mercoledì 10 aprile 2024

Un brutto episodio di cronaca può diventare una lezione di vita per adolescenti violenti ed esempio per genitori responsabili

Un brutto episodio di cronaca può diventare 
una lezione di vita per adolescenti violenti 
ed esempio per genitori responsabili

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Treviso, pestato da due adolescenti per un rimprovero: 
«Andrò a cena col più grande. Voglio capire se è pronto a cambiare»

Luca Gobbo, l'imprenditore picchiato da un 17enne e un 15enne per aver difeso una donna dalle offese dei due, apre all'invito del padre del maggiore: «Mi ha chiesto di conoscere il figlio. Per me sarebbe bellissimo»


L'appuntamento non è fissato ma l'intenzione, a quanto pare, è viva da entrambe le parti. Luca Gobbo potrebbe incontrare il più grande (e più violento) dei due adolescenti che, nel pomeriggio di venerdì 5 aprile, in centro a Treviso, hanno risposto al suo invito a smettere di offendere una donna sfiorata poco prima dai ragazzi (hanno 17 e 15 anni) impennando con le bici, aggredendolo e picchiandolo. Imprenditore, 50 anni, il video della bufera che ha investito Gobbo in vicolo Rialto ha fatto il giro dei siti d'informazione. Lui, che vive in Svizzera e a Treviso era tornato in visita a parenti, ha ripreso la strada di casa. Tornerà in città tra circa un mese ma, prima di salutare, ha aperto alla possibilità di un incontro, confidando di aver trovato nel padre del 17enne arrestato un «alleato» inatteso.

L'invito

«Il papà di quel ragazzetto che mi ha pestato - le parole di Gobbo raccolte dal Gazzettino - è di una gentilezza disarmante. È proprio una brava persona. Il giorno della rissa mi ha pregato di chiamare i carabinieri e mi ha detto, esattamente "Faccia quello che deve fare", come se cercasse un'ancora di salvezza nelle forze dell'ordine per raddrizzare una situazione che non riesce più a gestire». Poi l'invito: «Tra un mese, quando tornerò a Treviso (il padre del 17enne, ndr), mi ha chiesto di andare a cena da loro per conoscere il figlio, che mi colpito con calci e pugni. Per me sarebbe bellissimo poterlo vedere e capire cosa gli è scattato in testa».

Due padri alleati

La paternità, esperienza comune, ha avvicinato due perfetti sconosciuti:
«I giovani vanno raddrizzati - altro pensiero di Gobbo - e quell'anima va recuperata, anche per i genitori che, credo, stiano facendo il possibile per un figlio che ha preso da tempo una brutta strada. Anch'io ho figli e l'ultima cosa che vorrei è quella di sapere che un ragazzo ha perso le redini della sua vita. Che sogni ha? Cosa vuole diventare da grande? Sono queste le grandi motivazioni che fanno di un ragazzo, un uomo...». Ecco che la cena, possibilità offerta dal papà dell'aggressore, diventa quasi auspicio dell'aggredito: «Mi piacerebbe parlargli - chiude Gobbo - e capire che è pronto a cambiare e a pagare il suo prezzo alla giustizia». Un mese e si vedrà...
(fonte: Corriere del Veneto 08/04/2024)

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Treviso, interviene per difendere una donna:
50enne pestato da due minorenni

Luca Gobbo, 50 anni, sabato pomeriggio è stato picchiato selvaggiamente da due minorenni in centro a Treviso. I due ragazzi facevano impennate con le bicilette in un'area pedonale. Una donna li ha sgridati e loro hanno iniziato ad insultarla. A quel punto Luca Gobbo è intervenuto per difenderla, ha chiamato il padre di uno dei due ragazzi per informarlo sulla condotta del figlio e a quel punto è stato malmenato: calci, pugni e anche botte con un bidone sulla testa.

Guarda il video

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Alberto Pellai

SE L'AGGREDITO E IL PAPÀ DELL'AGGRESSORE SI ALLEANO PER EDUCARE

A Treviso, due adolescenti aggrediscono per strada un uomo, intervenuto a difendere una donna messa in pericolo dalle loro scorribande. Il padre dell'aggressore invita a cena l'aggredito, l’epilogo migliore possibile. Ecco perché

(In foto, un fotogramma sfocato del video dell'aggressione tratto dalle immagini diffuse dal Tgr Veneto)

A Treviso, due adolescenti aggrediscono un uomo per strada, intervenuto a difendere una donna con due bambini messa in pericolo dalle loro scorribande in bicicletta. In questa storia di enorme confusione dove ci sono minori che non sanno cos’è il senso civico (hanno picchiato l’adulto che li ha rimproverati proprio di questo) e adulti che non temono di intervenire per strada per ripristinarlo e richiamare i ragazzi a un comportamento più consono, l’epilogo sembra essere il migliore possibile.

Infatti, il padre di uno dei due ragazzi non solo ha chiamato l’uomo vittima delle botte di suo figlio e si è scusato personalmente, ma ha fatto una di quelle cose che oggi proprio non ti aspetti: lo ha invitato a cena perché possa stare davanti a suo figlio e chiedergli il motivo di tanta rabbia e violenza. È un intervento in cui il ragazzo sarà costretto a “metterci la faccia”. Ovvero a prendersi le responsabilità del proprio gesto, a chiedere scusa e a verificare in prima persona con la propria vittima quale sarà la richiesta che verrà fatta a scopo riparativo. Non sarà una richiesta economica, a quanto l’adulto ha lasciato intendere nell’intervista rilasciata al Corriere veneto. Ma sarà una richiesta di risarcimento “etico”. Qualcosa che avrà a che fare proprio con quel “senso civico” richiamato nel rimprovero da cui ha avuto origine tutta la triste faccenda.

Penso che questa storia valga la pena di essere divulgata e commentata. Perché, partendo dall’azione molto maldestra di due minorenni, vede invece un’alleanza – oggi quanto mai inaspettata e sempre più rara – del mondo adulto. Ciò che colpisce è la capacità di fare squadra tra i genitori del colpevole e la sua vittima. Oggi è merce rara, perché nel mondo adulto si è instaurata questa abitudine – davvero malsana – di difendere l’operato del figlio anche di fronte ai comportamenti più disfunzionali. Le cronache sono piene di famiglie che, di fronte alle malefatte dei propri figli, sono scese in arena per rivendicarne la presunta innocenza. I minori non capiscono più nulla, quando di fronte ai propri errori vedono i genitori avallarli e trovare motivazioni a loro discolpa.

È il percorso più diseducativo che ci possa essere perché provoca due conseguenze che nel medio e lungo termine possono provocare danni ancora peggiori. Da una parte il ragazzo è spinto sempre più a normalizzare le azioni disfunzionali di cui si rende protagonista. Se gli adulti ne giustificano l’operato, ergendosi a paladini della loro innocenza, ogni gesto violento diventa un gesto che sembra essere giustificabile e senza conseguenze e che troverà il ragazzo poco coinvolto nella sua riparazione. Il conflitto si sposta infatti al piano alto, dove gli adulti cominciano ad affrontarsi per vie legali, spesso lasciando il minore in un angolo, come se fosse lo spettatore passivo di ciò che è avvenuto, e non l’autore e l’attore principale. La seconda conseguenza è la de-responsabilizzazione che ne deriva.

Il minore viene difeso dagli adulti e non si confronta mai, faccia a faccia, con la sua vittima. Non sente raccontare da quest’ultima lo sgomento, il disorientamento e il dolore che quell’azione maldestra (nella logica del minore) e al tempo stesso criminale (nella logica della legge) ha prodotto. In tale vicenda, invece, gli adulti si sono alleati proprio perché avvenga questo: ovvero, che il colpevole si confronti con la sua vittima, ne ascolti il vissuto, ne venga interpellato dalle domande e dal bisogno di chiedere «Perché mi hai fatto questo?».

È un passaggio importantissimo, perché solo mettendo il proprio sguardo nello sguardo di chi ha patito le conseguenze e il dolore di un gesto violento, si può trovare il modo di chiedere sinceramente scusa, di assumersi la responsabilità per aver fatto avvenire qualcosa che non avrebbe mai dovuto accadere. È così che si aiuta un figlio a comprendere la natura del proprio sbaglio, evitando che egli stesso si trasformi in una “persona sbagliata”.
(fonte: Famiglia Cristiana 10/04/2024)