi – per usare il linguaggio del Libro di Daniele – hanno “indotto molti alla giustizia” (cfr Dn 12,3), cioè li hanno guidati sulla via del Vangelo con la saggezza che viene da Cristo, il quale è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione (cfr 1Cor 1,30). Possano le loro anime essere lavate da ogni macchia ed essi risplendere come stelle nel cielo (cfr v. 3). E a noi, ancora pellegrini sulla terra, giunga nel silenzio della preghiera il loro spirituale incoraggiamento: «Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio» (Sal 42,6.12).

[1] S. Francesco d’Assisi, Cantico di frate sole.

Guarda il video

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Il Papa a Santa Maria Maggiore 
per pregare alla tomba di Francesco

Sulla strada verso Castel Gandolfo, Leone XIV ha voluto fermarsi nella Basilica liberiana e rendere omaggio al predecessore. In mattinata il Pontefice aveva celebrato una Messa in suffragio del Papa argentino e dei cardinali e vescovi defunti nel corso dell'anno

Papa Leone XIV depone dei fiori sulla tomba di Papa Francesco

Prima di recarsi a Castel Gandolfo, per la ormai consueta giornata di riposo settimanale, Papa Leone XIV ha voluto fermarsi intorno alle 20.05 di questa sera nella Basilica di Santa Maria Maggiore per pregare davanti alla tomba di Papa Francesco. Sul marmo - dove è sempre presente una rosa bianca, in ricordo di Santa Teresina, presenza costante nella vita di Jorge Mario Bergoglio - Papa Leone si è inginocchiato e ha deposto un mazzo di rose bianche. Un omaggio, dunque, al predecessore sepolto tra la Cappella Sforza e la Cappella Paolina, quella che ospita l'icona della Salus Populi Romani tante volte visitata dal Pontefice argentino, prima e dopo ogni viaggio internazionale o ricovero ospedaliero.

Dinanzi all'icona mariana, anche Papa Leone si è fermato questa sera a pregare - come informa la Sala Stampa della Santa Sede - per poi lasciare Santa Maria Maggiore intorno alle 20.15 e proseguire la strada verso Castel Gandolfo.

Papa Leone XIV alla tomba di Papa Francesco

La Messa in suffragio di Francesco

Proprio la mattina Leone XIV aveva celebrato all'Altare della Cattedra della Basilica vaticana la Messa in suffragio di Francesco e dei cardinali e vescovi defunti nel corso dell'ultimo anno. Con "grande affetto" il Papa ha offerto la Messa a Francesco che, ha detto nell'omelia, "è deceduto dopo aver aperto la Porta Santa e impartito a Roma e al mondo la Benedizione pasquale. Grazie al Giubileo tale celebrazione – per me la prima – acquista un sapore caratteristico: il sapore della speranza cristiana". Questa speranza, ha sottolineato il Pontefice in un altro passaggio della sua riflessione, Papa Francesco e gli altri porporati e presuli scomparsi in questi mesi "l’hanno vissuta, testimoniata e insegnata".

Le altre visite alla tomba a Santa Maria Maggiore

Già il 10 maggio scorso, due giorni dopo la sua elezione sul Soglio di Pietro, Papa Leone - di ritorno quel giorno dal Santuario di Genazzano - si era recato alla tomba con la scritta "Franciscus", visitata ogni giorno da numerosi fedeli e pellegrini. Quel pomeriggio il Papa neo eletto aveva deposto dei fiori sulla lapide e sostato alcuni istanti in preghiera. Lo stesso aveva fatto poi il 22 giugno, dopo la processione per la Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo da San Giovanni in Laterano alla Basilica liberiana.

La preghiera davanti all'icona della Salus Populi Romani
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 03/11/2025)

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