lunedì 26 maggio 2025

Leone XIV abbraccia la sua diocesi: “Per voi e con voi sono romano” - Incontro con il Sindaco di Roma - Insediamento a San Giovanni in Laterano - Visita a Santa Maria Maggiore (cronaca, foto, testi e video)


Leone XIV: “Per voi e con voi sono romano”

Il Papa ha trascorso una domenica intensa, cominciata con il primo Regina Caeli dalla finestra del Palazzo apostolico e proseguita con l'omaggio della città di Roma da parte del sindaco Gualtieri. Poi la prima messa da vescovo di Roma, a S. Giovanni in Laterano, e il momento di preghiera davanti alla Salus Populi Romani e alla tomba di Papa Francesco a Santa Maria Maggiore. Due gli affacci a braccio dalle due basiliche, contrassegnati da un bagno di folla

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Posso assicurarvi che vi amo, che desidero solo entrare al vostro servizio e mettere a disposizione di tutti le mie povere forze, quel poco che ho e che sono”. Nella sua prima omelia da vescovo di Roma, per l’insediamento sulla Cattedra di San Giovanni in Laterano, Leone XIV ha preso in prestito le parole pronunciate dal “Papa del sorriso”, il beato Giovanni Paolo I, e sulla scorta di Papa Francesco ha delineato il volto della sua diocesi con tratti materni come la tenerezza, la disponibilità al sacrificio e la capacità di ascolto. Subito prima, in piazza dell’Aracoeli, ai piedi della scalinata del Campidoglio, l’omaggio della città di Roma, tramite il sindaco Roberto Gualtieri, al Romano Pontefice: un’antica tradizione che si era interrotta proprio con Papa Luciani, nel 1978, e che Papa Prevost ha voluto riprendere.

“Oggi posso dire che con voi e per voi sono romano!”,

il suo saluto alla città, parafrasando le parole già utilizzate dal primo saluto dalla Loggia delle Benedizioni e riprese anche nella parte centrale dell’omelia al Laterano. Al termine della messa, il Papa si è affacciato dalla Loggia della basilica di San Giovanni in Laterano.

“Vivere la nostra fede – l’invito a braccio – specialmente durante questo anno del Giubileo, cercando la speranza, però cercando di essere noi stessi testimonianza che offre la speranza al mondo, un mondo che soffre tanto, tanto dolore per le guerre, la violenza, la povertà”.

Affaccio che si è ripetuto anche a Santa Maria Maggiore, dopo la preghiera davanti all’icona della Madonna Salus Populi Romani e alla tomba di Papa Francesco:

“Camminare insieme nella Chiesa, uniti come l’unica famiglia di Dio”.

Si è conclusa così l’intensa domenica del Papa, cominciata con il primo Regina Caeli dalla finestra del Palazzo apostolico, da cui aveva rivolto un appello al coraggio della pace, e contrassegnata da bagni di folla in tutte le tappe, anche nel tragitto in papamobile tra le due basiliche.

“La Chiesa di Roma è erede di una grande storia, radicata nella testimonianza di Pietro, di Paolo e di innumerevoli martiri, e ha una missione unica, ben indicata da ciò che è scritto sulla facciata di questa Cattedrale: essere Mater omnium Ecclesiarum, Madre di tutte le Chiese”.

Il Papa ha cominciato con questa immagine l’omelia della messa per l’insediamento sulla cattedra di Vescovo di Roma, nella basilica di S. Giovanni in Laterano. “Spesso Papa Francesco ci ha invitato a riflettere sulla dimensione materna della Chiesa e sulle caratteristiche che le sono proprie”, l’identikit della Chiesa di Roma, sul solco del suo predecessore: “la tenerezza, la disponibilità al sacrificio e quella capacità di ascolto che permette non solo di soccorrere, ma spesso di prevenire i bisogni e le attese, prima ancora che siano espresse. Sono tratti che ci auguriamo crescano ovunque nel popolo di Dio, anche qui, nella nostra grande famiglia diocesana: nei fedeli, nei pastori, in me per primo”. Il riferimento è alle letture, e in particolare agli Atti degli Apostoli, che narrano “come la comunità delle origini ha affrontato la sfida dell’apertura al mondo pagano nell’annuncio del Vangelo”. “Non è stato un processo facile: ha richiesto tanta pazienza e ascolto reciproco”, ha fatto notare il Pontefice citando Paolo e Barnaba, che sono saliti a Gerusalemme, cioè “non hanno deciso per conto loro: hanno cercato la comunione con la Chiesa madre e vi si sono recati con umiltà. Lì hanno trovato, ad ascoltarli, Pietro e gli Apostoli”. “Si è così intavolato il dialogo che finalmente ha portato alla giusta decisione”, ha raccontato il Pontefice evidenziando la centralità dell’ascolto, in primo luogo dello Spirito: “così, quello che poteva sembrare un problema è divenuto per tutti un’occasione per riflettere e crescere”.

“La comunione si costruisce prima di tutto in ginocchio, nella preghiera e in un continuo impegno di conversione”,

il monito, unito all’invito a farci “lettera di Cristo” gli uni per gli altri. Quello intrapreso dalla Chiesa di Roma è “un cammino difficile, ancora in corso, che cerca di abbracciare una realtà molto ricca, ma anche molto complessa”: “È però degno della storia di questa Chiesa, che tante volte ha dimostrato di saper pensare in grande, spendendosi senza riserve in progetti coraggiosi, e mettendosi in gioco anche di fronte a scenari nuovi e impegnativi”. E’ l’omaggio del Papa “al cammino impegnativo che la diocesi di Roma sta percorrendo in questi anni, articolato su vari livelli di ascolto: verso il mondo circostante, per accoglierne le sfide, e all’interno delle comunità, per comprendere i bisogni e promuovere sapienti e profetiche iniziative di evangelizzazione e di carità”. “Ne è segno il grande lavoro con cui tutta la diocesi, proprio in questi giorni, si sta prodigando per il Giubileo”, ha osservato Leone XIV:

“Da parte mia, esprimo il desiderio e l’impegno di entrare in questo cantiere così vasto mettendomi, per quanto mi sarà possibile, in ascolto di tutti, per apprendere, comprendere e decidere insieme”,

ha assicurato Papa Prevost, ripetendo le parole di Sant’Agostino già pronunciate nel suo primo saluto alla Chiesa di Roma: “cristiano con voi e Vescovo per voi”. “Vi chiedo di aiutarmi a farlo in uno sforzo comune di preghiera e di carità”, la richiesta di Leone XIV, che ha ricordato anche le parole di San Leone Magno: “Tutto il bene da noi compiuto nello svolgimento del nostro ministero è opera di Cristo; e non di noi”.
(fonte: SIR, articolo di M.Michela Nicolais 25/05/2025)

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SALUTO DEL SANTO PADRE LEONE XIV
AL SINDACO DI ROMA

Piazza dell'Ara Coeli (ai piedi della scalinata del Campidoglio)
Domenica, 25 maggio 2025




Signor Sindaco,

Le sono molto grato per l’accoglienza e le parole di saluto che mi ha rivolto. Ringrazio, insieme con Lei, l’Amministrazione civica, nonché le Autorità civili e militari, nel giorno del mio insediamento come Vescovo di Roma.

Iniziando ufficialmente il ministero di Pastore di questa Diocesi, sento la grave ma appassionante responsabilità di servire tutte le sue membra, avendo a cuore anzitutto la fede del popolo di Dio, e quindi il bene comune della società. Per quest’ultima finalità siamo collaboratori, ciascuno nel proprio ambito istituzionale. Appena dopo l’elezione, ricordavo ai fratelli e alle sorelle convenuti in Piazza San Pietro che sono con loro cristiano e per loro vescovo: a titolo speciale, oggi posso dire che per voi e con voi sono romano!

Da due millenni la Chiesa vive il proprio apostolato in Roma annunciando il Vangelo di Cristo e prodigandosi nella carità. L’educazione dei giovani e l’assistenza verso chi soffre, la dedizione agli ultimi e la coltivazione delle arti sono espressioni di quella cura per la dignità umana che in ogni tempo dobbiamo sostenere, specialmente verso i piccoli, i deboli e i poveri. Nell’anno santo del Giubileo, questa sollecitudine si estende ai pellegrini provenienti da ogni parte del mondo, e si avvale anche dell’impegno profuso dall’Amministrazione Capitolina, per il quale esprimo viva gratitudine.

Signor Sindaco, auspico che Roma, ineguagliabile per la ricchezza del patrimonio storico e artistico, si distingua sempre anche per quei valori di umanità e civiltà che attingono dal Vangelo la loro linfa vitale. Con questi sentimenti, imparto la Benedizione Apostolica su questa Città e su tutti i suoi abitanti.



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CELEBRAZIONE EUCARISTICA E INSEDIAMENTO SULLA CATHEDRA ROMANA
DEL VESCOVO DI ROMA LEONE XIV

CAPPELLA PAPALE

OMELIA DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Basilica di San Giovanni in Laterano
VI Domenica di Pasqua, 25 maggio 2025










Rivolgo un caro saluto ai Signori Cardinali presenti, in particolare al Cardinale Vicario, ai Vescovi Ausiliari e a tutti i Vescovi, ai carissimi Sacerdoti – Parroci, Vice-parroci e tutti coloro che a vario titolo cooperano alla cura pastorale nelle nostre comunità –; come pure ai Diaconi, ai Religiosi, alle Religiose, alle Autorità e a tutti voi, carissimi fedeli.

La Chiesa di Roma è erede di una grande storia, radicata nella testimonianza di Pietro, di Paolo e di innumerevoli martiri, e ha una missione unica, ben indicata da ciò che è scritto sulla facciata di questa Cattedrale: essere Mater omnium Ecclesiarum, Madre di tutte le Chiese.

Spesso Papa Francesco ci ha invitato a riflettere sulla dimensione materna della Chiesa (cfr Esort. Ap. Evangelii gaudium, 46-49.139-141; Catechesi, 13 gennaio 2016) e sulle caratteristiche che le sono proprie: la tenerezza, la disponibilità al sacrificio e quella capacità di ascolto che permette non solo di soccorrere, ma spesso di prevenire i bisogni e le attese, prima ancora che siano espresse. Sono tratti che ci auguriamo crescano ovunque nel popolo di Dio, anche qui, nella nostra grande famiglia diocesana: nei fedeli, nei pastori, in me per primo. Su di essi ci possono aiutare a riflettere le Letture che abbiamo ascoltato.

Negli Atti degli Apostoli (cfr 15,1-2.22-29), in particolare, si narra di come la comunità delle origini ha affrontato la sfida dell’apertura al mondo pagano nell’annuncio del Vangelo. Non è stato un processo facile: ha richiesto tanta pazienza e ascolto reciproco; ciò è avvenuto anzitutto all’interno della comunità di Antiochia, dove i fratelli, dialogando – anche discutendo – sono arrivati a definire insieme la questione. Poi però Paolo e Barnaba sono saliti a Gerusalemme. Non hanno deciso per conto loro: hanno cercato la comunione con la Chiesa madre e vi si sono recati con umiltà.

Lì hanno trovato, ad ascoltarli, Pietro e gli Apostoli. Si è così intavolato il dialogo che finalmente ha portato alla giusta decisione: riconoscendo e considerando la fatica dei neofiti, si è concordato di non imporre loro pesi eccessivi, ma di limitarsi a chiedere l’essenziale (cfr At 15,28-29). Così, quello che poteva sembrare un problema è divenuto per tutti un’occasione per riflettere e per crescere.

Il testo biblico, però, ci dice di più, andando oltre la pur ricca e interessante dinamica umana dell’evento.

Ce lo rivelano le parole che i fratelli di Gerusalemme rivolgono, per lettera, a quelli di Antiochia, comunicando loro le decisioni prese. Essi scrivono: «È parso bene […] allo Spirito Santo e a noi» (cfr At 15,28). Sottolineano, cioè, che nell’intera vicenda l’ascolto più importante, che ha reso possibile tutto il resto, è stato quello della voce di Dio. Ci ricordano, così, che la comunione si costruisce prima di tutto “in ginocchio”, nella preghiera e in un continuo impegno di conversione. Solo in tale tensione, infatti, ciascuno può sentire in sé la voce dello Spirito che grida: «Abbà! Padre!» (Gal 4,6) e di conseguenza ascoltare e comprendere gli altri come fratelli.

Anche il Vangelo ci ribadisce questo messaggio (cfr Gv 14,23-29), dicendoci che nelle scelte della vita non siamo soli. Lo Spirito ci sostiene e ci indica la via da seguire, “insegnandoci” e “ricordandoci” tutto ciò che Gesù ci ha detto (cfr Gv 14,26).

In primo luogo lo Spirito ci insegna le parole del Signore imprimendole profondamente in noi, secondo l’immagine biblica della legge scritta non più su tavole di pietra, ma nei nostri cuori (cfr Ger 31,33); dono che ci aiuta a crescere fino a renderci “lettera di Cristo” (cfr 2Cor 3,3) gli uni per gli altri. Ed è proprio così: noi siamo tanto più capaci di annunciare il Vangelo quanto più ce ne lasciamo conquistare e trasformare, permettendo alla potenza dello Spirito di purificarci nell’intimo, di rendere semplici le nostre parole, onesti e limpidi i nostri desideri, generose le nostre azioni.

E qui entra in gioco l’altro verbo: “ricordare”, cioè tornare a rivolgere l’attenzione del cuore a ciò che abbiamo vissuto e appreso, per penetrarne più profondamente il significato e gustarne la bellezza.

Penso, in proposito, al cammino impegnativo che la Diocesi di Roma sta percorrendo in questi anni, articolato su vari livelli di ascolto: verso il mondo circostante, per accoglierne le sfide, e all’interno delle comunità, per comprendere i bisogni e promuovere sapienti e profetiche iniziative di evangelizzazione e di carità. È un cammino difficile, ancora in corso, che cerca di abbracciare una realtà molto ricca, ma anche molto complessa. È però degno della storia di questa Chiesa, che tante volte ha dimostrato di saper pensare “in grande”, spendendosi senza riserve in progetti coraggiosi, e mettendosi in gioco anche di fronte a scenari nuovi e impegnativi.

Ne è segno il grande lavoro con cui tutta la diocesi, proprio in questi giorni, si sta prodigando per il Giubileo, nell’accoglienza e nella cura dei pellegrini e in innumerevoli altre iniziative. Grazie a tanti sforzi, la città appare a chi vi giunge, a volte da molto lontano, come una grande casa aperta e accogliente, e soprattutto come un focolare di fede.

Da parte mia, esprimo il desiderio e l’impegno di entrare in questo cantiere così vasto mettendomi, per quanto mi sarà possibile, in ascolto di tutti, per apprendere, comprendere e decidere insieme: “cristiano con voi e Vescovo per voi”, come diceva Sant’Agostino (cfr Discorso 340, 1). Vi chiedo di aiutarmi a farlo in uno sforzo comune di preghiera e di carità, ricordando le parole di San Leone Magno: «Tutto il bene da noi compiuto nello svolgimento del nostro ministero è opera di Cristo; e non di noi, che non possiamo nulla senza di lui, ma di lui ci gloriamo, lui da cui deriva tutta l’efficacia del nostro operare» (Serm. 5, de natali ipsius, 4).

A tali parole vorrei unire, concludendo, quelle del Beato Giovanni Paolo I, che il 23 settembre del 1978, con il volto radioso e sereno che già gli era valso l’appellativo di “Papa del sorriso”, così salutava la sua nuova famiglia diocesana: «San Pio X – diceva – entrando patriarca a Venezia, aveva esclamato in San Marco: “Cosa sarebbe di me, Veneziani, se non vi amassi?”. Io dico ai romani qualcosa di simile: posso assicurarvi che vi amo, che desidero solo entrare al vostro servizio e mettere a disposizione di tutti le mie povere forze, quel poco che ho e che sono» (Omelia in occasione della Presa di Possesso della Cathedra Romana, 23 settembre 1978).

Anch’io vi esprimo tutto il mio affetto, con il desiderio di condividere con voi, nel cammino comune, gioie e dolori, fatiche e speranze. Anch’io vi offro “quel poco che ho e che sono”, e lo affido all’intercessione dei Santi Pietro e Paolo e di tanti altri fratelli e sorelle la cui santità ha illuminato la storia di questa Chiesa e le vie di questa città. La Vergine Maria ci accompagni e interceda per noi.

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Parole di Papa Leone XIV pronunciate dalla Loggia centrale della Basilica Lateranense per la Benedizione alla città di Roma al termine della Celebrazione Eucaristica.

La pace sia con voi!

Cari fratelli e sorelle, comunità di Roma, mi fa tanto piacere essere qui con voi stasera, in questo atto liturgico, nel quale abbiamo celebrato il mio insediamento come vostro nuovo Vescovo di Roma. Grazie a tutti voi!

Vivere la nostra fede, specialmente durante questo Anno del Giubileo, cercando la speranza; però cercando di essere noi stessi testimonianza che offre la speranza al mondo. Un mondo che soffre tanto, tanto dolore, per le guerre, la violenza, la povertà! Ma a noi cristiani il Signore chiede di essere sempre questa testimonianza viva. Vivere la nostra fede, sentire nel nostro cuore che Gesù Cristo è presente e sapere che Lui ci accompagna sempre nel nostro cammino.

Grazie a voi per camminare insieme! Camminiamo tutti insieme! Contate sempre su di me, che con voi sono cristiano e per voi Vescovo. Grazie a tutti!

[Benedizione]

Buonasera a tutti! Viviamo con questa gioia, sempre. Grazie.







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VISITA ALLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE
E VENERAZIONE DELL’ICONA DELLA BEATA VERGINE MARIA «SALUS POPULI ROMANI»

PAROLE DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Basilica di Santa Maria Maggiore
VI Domenica di Pasqua, 25 maggio 2025









[Parole pronunciate da Papa Leone XIV dalla Loggia Centrale della Basilica di Santa Maria Maggiore al termine dell’Atto di Venerazione dell’Icona della Beata Vergine Maria Salus Populi Romani.]

Fratelli e sorelle, la pace sia con voi!

Buonasera a tutti. Grazie per essere qui! Grazie per essere qui, davanti a questa Basilica, in questo pomeriggio, questa sera, quando celebriamo, tutti riuniti, come membri della Diocesi di Roma, la presenza del suo nuovo Vescovo. Sono molto felice di trovare tutti voi qui e vi ringrazio di cuore.

Ringrazio tutti coloro che lavorano in questa Basilica, i due Cardinali che mi accompagnano questa sera e le tante persone che sono dedicate ad aiutarci a vivere la nostra vita di preghiera, di devozione, e che soprattutto ci aiutano ad avvicinarci alla Madre di Gesù, alla Madre di Dio, Maria Santissima. È una bellissima opportunità per rinnovare questa devozione a Maria, Salus Popoli Romani, che ha accompagnato tante volte il popolo di Roma nelle sue necessità.

Chiediamo a Dio, per intercessione di sua Madre, che benedica tutti voi, le vostre famiglie, i vostri cari e che ci aiuti tutti a camminare insieme nella Chiesa, uniti come l’unica famiglia di Dio.

Diciamo insieme:

[Ave Maria, piena di Grazia…]

[Benedizione]

Buonasera a tutti e tante grazie!