lunedì 10 giugno 2024

Papa Francesco in Campidoglio: «Roma è unica.» - Il vescovo nel cuore della “sua” Roma - 10/06/2024 (foto, testo e video)

VISITA DEL SANTO PADRE FRANCESCO IN CAMPIDOGLIO

Lunedì, 10 giugno 2024











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Il vescovo nel cuore della “sua” Roma


Nuvole grigie avvolgevano il più piccolo dei Colli sui quali l’Urbe vide la sua nascita, quando la Fiat 500 l ha fatto il suo ingresso ai piedi del Palazzo Senatorio. Gli squilli di tromba dei fedeli di Vitorchiano hanno salutato l’arrivo del Papa in Campidoglio, terza visita del Pontefice argentino nel cuore istituzionale di Roma, considerando – oltre a quella del 26 marzo 2019 – anche il momento di preghiera per la pace che si svolse nel 2020 nella stessa piazza.

Un Francesco sorridente ha aperto lo sportello per salutare il sindaco Roberto Gualtieri, in fascia tricolore. Strette di mano, parole sussurrate, poi insieme Pontefice e primo cittadino si sono diretti verso lo storico Tabularium, il monumento dalla facciata ad archi che domina sul Foro romano.

Al primo arco hanno sostato entrambi in silenzio, con Francesco che si è alzato dalla sedia a rotelle per posare lo sguardo su quello che secoli fa rappresentava il centro della Roma antica: i Fori Imperiali. Un momento breve, ma un fotogramma significativo che subito ha richiamato alla mente l’altro “affaccio” del 2019 con la sindaca di allora, Virginia Raggi, all’epoca però dallo studio privato. Francesco ha alzato le mani dalla inferriata come a voler benedire la “sua” città, quella di cui è vescovo. Un senso di appartenenza e vicinanza, dichiarato sin dai primi istanti di pontificato e ribadito anche nelle circa due ore di visita di questa mattina, sia nel discorso in Aula Giulio Cesare dinanzi ad assessori e consiglieri, quando ha ricordato il giro di visite di questi mesi in parrocchie di periferia «perché sentano che il vescovo è loro vicino», sia nella firma del Libro d’Oro del Comune dove ha ricordato le parole in latino di Enea che chiudono il secondo libro dell’Eneide — “e sollevato il padre mi diressi sui monti” —, aggiungendo: «Con questa decisione è nata Roma, nata da lontano, nata in cammino. A Roma, al Sig. Sindaco, ai suoi lavoratori, la mia gratitudine. Il vostro Vescovo Francesco».

La firma del Libro d’onore è stata l’ultimo atto della parte riservata della visita, con il colloquio privato con il sindaco e il saluto a familiari e membri della Segreteria del primo cittadino.

La parte pubblica, trasmessa anche dai maxi schermi in piazza del Campidoglio, dove sin dal mattino si era riunito un gruppo di cittadini, è stata l’intervento in Aula Giulio Cesare, il “parlamentino” romano, luogo di discussioni pubbliche e di democrazia. Un applauso caloroso partito dagli scranni ha accompagnato l’ingresso del Papa che, come primo gesto, ha benedetto una bambina, l’unica presente in sala, figlia di uno dei membri della giunta capitolina.

Il suo pianto, insieme ad applausi partiti spontaneamente, in particolare dopo alcune parole a braccio del Papa (in primis quelle sui rapporti tra Stato e Chiesa dettati non dai «soldi», come una certa «meschinità» sobilla, ma dall’umanità e dalla volontà di lavorare per il bene comune), ha scandito il discorso di Francesco.

Un discorso ampio, partito con lo sguardo al passato, alle origini di Roma, culla di civiltà, terra di imperatori e di Papi, sede di trattati internazionali, di Anni santi e di un Concilio, e proseguito con lo sguardo al futuro, quindi al Giubileo 2025, alle sue sfide e prospettive. Lo scambio dei doni ha concluso il momento centrale della visita: il sindaco ha donato a Francesco una medaglia d’argento e un documento di istituzione di alcune iniziative di carattere sociale; il Papa ha ricambiato con diversi doni: per il Comune, un mosaico raffigurante l’Arco di Tito; per il sindaco, un trittico di medaglie; per assessori e consiglieri, medaglie e la Bolla di indizione del Giubileo Spes non confundit.

«Grazie tante per l’accoglienza così fraterna, così cálida, così calorosa», ha commentato Francesco. «Arrivederci al Giubileo! Ci vediamo tutti lì». Il Pontefice ha voluto salutare uno ad uno tutti i presenti, poi si è diretto verso la loggia del Palazzo per un nuovo breve affaccio verso la michelangiolesca piazza del Campidoglio e il saluto a cittadini, lavoratori dell’Ama, della Protezione civile, delle forze dell’ordine, dipendenti del Comune. Un «grazie» pure a loro per l’accoglienza e una richiesta di pregare tutti insieme l’Ave Maria. Anche quello un fugace richiamo al passato, con il Papa neo eletto nel 2013 che, affacciato alla Loggia delle Benedizioni della basilica Vaticana, chiedeva al popolo dell’Urbe di invocare l’intercessione della Madonna.

Diversi momenti, infine, prima del congedo e del rientro in Vaticano: la sosta nella “Sala Laudato si’”, inaugurata nel 2019, il saluto ai dipendenti nella Sala della Protomoteca e lo svelamento di una targa commemorativa della visita di oggi: «A Sua Santità Francesco, successore di Pietro e vescovo di Roma, promotore di cura della Casa Comune e testimone di fraternità universale».
(fonte: L'OSSERVATORE Romano, aticolo di Salvatore Cernuzio 10 giugno 2024)

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DISCORSO DEL SANTO PADRE 


Signor Sindaco,
Signore e Signori Assessori e Consiglieri del Comune di Roma,
Illustri Autorità,
Cari amici!

Ringrazio il Signor Sindaco per il gradito invito e per le gentili espressioni che mi ha rivolto; e ringrazio la Presidente dell’Assemblea Capitolina per le parole di benvenuto. Saluto gli Assessori e i Consiglieri del Comune, i Rappresentanti del Governo, le altre Autorità presenti e tutti i cittadini di Roma.

Nel ritornare a farvi visita, provo sentimenti di gratitudine e di letizia. Vengo a incontrare voi e, tramite voi, l’intera città, che pressoché dalla sua nascita, circa 2.800 anni fa, ha avuto una chiara e costante vocazione di universalità. Per i fedeli cristiani questo ruolo non è stato frutto del caso, ma è corrisposto a un disegno provvidenziale.

Roma antica, a causa dello sviluppo giuridico e delle capacità organizzative, e della costruzione lungo i secoli di istituzioni solide e durature, divenne un faro a cui molti popoli si rivolgevano per godere di stabilità e sicurezza. Tale processo le ha permesso di essere un centro irradiante di civiltà e di accogliere persone provenienti da ogni parte del mondo e di integrarle nella sua vita civile e sociale, fino a far assumere a non pochi di loro le più alte magistrature dello Stato.

Questa cultura romana antica, che sperimentava indubbiamente molti buoni valori, aveva d’altro canto bisogno di elevarsi, di confrontarsi con un messaggio di fraternità, di amore, di speranza e di liberazione più grande.

L’aspirazione di quella civiltà, giunta al culmine del suo fiorire, offre una ulteriore spiegazione del rapido diffondersi nella società romana del messaggio cristiano. La fulgida testimonianza dei martiri e il dinamismo di carità delle prime comunità di credenti intercettava il bisogno di ascoltare parole nuove, parole di vita eterna: l’Olimpo non bastava più, bisognava andare sul Golgota e presso la tomba vuota del Risorto per trovare le risposte all’anelito di verità, di giustizia e di amore.

Questa Buona Novella, ossia la fede cristiana, col tempo avrebbe permeato e trasformato la vita delle persone e delle stesse istituzioni. Alle persone avrebbe offerto una speranza ben più radicale e inaudita; alle istituzioni la possibilità di evolvere a uno stadio più elevato, abbandonando a poco a poco – per esempio – un istituto come quello della schiavitù, che anche a tante menti colte e a cuori sensibili era parso come un dato naturale e scontato, per nulla suscettibile di essere abolito.

Questo della schiavitù è un esempio molto significativo del fatto che anche raffinate civiltà possono presentare elementi culturali così radicati nella mentalità delle persone e dell’intera società da non essere più avvertiti come contrari alla dignità dell’essere umano. Fatto che si verifica anche ai nostri giorni, quando, quasi inconsapevolmente, si rischia a volte di essere selettivi, parziali nella difesa della dignità umana, emarginando o scartando alcune categorie di persone, che finiscono per ritrovarsi senza adeguata protezione.

Alla Roma dei Cesari è succeduta – per così dire – la Roma dei Papi, successori dell’Apostolo Pietro, che “presiedono nella carità” a tutta la Chiesa e che, in alcuni secoli, dovettero anche svolgere un ruolo di supplenza dei poteri civili nel progressivo disfacimento del mondo antico, e alcune volte, con comportamenti non felici. Molte cose cambiarono, ma la vocazione all’universalità di Roma venne confermata ed esaltata. Se infatti l’orizzonte geografico dell’Impero Romano aveva il suo cuore nel mondo mediterraneo e, benché molto vasto, non coinvolgeva tutto l’Orbe, la missione della Chiesa non ha confini su questa terra, perché deve far conoscere a tutti i popoli Cristo, la sua azione e le sue parole di salvezza.

A partire dall’Unità d’Italia si aprì una nuova fase, nella quale, dopo i contrasti e le incomprensioni con il nuovo Stato unitario, nell’ambito di quella che venne denominata “questione romana”, si giunse, 95 anni fa, alla Conciliazione tra il potere civile e la Santa Sede.

Quest’anno poi è il 40° dalla revisione del Concordato. Esso ha riaffermato che lo Stato italiano e la Chiesa Cattolica sono, «ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti e alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese» (Art. 1 dell’Accordo di revisione del Concordato, 3 giugno 1985).

Roma si è sempre confermata, anche in queste fasi storiche più recenti, nella sua vocazione universale, come testimoniato dai lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II, dai diversi Anni Santi celebrati, dalla firma del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, come pure del Trattato che istituì la Corte Penale Internazionale, dalle Olimpiadi del 1960, dalle Organizzazioni internazionali, in particolare la FAO, che in Roma hanno la loro sede.

Ora Roma si appresta a ospitare il Giubileo del 2025. Tale evento è di carattere religioso, un pellegrinaggio orante e penitente per ottenere dalla misericordia divina una più completa riconciliazione con il Signore. Esso, tuttavia, non può non coinvolgere anche la città sotto il profilo delle attenzioni e delle opere necessarie ad accogliere i tanti pellegrini che la visiteranno, aggiungendosi ai turisti che vengono ad ammirare il suo immenso tesoro di opere d’arte e le grandiose tracce dei secoli passati. Roma è unica. Perciò anche il prossimo Giubileo potrà avere una ricaduta positiva sul volto stesso della città, migliorandone il decoro e rendendo più efficienti i servizi pubblici, non solamente nel centro ma favorendo l’avvicinamento tra centro e periferie. Questo è molto importante, perché la città cresce e questa attenzione, questo rapporto diviene ogni giorno più importante. E per questo a me piace andare a visitare le parrocchie di periferia, perché sentano che il Vescovo è loro vicino; perché è molto facile essere vicino al centro – io sono al centro –, ma andare a visitare le periferie è la presenza del Vescovo, lì.

È impensabile che tutto questo possa svolgersi ordinatamente e nella sicurezza senza l’attiva e generosa collaborazione delle Autorità del Comune capitolino e quelle nazionali. Ringrazio vivamente a questo proposito le Autorità comunali per l’impegno profuso nel preparare Roma ad accogliere i pellegrini del prossimo Giubileo, e ringrazio il Governo italiano per la sua piena disponibilità a collaborare con le Autorità ecclesiastiche per la buona riuscita del Giubileo, confermando la volontà di amichevole collaborazione che caratterizza i reciproci rapporti tra Italia e Santa Sede, che sono rapporti umani. Tante volte, la meschinità può portarci a pensare che i rapporti sono dei soldi: no, questo è secondario. Sono i rapporti umani tra le autorità.

Roma è città dallo spirito universale. Questo spirito vuole essere al servizio della carità, al servizio dell’accoglienza e dell’ospitalità. Pellegrini, turisti, migranti, quanti si trovano in gravi difficoltà, i più poveri, le persone sole, quelle malate, i carcerati, gli esclusi siano i più veritieri testimoni di questo spirito – per questo ho deciso di aprire una Porta Santa in un carcere –; e questi possano testimoniare che l’autorità è pienamente tale quando si pone al servizio di tutti, quando usa il suo legittimo potere per venire incontro alle esigenze della cittadinanza e, in modo particolare, dei più deboli, degli ultimi. E questo non è solamente per voi politici, è anche per i preti, per i vescovi. La vicinanza, vicinanza al popolo di Dio per servirlo, per accompagnarlo.

Continui Roma a manifestare il suo volto, volto accogliente, ospitale, generoso, nobile. L’enorme afflusso nell’Urbe di pellegrini, turisti e migranti, con tutto ciò che significa in termini di organizzazione, potrebbe essere visto come un aggravio, un peso che frena e intralcia lo scorrere normale delle cose. In realtà, tutto questo è Roma, la sua specificità, unica al mondo, il suo onore, la sua grande attrattiva e la sua responsabilità verso l’Italia, verso la Chiesa, verso la famiglia umana. Ogni suo problema è il “rovescio” della sua grandezza e, da fattore di crisi, può diventare opportunità di sviluppo: civile, sociale, economico, culturale.

L’immenso tesoro di cultura e di storia adagiato sui colli di Roma è l’onore e l’onere della sua cittadinanza e dei suoi governanti, e attende di essere adeguatamente valorizzato e rispettato. Rinasca in ciascuno la consapevolezza del valore di Roma, del simbolo che essa rappresenta in tutti i continenti – non dimentichiamo il mito dell’origine di Roma come rinascita dalle rovine di Troia –; e si confermi, anzi cresca la reciproca fattiva collaborazione tra tutti i poteri che vi risiedono, per un’azione corale e costante, che la renda ancora più degna del ruolo che il destino, o meglio la Provvidenza, le ha riservato.

Da decenni, da quando ero prete giovane, ho sempre avuto la devozione alla Salus Populi Romani, e ogni volta che mi recavo a Roma andavo da lei. Chiedo a lei, alla Salus Populi Romani, che vegli sulla città e sul popolo di Roma, infonda la speranza e susciti la carità, affinché, confermando le sue più nobili tradizioni, continui ad essere, anche nel nostro tempo, faro di civiltà e promotrice di pace. Grazie

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Saluto a braccio ai dipendenti radunati in Piazza del Campidoglio

Buongiorno! Saluto tutti voi, l’Ama, la Protezione civile, i gendarmi, la gente che lavora qui: grazie tante per l’accoglienza, grazie tante!

Io mi permetto oggi, in questo momento, di fare una preghiera per Roma, per la nostra città. Ave o Maria, …

[Benedizione]

Grazie per il vostro lavoro, grazie per quello che fate per la città! E per favore, non dimenticatevi di pregare per me, a favore! Grazie!