martedì 28 ottobre 2025

Francesco, un Papa fatto popolo

Francesco, un Papa fatto popolo

A sei mesi dal dies natalis di Francesco, ripercorriamo la strada che ha tracciato con la sua testimonianza e il suo magistero


Adriano Levi e don Tonino Bello hanno definito Oscar Arnulfo Romero, “un vescovo fatto popolo”, per esprimere la vicinanza ma soprattutto la conversione e la compenetrazione dell’arcivescovo di San Salvador con la vita e la sofferenza del popolo che gli era stato affidato, oppresso dalla dittatura al potere in El Salvador durante il suo ministero.

Se la CEI ha voluto istituire nel 1992 la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri fissando la data del 24 marzo, anniversario dell’uccisione di Romero, avvenuta nel 1980, abbiamo dovuto attendere il primo Papa sudamericano, perché l’arcivescovo di San Salvador fosse beatificato e poi canonizzato il 14 ottobre 2018 come martire per la fede.

Domenica 20 aprile 2025 – Pasqua di Resurrezione – Papa Francesco, debilitato dalla malattia che lo aveva costretto al ricovero e a un delicato decorso nei precedenti due mesi, aveva voluto affacciarsi alla loggia centrale della basilica di San Pietro per la benedizione Urbi et Orbi (la messa era stata celebrata dal cardinale Angelo Comastri). Subito dopo, a sorpresa, era sceso in piazza in papamobile per quello che sarebbe stato il suo ultimo saluto e il suo ultimo abbraccio con i fedeli, con quel popolo al quale era visceralmente legato.

Questa immagine, conclusiva del suo pontificato e del suo pellegrinaggio terreno, che si sarebbe concluso il giorno dopo, ci propone di definire Francesco, non meno dell’arcivescovo sudamericano da lui canonizzato, come “un Papa fatto popolo”.

A sei mesi dal suo dies natalis, vorrei proporvi un excursus sulla sua testimonianza e sul suo magistero, ripercorrendo un servizio televisivo che ritengo prezioso: quello che è andato in onda su Rai Uno il 25 aprile 2025 (vedi qui).

Francesco è venuto “dalla fine del mondo”. Alla Villa 21, a Barracas è cambiato poco da quando “Jorge” se n’è andato, sono case di una periferia di Buenos Aires, alla cui mensa dei poveri si recava a mangiare tutti i venerdì, dopo aver detto messa alla vergine di Caacupé, per poi immergersi nelle strade e nelle case della gente. Diceva sempre una frase: voleva una “Chiesa di strada, non chiusa nei templi ma che esce per le strade”. Lucas Schaerer racconta: “mi ha insegnato ad organizzare la speranza. Ha lavorato molto nelle periferie di Buenos Aires, sia quelle dei quartieri, sia quelle sia quelle esistenziali. Combatteva contro la tratta degli esseri umani, denunciava la schiavitù dell’industria della moda e dello sfruttamento della prostituzione. Tanto lavoro con i migranti. Era incredibile vedere un cardinale che usciva dalla cattedrale e andava a battezzare in una mensa per i poveri in periferia o a celebrare per la strada davanti ad un laboratorio clandestino che aveva preso fuoco. È stato il primo Papa ad organizzare un convegno sulla tratta degli esseri umani nel 2013 a Roma”.

Il suo popolo: Antonella Capeto racconta come nel maggio del 2016 Papa Francesco si è presentato “portando le pastarelle” e condividendo la merenda con gli ospiti disabili attivi nel laboratorio di ceramica dell’Arca – Comunità il Chicco, a Ciampino. Nel 2015 per il Giubileo della Misericordia Papa Francesco aprì la prima Porta Santa al di fuori di una basilica, scelse l’ostello della Caritas alla Stazione Termini di Roma. “Nessuno si salva da solo”. “Goccia di marsala” è il mensile dei senzatetto: tutti hanno incontrato Francesco e vogliono ricordarlo. Giustino Trincia, direttore della Caritas di Roma, ricorda come fu lui, durante la pandemia, a disporre una donazione di 500mila euro, per assicurare dei sussidi a persone tagliate fuori da ogni forma di reddito, lanciò un appello ad aprire le case, le parrocchie e gli istituti religiosi per accogliere i senzatetto. A Corviale, periferia est di Roma, “periferia esistenziale”, Francesco nell’aprile 2018 risponde al piccolo Emanuele Balderi di 8 anni: “tuo padre non è all’inferno, anche se non credente, Dio è un padre, non un giudice”.

Tra gli ultimi: 16 volte Papa Francesco è entrato in carcere. A Casal del Marmo già pochi giorni dopo le elezioni per lavare i piedi ai ragazzi il Giovedì Santo. Il suo primo viaggio apostolico è a Lampedusa: “la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere”. “Perché loro e non io? Il rischio di sbagliare è di tutti”: ogni Giovedì Santo tornerà in carcere, ad inginocchiarsi e a denunciare storture ed ingiustizie. Bisogna dare giustizia alla vittima, non giustiziare l’aggressore. Don Mattia Ferrari, cappellano della nave Mediterranea Saving Humans, dirà: “La crisi migratoria è una conseguenza della crisi globale e chiama in causa una fraternità che si è rotta. Il suo magistero ha aperto una strada da percorrere con le sue parole e i suoi gesti”. Tra i tanti viaggi apostolici due volte visitò i campi profughi a Lesbo. La prima volta ha voluto portare indietro con sé sull’aereo come ricordano Wafa Eid e Susanna Pompei della Comunità di Sant’Egidio tanti rifugiati quanti ne permetteva l’aereo, grazie all’apertura dei Corridori Umanitari. Una delle Porte Sante aperte nel Natale 2024 per questo Giubileo è stata spalancata nel Carcere di Rebibbia, per dimostrare plasticamente l’apertura delle porte del cuore alla speranza. Ancora qui, nel carcere, a Regina Coeli, si è recato l’ultimo Giovedì Santo, poco prima di morire. Lo ricorda Claudia Clementi, direttore della Casa Circondariale.

La guerra dei bambini: Palestina, Ucraina, Siria, Sudan, Myanmar, Siria. Francesco ricorda tutte le guerre. Non è guerra, è crudeltà bombardare i bambini. È Gaza il cuore del Pontificato di Francesco, qui avrebbe desiderato fare il suo ultimo viaggio, per stare vicino al suo popolo; ogni sera telefonava alla parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza.

Casa, lavoro, terra: esiste un vero e proprio diritto dell’ambiente. L’uomo può sopravvivere solo se l’ambiente è favorevole. Ogni danno all’ambiente è un danno all’intera umanità. Con questo discorso il 27 settembre 2015 davanti all’ONU, la difesa del Creato, della “Casa comune” sarà al centro di tutto il suo operato. Per la prima volta nella storia della Chiesa è convocato nel 2019 un Sinodo per l’Amazzonia, al centro del disastro ecologico con la deforestazione, l’estrazione del petrolio e lo sfruttamento dell’industria agroalimentare, per far sentire la voce dei popoli che la abitano. La condanna di Papa Francesco è senza appello: quando senza amore e senza rispetto si divorano popoli e culture non è il fuoco di Dio ma il fuoco del mondo, appiccato da interessi che distruggono. Anche in Campania, nella storica visita nella Terra dei fuochi denuncerà. La Laudato si’ la sua grande eredità. La Laudate Deum 8 anni dopo, un rinnovato appello ai governi che ancora non si muovono. I suoi viaggi, accanto alle popolazioni vittime dei disastri climatici: l’abbraccio in Mozambico dopo il ciclone che aveva inondato intere città e alle isole Mauritius colpite dal disastro della petroliera. L’appello ai giovani a farsi coscienza critica della società per la questione climatica.

Ponti e muri. “Lo sportivista”: don Luigi Portaruolo, dal Vaticano alla comunità italiana di New York, testimonia la vicinanza paterna di Papa Francesco. La sua idea di una “Chiesa in uscita” che va incontro alla gente è stata a volte ostacolata. L’attenzione ai migranti, l’apertura alle persone LGBTQ+, sono state criticate da chi ha visto le sue indicazioni come una direzione verso una Chiesa interessata al sociale a discapito della dimensione spirituale. Lui ha affermato che chi vuole costruire muri invece di ponti non è cristiano. La cultura dello scarto è stata da lui denunciata. Questo lo ha portato in contrasto con Trump e la sua linea dura con i migranti.

Dialogo globale: il dialogo con le religioni, come nel cuore dell’Asia a Giacarta in Indonesia. Il “tunnel dell’amicizia” un simbolo che passa sotto la strada per unire la Moschea alla Cattedrale cattolica. In Mongolia, grande cinque volte l’Italia, i cattolici sono lo 0,4%, Francesco è arrivato anche qui, tra i Buddisti tibetani, incontro interreligioso. Francesco: le nostre tradizioni religiose sono vie per combattere individualismo, esclusione, indifferenza e violenza. La preghiera al Muro del Pianto il 2014, chiedendo la grazia della pace. Nessuno strumentalizzi per la violenza il nome di Dio. Lavoriamo insieme per costruire la giustizia e la pace.

Il grido dell’Africa: nel febbraio del 2023 a Kinshasa in Congo Francesco denuncia il dramma dello sfruttamento per i diamanti insanguinati. Nessuno aveva usato parole tanto forti come lui e nessuno era stato tanto vicino a queste popolazioni. Avrebbe voluto andare a Goma ma per motivi di sicurezza non era stato possibile. Nel 2015 aveva aperto la Porta Santa nel Giubileo della Misericordia nella Repubblica Centrafricana. Ha visitato 7 paesi in 4 viaggi in Africa. Indimenticabile il suo gesto in Vaticano quando baciò i piedi ai responsabili delle fazioni del Sud Sudan per chiedere la pace e la riconciliazione.

La Chiesa è donna: ogni società ha il bisogno di accogliere il dono della donna, di rispettarla, custodirla, valorizzarla, sapendo che chi ferisce una sola donna profana Dio nato da donna. Piaga di questo tempo: la donna è usata, sul lavoro e non solo. Uno sguardo sul mondo femminile che Francesco trasforma in denuncia della violenza di genere in tutte le sue forme e declinazioni: dalla quelle in famiglia a quelle sul mondo di lavoro; da quelle di chi scappa dai luoghi più poveri del mondo a quelle nei confronti delle religiose, ai femminicidi. La Chiesa è donna, è madre, le prime testimoni della Resurrezione sono le donne; uno dei peccati che abbiamo commesso è stato quello di “maschilinizzare” la Chiesa. Non c’è Chiesa senza pensiero femminile. Marinella Perroni, teologa, ne parla. Alle donne Francesco ha riconosciuto di gestire le cose in situazioni difficili meglio degli uomini. Per suor Raffaella Perrini si sono aperte le porte del Governatorato dello Stato Pontificio, suor Simona Brambilla è la prima Prefetta donna, suor Natalie Becquart sottosegretaria del Sinodo dei Vescovi, Barbara Iatta, storica dell’arte, alla guida dei musei Vaticani. Sul diaconato e sul sacerdozio femminile nessuna apertura. Più volte è tornato sulla formazione delle suore.

L’eredità. Per Vito Mancuso Papa Francesco è il “teologo della teopatia”: non ha pensato Dio, lo ha patito. Quale eredità lascia Papa Bergoglio? L’amore per la gente, l’amore per il mondo. Non è stato un uomo di Chiesa ma del mondo, non in senso mondano ma con la passione di voler abbracciare la gente. La sua immediatezza dava fastidio a qualcuno. Le ultime sue parole sono state: “grazie per avermi portato in piazza”. Uno “sperimentatore della socialità”. Bellissima l’immagine della Chiesa non come maestra ma come “ospedale da campo”. Quando diceva: “i preti devono avere l’odore delle pecore” voleva dire: i preti devono farsi vicini alla gente”. Francesco ci lascia la passione, l’essere appassionato.

Intenet dono di Dio: è stato lui il Pontefice della transizione al nuovo mondo dell’intelligenza artificiale. Nel 2019 pronuncia per la prima volta la parola “algoretica”. L’intelligenza artificiale potrebbe portare con sé una più grande differenza tra le popolazioni favorendo la cultura dello scarto rispetto alla cultura dell’incontro. Per padre Paolo Benati il suo richiamo profondo alla giustizia sociale e a non scordare il richiamo al sud del mondo deve guidare il discernimento nelle singole situazioni. Si è messo nel mondo multimediale con autoironia. Al G7 di Borgo Egnazia parla a tutto il mondo dando il messaggio in cui separa la scelta delle macchine dalla decisione dell’umano e in cui esprime un monito nei confronti delle armi autonome.

L’addio. Alle ore 7:35 del 21 aprile 2025 Papa Francesco è tornato alla Casa del Padre. Papa Francesco ha scelto di essere posto nella Basilica di Santa Maria Maggiore nella nuda terra, con una semplice scritta: “Franciscus”.

El Papa Divertido. Siete alleati del sogno di Dio. Francesco amava il tango. In mezzo alla società, agli attori, ai musicisti, ai cantanti. Non dimenticatevi dei poveri, voi potete farvi interpreti del loro grido silenzioso. Alla Biennale di Venezia, la prima volta per un Papa, l’idea di allestire il padiglione della Santa Sede nel carcere della Giudecca. Ridere e far ridere, un dono di cui mai essere avari, una battaglia culturale, l’ironia è una grazia straordinaria. Grazie. Addio Papa Francesco. Continueremo a sentirti vicino, tu che sei stato “un Papa fatto popolo”.
(fonte: Vino Nuovo, aricolo di Alessandro Manfridi 21/10/2025)