sabato 31 maggio 2025

Violenza sulle donne. Quando l’amore é tossico di Linda Laura Sabbadini

Violenza sulle donne. 
Quando l’amore é tossico 
di Linda Laura Sabbadini


È straziante dover fare i conti con il femminicidio di una ragazza di 14 anni. Una ragazza che aveva il diritto di crescere spensierata, libera, a cui è stato strappato tutto: il futuro, i sogni, la gioia di vivere.

«L’ho uccisa perché mi aveva lasciato». Queste terribili parole non sono una semplice confessione, sono un urlo afono di potere. Sono la sintesi brutale di una cultura patriarcale e di una mascolinità tossica che continua a passare.

Anche le ragazze soffrono, quando sono lasciate dal loro ragazzo, ma sono rari i casi di omicidio. Attenzione, femminicidi come questo, sono solo la punta dell’iceberg delle molto più diffuse violenze di tutti i tipi, che tantissime ragazze hanno vissuto. L’Istat aveva stimato anni fa che il 10% delle donne aveva subito violenza prima dei 16 anni. Tra gli autori, amici di famiglia, conoscenti, fidanzati, compagni di scuola, e anche parenti, una vera mappa dell’orrore.

Non c’è nulla di improvviso o incontrollato in un gesto che porta all’assassinio di una donna. Questa non è follia, ma incapacità, o più esattamente, rifiuto di accettare che una donna, anche giovanissima, possa essere soggetto di scelte, che possa dire no, andarsene contro la volontà del maschio. In una cultura ancora profondamente radicata del possesso del corpo femminile, il rifiuto di una donna, fin da giovanissima, diventa una sfida insopportabile, un’umiliazione da lavare addirittura con il sangue. Se lei si sottrae alla relazione, è tradimento. Se lei sceglie, è colpa. Se lei va via, è una condanna da punire. E così, anche nell’anno 2025, il corpo di una ragazza solare, si trasforma in un campo di battaglia. Possibile che bisogna conquistarsi ogni giorno, fin da ragazzine, il diritto di essere libere?

La rabbia maschile non nasce dal nulla. È figlia di una mancata educazione emotiva, di un’assenza profonda di strumenti per gestire la frustrazione, il dolore, la fine di una relazione. Non bastano le leggi. Serve educare all’affettività e al rispetto dei sentimenti dell’altro, avivere la delusione senza trasformarla in vendetta. Quando una ragazza viene uccisa per la sua libertà e autodeterminazione, è la nostra democrazia a sanguinare.

Ogni femminicidio è un fallimento collettivo, della scuola e della famiglia, troppo spesso incapaci di educare al rispetto e alle relazioni. Delle istituzioni, che arrivano tardi, quando arrivano, e dovrebbero sostenere di più e ampliare in modo capillare i centri antiviolenza. Dei media, che devono saper trasmettere messaggi adeguati e non scivolare nelle semplificazioni. E anche di una cultura che, sotto la patina della modernità, continua a riprodurre modelli tossici di virilità, controllo e possesso.

Serve una rivoluzione vera, una alfabetizzazione alla gestione delle emozioni, allo sviluppo di una cultura del rispetto, al contrasto di quella del possesso, anche attraverso la costruzione di presidi psicologici stabili in tutte le scuole e l’istituzione dello psicologo di famiglia. Dovremmo essere tutti uniti nel combattere la violenza contro le donne a partire dagli adulti nei tribunali. E, invece, anche lì resistono stereotipi che sembrano insuperabili. Se sono proprio i giudici a emettere sentenze come quella di Catania — sette studentesse denunciano molestie da parte di un professore, ma lui viene assolto perché “non c’è stato dissenso esplicito” o “non ha toccato il seno con le dita” — allora siamo veramente indietro. Ma davvero non sanno, i giudici — e le giudici ! — che il dissenso non sempre può essere espresso, soprattutto quando c’è un rapporto di potere, come tra docente e studentesse?

Stiamo regredendo culturalmente e si fa strada la reazione alle conquiste che sembravano acquisite. Bisogna ribaltare il paradigma, e ribadire il principio che senza consenso è sempre violenza. Tutte le parlamentari dovrebbero trovare una intesa per porre un argine invalicabile, migliorando la nostra legge.

(Fonte: “Domani”  - 29 maggio 2025)