martedì 12 agosto 2025

È lotta tra logica e fanatismo Ora palestinesi e israeliani hanno lo stesso nemico, Netanyahu


È lotta tra logica e fanatismo 
Ora palestinesi e israeliani 
hanno lo stesso nemico, Netanyahu
di Anna Foa


E così, alla fine, è successo: il governo israeliano ha deciso quella che è in sostanza una rioccupazione di Gaza e il trasferimento di un milione di palestinesi da Gaza City, con un prolungamento della guerra non quantificato, ma come ha aggiunto ieri Benjamin Netanyahu in una conferenza stampa per i giornalisti stranieri, «breve».

Mentre scrivo, le strade delle città israeliane si sono riempite di manifestanti che chiedono la pace, la liberazione degli ostaggi, la fine del massacro dei palestinesi. Ovunque, a Tel Aviv e a Gerusalemme, nelle altre città del Paese, piccole e grandi, a maggioranza ebraica o araba. La decisione del governo ha scosso tutto il Paese. Le famiglie degli ostaggi, di fronte al loro abbandono nel momento in cui non c’è più tempo per salvarli, hanno lanciato la proposta dello sciopero generale. La madre di un ostaggio ha detto a Netanyahu che se ci sarà la conquista di Gaza e gli ostaggi verranno assassinati, «vi daremo la caccia nelle piazze, alle elezioni, in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento». Se Hamas non fosse guidato da terroristi non dissimili da quelli che stanno al governo in Israele, se volesse davvero vincere la guerra della propaganda, li libererebbe subito tutti senza condizioni. A che servono degli ostaggi se chi li dovrebbe voler liberare non se ne cura e anzi li condanna a morte?

Si moltiplicano i video che ci mostrano ragazze e ragazzi giovanissimi che rifiutano di andare a compiere crimini a Gaza. Si citano i numeri, angosciosissimi, dei soldati suicidi. Si leva alta la voce di chi invita a disobbedire agli ordini ingiusti. Prima della funesta decisione di Netanyahu, si erano levate le voci degli esperti, gli ex dirigenti dell’esercito e dei servizi segreti. E per ultimo, l’esercito si era opposto alla prospettiva di continuare questa guerra, creando con il governo una spaccatura difficilmente sanabile. Il capo di stato maggiore, Eyal Zamir, ha detto, sembra, che questa decisione trascinerà Israele in un «buco nero». Non è certo un uomo di sinistra, è stato messo al suo posto dallo stesso Netanyahu.

Intanto non si ferma la mattanza dei civili a Gaza. Continuano ad essere uccisi quanti attendono di raggiungere un po’ di cibo, se dall’Idf, dai contractors o dalle bande che rubano il cibo poco importa a chi cade mentre porge una scodella vuota. Bambini e adulti arrivano in ospedale moribondi per la fame, e a curarli sono medici e infermieri altrettanto affamati.

Questa ultima tappa di questa immane tragedia ha riunificato, mi sembra, le varie anime dell’opposizione al governo, quanti hanno a lungo rimosso le sofferenze dei palestinesi privilegiando la terribile situazione degli ostaggi e ora marciano nelle manifestazioni reggendo in una mano le foto dei bambini di Gaza, nell’altra quelle degli ostaggi moribondi; l’anima di chi ha a lungo approvato la guerra pensando che servisse a liberarsi di Hamas e quella che vi ha visto da subito, o quasi, una terribile vendetta attuata sugli innocenti. Il cambiamento dello stato d’animo è iniziato con l’uccisione dei bambini, con l’arresto degli aiuti e la carestia, ed ora sembra arrivato ad una svolta in cui ebrei e palestinesi possono pensare di combattere lo stesso nemico. Forse durerà, sempre che Netanyahu non partorisca qualche altra idea di morte.

Intanto, neanche questo basta ai suoi ministri più estremisti. Smotrich minaccia di lasciare il governo perché vede nelle dichiarazioni di Netanyahu una possibilità di fare marcia indietro su questa decisione. È il ministro che vuole bloccare ogni aiuto a Gaza, il fanatico che vuole fondare il sistema politico israeliano sulla Torah, come l’Iran lo fonda sulla sharia.

Per il momento, pesa anche la reazione internazionale, quella dell’Onu, della UE, dei tanti Paesi che hanno condannato la decisione israeliana. Netanyahu ha risposto in una conferenza stampa rivolta ai giornalisti stranieri, gli stessi a cui, insieme con quelli israeliani, è stato finora proibito l’accesso a Gaza. Vi ha di fatto ribadito le sue posizioni, giustificandole con la necessità di combattere i terroristi di Hamas, ancora forti e in grado di ripetere l’eccidio del 7 ottobre, ma mitigandole con la promessa di aiuti alimentari a Gaza come quelli già realizzati. Una promessa davvero inquietante, se si pensa ai palestinesi uccisi dall’esercito israeliano durante i cosiddetti aiuti.

L’ondata di rabbia e di dolore che sembra aver sovrastato l’angoscia di questi mesi di guerra e che sta sollevando Israele contro il suo governo sarà placata da queste promesse? Un abisso si è scavato nel Paese tra chi vuole seguire Bibi in quel “buco nero” e chi vuole salvare Israele e la sua morale. E’ troppo tardi? Vinceranno di nuovo i fanatici come in quel 70 d.C., quasi duemila anni fa, quando gli zeloti scatenarono la guerra con Roma e portarono alla distruzione il regno di Giuda? O vinceranno la ragione, il compromesso, l’umanità?

(Fonte: “La Stampa” - 11 agosto 2025)