mercoledì 7 agosto 2024

“PER UNA COSTITUZIONE DELLA TERRA”. SFATARE IL MITO DELLA SOVRANITÀ NAZIONALE di Carlo Rovelli

“PER UNA COSTITUZIONE DELLA TERRA”. 
SFATARE IL MITO DELLA SOVRANITÀ NAZIONALE 
di Carlo Rovelli


Credo che Per una Costituzione della Terra (Feltrinelli), di Luigi Ferrajoli, sia un libro importante. È un libro che apre una prospettiva nuova e forse sorprendente nel dibattito politico internazionale. Prende in considerazione con consapevolezza le difficoltà che sta affrontando il mondo, eppure è profondamente ottimista. È un libro che apre alla speranza, e mostra una direzione, anche se non facile, per un possibile futuro. Un libro, credo, che dovremmo tutti assorbire e meditare.

Luigi Ferrajoli, allievo di Norberto Bobbio, è giurista, ex magistrato, e teorico del diritto. Ha ricoperto ruoli istituzionali presso il ministero della Giustizia e ruoli accademici. Ha ricevuto ampi riconoscimenti, tra cui una ventina di lauree honoris causa da altrettante università internazionali.

Per una Costituzione della Terra è un libro di grande intelligenza. Parte da uno sguardo limpido sui problemi globali che sta affrontando l’umanità: crisi climatica sempre più ovvia, crescente belligeranza e instabilità politica globale, rischio sempre più prossimo di catastrofe nucleare, fame persistente e povertà estrema che è tornata a crescere, a fronte di una scandalosa concentrazione della ricchezza mai vista nella storia, esistenza di regimi che violano diritti fondamentali, guerre, migrazioni forzate, nuovo scontro ideologico, e ritorno alla demonizzazione reciproca fra superpotenze.

A fronte di questo quadro, Ferrajoli propone di spostare il dibattito internazionale dal piano politico al piano giuridico. Ha una proposta semplice, palesemente utopica, ma, credo, capace di grande forza di orientamento intellettuale e morale. Pensiamo, propone Ferrajoli, a fissare principi giuridici attorno ai quali tutti i popoli del pianeta possano ritrovarsi: una «Costituzione per la Terra», per una futura «Federazione della Terra», in cui «noi popoli della Terra […] promuoviamo un processo costituente [per un] un patto di convivenza pacifica e di solidarietà». Il progetto è radicale: include il trasferimento della sovranità dagli Stati alla Federazione e la messa al bando di tutte le armi, lasciando il monopolio della forza alle sole istituzioni di sicurezza pubblica locali e globali.

Dato l’ovvio carattere utopico della proposta allo stato attuale dei rapporti di forza nel mondo, la domanda immediata è che senso abbia prendere in considerazione un progetto così radicale. La risposta è semplice: il pianeta sta andando incontro a una navigazione burrascosa. Abbiamo bisogno di una bussola che aiuti la nostra ragione e le nostre passioni a vedere quale mondo vorremmo. La breve illusione di una duratura e consensuale Pax americana, seguita alla fine della guerra fredda e alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, si è dissolta. La crescita economica mondiale ha ribilanciato il potere economico occidentale, mettendo in questione il predominio occidentale ininterrotto dal colonialismo. Il mondo ha oggi bisogno di un nuovo quadro ideale di riferimento per poter vivere insieme senza che, come già stiamo facendo, ricominciamo ad ammazzarci.

Ferrajoli lo individua nella ripresa e nello sviluppo degli ideali di convivenza pacifica legale che nell’immediato dopoguerra avevano ispirato la nascita delle Nazioni Unite e delle istituzioni internazionali come la Corte internazionale di giustizia, la Corte penale internazionale, l’Organizzazione mondiale della sanità… e delle altre istituzioni mirate a stabilire un quadro giuridico internazionale di pace e di garanzia dei diritti universali. Questo primo processo costituente, frammentario e debole, non ha avuto la forza di arginare l’arroganza dei potenti, che lo hanno tutti ripetutamente calpestato, ma resta un ideale di riferimento, che riprende l’ideale kantiano di una pace universale. Oggi, argomenta Ferrajoli, questo è il solo obiettivo che riusciamo a vedere, che possa difenderci dalle catastrofi verso cui ci stanno portando la lotta selvaggia e sanguinaria fra gli Stati, il potere incontrollato dell’economia che domina la politica, e la palese incapacità della politica statale a rispondere ai problemi più seri dell’umanità: la crisi ecologica e le due spirali mortali della crescita delle diseguaglianze economiche e della crescita degli armamenti.

«Per quanto chimerica questa idea possa apparire — scrive Kant ne L’Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico — è certo che questa è l’inevitabile via d’uscita dai mali che gli uomini si procurano a vicenda e che devono costringere gli Stati a quella stessa decisione (per quanto difficile possa riuscir loro) a cui l’uomo selvaggio non meno malvolentieri fu costretto: cioè rinunciare alla sua libertà brutale, e cercare pace e sicurezza in una costituzione legale». Guerre, genocidi, povertà, diseguaglianze, distruzione della natura, inquinamento dell’atmosfera, devastazione della vita dei popoli per motivi economici, sono crimini, argomenta Ferrajoli, e come tali vanno combattuti: come violazioni di principi giuridici che vogliamo fissare insieme e condividere.

Tutti gli abitanti della Terra hanno interessi comuni e problemi comuni. Devono insieme stabilire un patto di convivenza civile che non sia basato sulla brutalità della forza di alcuni. La sovranità degli Stati è controproducente. Ha come risultato che ciascuno Stato percepisce gli altri come una restrizione ai suoi «interessi vitali», e quindi come nemici. In altre parole, la sovranità nazionale porta naturalmente alla guerra, come è esemplificato dalla politica dei Paesi che hanno bisogno di un dominio militare diffuso sul pianeta per difendere quelli che considerano essere i loro «interessi vitali». 
Oggi solo un costituzionalismo globale ci può far uscire dalla situazione di guerra continua in cui si trova l’umanità. Una Costituzione della Terra, e una Federazione capace di farla rispettare, può garantire i diritti di tutti, garantire che i beni pubblici come la natura, l’aria e l’acqua, restino a disposizione di tutti, stabilire un demanio globale, ridurre con una tassazione globale progressiva l’attuale diabolica concentrazione economica, arrivata alla situazione moralmente insostenibile in cui oggi otto persone detengono un patrimonio eguale a metà dell’umanità.

Dopo molte pagine di discussione tecnica dei principi giuridici che possono orientare questo costituzionalismo planetario, nelle ultime pagine del libro Ferrajoli presenta una prima proposta esplicita per una possibile Costituzione della Terra. Dopo pagine di linguaggio giuridico apparentemente arido, quando ho cominciato a leggere la proposta vera e propria della Costituzione, mi sono commosso. «Noi popoli della Terra…». È un sogno…

È solo un sogno? Non lo credo. Era altrettanto utopico, in passato, pensare di abolire i sovrani assoluti in Europa, o l’Ancien Régime, abolire la schiavitù, avere un suffragio universale, o una legislazione che riconoscesse pari diritti a uomini e donne. Il mondo di oggi è quello che sognatori politici di grande intelligenza e lungimiranza hanno saputo pensare. Penso che Ferrajoli sia uno di questi. I giovani vedono i problemi del mondo e stanno ricominciando a pensare a un mondo migliore.

Certo, la strada non sarà facile, e Ferrajoli non ha scritto un «Che fare?». Perché una simile proposta possa crescere, io credo, sarà anche necessario che arrivi a sollevarsi dal suo implicito eurocentrismo e integrarsi con le formulazioni di un simile anelito a un mondo condiviso, che oggi vengono sempre più forti dalle culture che stanno sempre più contribuendo alla nostra civiltà globale: il pensiero cinese, indiano, africano, sudamericano… È insieme, io credo, che il prossimo patto di convivenza civile nel pianeta dovrà essere scritto, integrando il costituzionalismo occidentale descritto da Ferrajoli con l’ideale confuciano dell’armonia nelle relazioni, l’ideale ubuntu («io sono perché noi siamo») africano che il Sudafrica ha scelto come guida morale nel trasformare pacificamente l’apartheid in democrazia, eccetera. Insieme dobbiamo trovare il modo di convivere, accettando e trovando valore nella diversità e nella ricchezza del pensiero del mondo. L’universalismo è l’aspirazione a trovare punti di incontro più ampi possibile, nel rispetto delle diversità.

È solo un sogno? La vera domanda non è se ci arriveremo: credo che ci arriveremo
La vera domanda è se ci arriveremo prima o dopo la guerra atomica. Il momento utopico di costruzione delle Nazioni Unite è seguito alle due guerre mondiali, durante le quali ci siamo ammazzati l’un l’altro facendo 100 milioni di morti. Quanti morti devono servire per arrivare ad essere ragionevoli?

(Fonte:  “Corriere della Sera” - 2 agosto 2024)