martedì 21 ottobre 2025

“La verità non si imbavaglia”: l’appello di don Ciotti dopo l'attentato a Ranucci

“La verità non si imbavaglia”:
l’appello di don Ciotti dopo l'attentato a Ranucci

La solidarietà di don Luigi Ciotti al giornalista di Report: «Difendere chi cerca la verità è difendere la democrazia»


Due auto che bruciano nella notte sotto casa del giornalista Sigfrido Ranucci, conduttore di Report. La sua e quella della figlia. È l’ultima, inquietante minaccia contro chi fa informazione libera e senza compromessi.
Un episodio che ha scosso il Paese, suscitando una vasta ondata di solidarietà dal mondo politico, civile ed ecclesiale. Tra le voci più forti e lucide, quella di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera del Gruppo Abele, da sempre in prima linea per la giustizia sociale e la tutela di chi cerca e racconta la verità.

«L'attentato a Sigfrido Ranucci è un fatto grave prima di tutto perché ha messo a rischio la sua vita e quella della figlia. La preoccupazione per la loro incolumità è il tema centrale. Ma il secondo tema ci riguarda tutti da vicino.

Vediamo un'intimidazione violenta nei confronti di un giornalista con la schiena dritta, abituato a cercare la verità fuori da qualsiasi condizionamento. Questo tipo di giornalismo svolge un servizio enorme nei confronti della democrazia. Un'informazione seria, approfondita e indipendente è infatti l'unica in grado di assicurare ai cittadini e alle cittadine quegli strumenti di consapevolezza che possono orientarli nella partecipazione alla vita pubblica, dal voto alle piccole e grandi scelte quotidiane in ambito economico, sociale ecc.

Ecco perché dico che chi colpisce Ranucci, sta colpendo tutti noi. Tutti dobbiamo sentirci in pericolo, perché minacciare l'informazione, cercare di metterle un bavaglio, significa attentare alla nostra capacità di capire e decidere.

Le doti professionali di Sigfrido Ranucci, e del prezioso staff che lo affianca, non sono in discussione. Eppure non è per la bravura che hanno voluto colpirlo. È per l'etica. Per la fedeltà a un'idea di giornalismo che non si piega alle convenienze, ai conflitti di interesse, al desiderio di "piacere a tutti".

L'etica nell'informazione è garanzia di un racconto onesto dei fatti e di una ricerca sempre coraggiosa della verità.

Questa verità Sigfrido e i suoi colleghi e colleghe hanno continuato a cercarla anche quando diventava scomoda, perché li metteva in difficoltà di fronte a certi poteri, o li esponeva a ritorsioni sul piano politico e giudiziario.

Oggi siamo noi che dobbiamo metterci "scomodi" e interrogarci, come comunità di lettori, telespettatori e fruitori dell'informazione. Questo atto violento è un terribile campanello d'allarme: deve farci sentire più responsabili nei confronti di chi ogni giorno si spende per offrirci strumenti di lettura della realtà non viziati da interessi di parte, sensazionalismi o obiettivi di mero guadagno.

Siamo ancora in grado di riconoscere e sostenere le iniziative editoriali di valore, di investirci attenzioni, fiducia e risorse?

La qualità del giornalismo ha un costo. E questo costo non lo possono pagare i giornalisti sulla propria pelle, come accade purtroppo spesso nelle zone di guerra, o come è accaduto in Italia ad alcuni bravi cronisti che studiavano il crimine organizzato. A quarant'anni esatti dalla morte di Giancarlo Siani, quella storia torna di stretta attualità. Ma vogliamo che abbia un finale diverso», conclude don Luigi Ciotti.

Le parole del fondatore di Libera suonano come un richiamo collettivo. L’attacco a Sigfrido Ranucci non riguarda solo un uomo o una redazione: riguarda il diritto di tutti a conoscere la verità. Difendere chi fa informazione libera e coraggiosa significa difendere la democrazia stessa.
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Luca Cereda 18/10/2025)