sabato 4 maggio 2024

Enzo Bianchi Il segno profetico del Papa sull’IA

Enzo Bianchi 
Il segno profetico del Papa sull’IA 

La Repubblica - 29 Aprile 2024


Nella mia lunga e intensa vita ecclesiale ho ascoltato più volte la giustificazione “a fin di bene” per azioni o comportamenti tenuti da ecclesiastici. Sì, nella chiesa si agisce sovente così anche per operazioni non sempre obbedienti alla prudenza, al discernimento, alla giustizia e soprattutto al Vangelo. Questo è stato un costume in voga nella chiesa: a fin di bene si taceva di fronte all’ingiustizia, a fin di bene si faceva silenzio sul genocidio nazista, a fin di bene si permetteva la persecuzione dei cristiani ottenendo però l’accordo con il governo, a fin di bene si violavano le stesse leggi ecclesiastiche. Sovente quelli che appaiono grandi scandali sui giornali sono in realtà piccole furbizie, piaceri e doni fatti agli amici. Di vera corruzione non ci sono casi se non rarissimi.

Papa Benedetto e Papa Francesco hanno interrotto questo tipo di giustificazione “a fin di bene” e hanno riportato in auge il primato della giustizia, del Vangelo, del “sì-sì, no-no” nel loro quotidiano operare: questo cambiamento significherà molto per la riforma spirituale della chiesa fortemente voluta da Francesco ma desiderata anche dal popolo di Dio.

Ora ci giunge la notizia che Papa Francesco interverrà, perché invitato, al G 7. Questo invito non può essere solo un gesto di cortesia, ma nasce dal desiderio di conoscere un pensiero umanista su quest’alba dell’intelligenza artificiale, desiderio forse anche di ottenere un discernimento e un giudizio che sia per tutta l’umanità di monito per continuare insieme la via dell’umanizzazione.

L’IA è una grande innovazione, può essere un’idea fondamentale per il bene sociale, ma passa totalmente in secondo piano quando sono in atto confitti tra blocchi di potere e guerre sanguinose. Essa può anche essere usata per scopi malefici, sorveglianza di masse, guerre cibernetiche, automazione di armi letali. Se l’IA non diventa sempre finalizzata al bene sociale rischia di accelerare la fine dell’umanità e non il suo sviluppo. Ecco perché può essere necessaria e urgente una parola di papa Francesco.

Il Papa si troverà di fronte ai sette grandi: gli árchontes, come li definiva l’apostolo Paolo, i padroni del mondo, quelli che possiedono e decidono l’uso delle armi saranno presenti e alcuni di loro sono impegnati in guerre feroci. Sono i paesi più ricchi sotto l’egemonia degli Stati Uniti, sono di fatto l’Occidente impegnato in questo momento in una guerra contro la Russia e in un sostegno a Israele contro i palestinesi.

Sarebbe stato opportuno invitare anche l’ottavo membro, la Russia, che a volte partecipava, per un G8 capace di confronto se non di dialogo. E il Papa che si troverà di fronte a questi potenti, dovrà, come i profeti e come Gesù, indurire il volto non per condannare ma per esprimere un giudizio su ciò che operano nel mondo e, ancora una volta, implorare la pace. Dovrà dare un segno profetico come Gesù di fronte a Erode quando ha taciuto e neppure una parola è uscita dalla sua bocca, o come di fronte a Pilato quando gli ha ricordato i limiti del suo potere nel mondo. Non sarà facile, ma se non lo facesse sarebbe solo una presenza seduta al tavolo dei potenti del mondo e il Vangelo di cui è portatore sarebbe occultato. Papa Francesco è un profeta, conosce la parresía, non teme e resta saldo anche di fronte alle possibili opposizioni, e dunque potrà – lo speriamo – enunciare in una sintesi performativa tutto il suo magistero sulla pace, sui poveri, sulle vittime delle violenze e dei soprusi chiedendo libertà e giustizia. Più che mai quel giorno di confronto a Borgo Egnazia Papa Francesco potrà manifestare il suo essere nel mondo senza essere del mondo. Per questo, come Geremia, sarà profeta sospeso tra cielo e terra.
(fonte: blog dell'autore)