MONSIGNOR PEREGO:
«OGGI IL CONTROLLO DELLE FRONTIERE VIENE PRIMA DEL SALVATAGGIO DELLE PERSONE»
«Sappiamo che i naufraghi erano stati segnalati da un aereo di Frontex e quindi c’erano tutti gli elementi per conoscere la gravità della situazione. Questa inefficienza nei soccorsi è costata la vita a 98 persone tra cui 35 bambini. Il rinvio a giudizio va letto in chiave politica», dice il presidente di Migrantes commentando la chiusura delle indagini che mette sotto accusa sei responsabili di Guardia di Finanza e Guardia Costiera
«Un passo giudiziario molto importante che ci dice come da anni a questa parte si sia messo al primo posto il controllo delle frontiere e non il salvataggio delle persone», Monsignor Perego, Arcivescovo di Ferrara e presidente della Fondazione Migrantes interviene a termine dell’inchiesta condotta dalla Procura di Crotone sulla strage di Cutro, che vede tra gli indagati sei tra militari della guardia Costiera e della guardia di Finanza. Tutti sono accusati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo perché, si apprende dalle carte, «quella notte il pattugliatore Barbarisi non aveva mai mollato gli ormeggi a causa delle condizioni marine avverse» e per lo stesso motivo la «motovedetta V5006 aveva invertito la rotta», nonostante l’avvistamento dall’alto da parte di velivoli dell’agenzia europea Frontex.
Quella notte del 26 febbraio 2023 morirono 98 persone tra cui 35 bambini dopo che l’imbarcazione partita dalla Turchia si era spezzata a pochi metri dalla riva del litorale di Steccato di Cutro (nella foto, la fiaccolata di commemorazione il 18 febbraio scorso, a un anno dalla strage avvenuta il 26 febbraio 2023).
La chiusura delle indagini sulla strage di Cutro come avvenuto in altre recenti tragedie nel Mediterraneo dice che quelle morti potevano essere evitate?
«Un esito quello della Procura di Crotone che ci dice come ad oggi l’attenzione sia stata concentrata sul controllo delle frontiere marine e non su un meccanismo di salvataggio delle persone. Sappiamo che queste persone alla deriva erano state segnalate da un aereo di Frontex e quindi c’erano tutti gli elementi per conoscere la gravità della situazione. Questa inefficienza nei soccorsi è costata la vita a 98 persone tra cui 35 bambini. Un rinvio a giudizio da leggere su un piano politico».
Perché è da leggere sul piano politico?
«L’attenzione non è stata più data alle persone che sono in difficoltà in mare, basti pensare al trattamento destinato alle Ong costrette dopo i salvataggi a raggiungere porti sempre più lontani nel Centro o nel Nord Italia, allentandosi così dalla zona di ricerca e soccorso dove la loro presenza è necessaria per salvare vite umane. Dopo la strage di Cutro le condizioni per chi ha affrontato la traversata nel Mediterraneo sono peggiorate, meno sbarchi, ma più morti».
Cosa occorre per evitare che altre persone muoiano in mare?
«Ciò che accade, un numero di morti che nel 2023 non era mai stato così alto da dieci anni, è la conseguenza di una gestione politica del fenomeno migratorio. Oggi più che mai occorre un’operazione Mare Nostrum a livello europeo e gli accordi con Paesi terzi dovrebbero essere indirizzati al salvataggio delle persone e non al trattenimento in situazioni degradanti. A fronte di persone in fuga da gravi situazioni occorre accompagnare».
Delegare e suddividere il Mediterraneo nelle cosiddette zone Sar (ricerca e soccorso) non sembra essere una strada percorribile, almeno non in questo modo…
«La sentenza di Cutro, i morti del 2023, gli oltre mille di quest’anno denotano la volontà di esternalizzare la cura del soccorso in mare. E non prendersi carico della gravità della situazione. Eppure l’articolo 10 della nostra Costituzione ci dovrebbe impegnare a trovare subito una risposta».
Non è con gli accordi che si eviteranno altre stragi di innocenti?
«Bisogna rivalutare prima di tutto l’accordo con la Libia, in questo momento le persone in viaggio si stanno spostando dalla Tunisia verso la Libia e stanno aumentando le violenze e le torture nei campi. Anche quelle morti ci appartengono e ci interrogano. Non possiamo fingere che non le conosciamo. La Tunisia oggi è una dependance della Libia dove da anni esseri umani, uomini, donne e bambini subiscono i più atroci dei trattamenti inumani e degradanti».
(fonte: Famiglia Cristiana 23/07/2024)
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