lunedì 29 aprile 2024

Papa Francesco a Venezia 28 aprile 2024 - Incontro con gli artisti: "da qui vorrei mandare a tutti questo messaggio: il mondo ha bisogno di artisti." (cronaca, foto, testo e video)

VISITA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A VENEZIA 

Domenica, 28 aprile 2024


8:45 Terminato l’incontro con le detenute nel Cortile, il Santo Padre raggiunge la chiesa della Maddalena (Cappella del Carcere), dove è accolto dall’Em.mo Card. José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, Curatore del Padiglione della Santa Sede alla Biennale d’Arte di Venezia.
9:00 Chiesa della Maddalena:
- INCONTRO CON GLI ARTISTI
Saluto del Cardinale José Tolentino de Mendonça
Discorso del Santo Padre
Il Santo Padre saluta le Autorità e gli Artisti che partecipano all’Esposizione.
9:30 Il Santo Padre lascia l’Isola della Giudecca e raggiunge in motovedetta la Basilica di Santa Maria della Salute.

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Il Papa: il mondo ha bisogno dell’arte, città rifugio per tutti

Francesco incontra gli artisti della Biennale d’Arte di Venezia nella chiesa della Maddalena, ovvero la cappella del Carcere nell’Isola della Giudecca: “accanto a voi mi sento a casa. L’arte disobbedisce a forme al regime di violenza e discriminazione per includere e abbracciare tutti, a cominciare dagli ultimi”. Il Pontefice mette in luce “il rischio che il mercato rubi l’innocenza” e auspica che l’arte aiuti a valorizzare il contributo delle donne


Una “città rifugio” per liberare il mondo dall’egoismo e dal rifiuto dell’altro. Nel suo incontro con gli artisti della Biennale d’Arte di Venezia nella chiesa della Maddalena, Francesco definisce così l’arte.

Creare riconciliazione

L’immagine della “città rifugio”, spiega il Vescovo di Roma, è tratta dal codice deuteronomico: sono un’istituzione biblica “destinata a prevenire lo spargimento di sangue innocente e a moderare il cieco desiderio di vendetta, per garantire la tutela dei diritti umani e cercare forme di riconciliazione”

Sarebbe importante se le varie pratiche artistiche potessero costituirsi ovunque come una sorta di rete di città rifugio, collaborando per liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, nella xenofobia, nella disuguaglianza, nello squilibrio ecologico e dell’aporofobia, questo terribile neologismo che significa “fobia dei poveri”.


Disobbedire alla violenza e alla discriminazione

È l’egoismo, prosegue il Papa, “che ci fa funzionarie come isole solitarie invece che come arcipelaghi collaborativi”. L’arte è chiamata ad essere una città che “disobbedisce al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere, abbracciare tutti”:

Immaginate città che ancora non esistono sulla carta geografica: città in cui nessun essere umano è considerato un estraneo. È per questo che quando diciamo “stranieri ovunque”, stiamo proponendo “fratelli ovunque”.


Un incontro a casa, tra amici

“Accanto a voi non mi sento uno straniero, mi sento a casa” dice il Pontefice agli artisti ai quali confida di aver desiderato incontrarli alla Biennale per “contraccambiare una visita, com’è buona abitudine tra amici”. Il riferimento è all’incontro in Cappella Sistina dello scorso 23 giugno: “ora sono io a venire a casa vostra, per sentirmi ancora più vicino a voi e ringraziarvi di quello che siete e che fate”.


Lo sguardo contemplativo dell'arte

Francesco riflette sul titolo del padiglione: Con i miei occhi. “Tutti – osserva – abbiamo bisogno di essere guardati e di osare guardare noi stessi. Gesù è il Maestro che guarda tutti con l’intensità di un amore che non giudica, ma sa essere vicino e incoraggiare”.

L’arte ci educa a questo tipo di sguardo, non possessivo, non oggettivante, ma nemmeno indifferente, superficiale; ci educa a uno sguardo contemplativo.


Il mercato che vampirizza la creatività

Quindi il Papa rivolge un appello urgente agli artisti “chiamati ad andare oltre” e chiede loro di distinguere l’arte dal mercato:

Certo, il mercato promuove e canonizza, ma c’è sempre il rischio che “vampirizzi” la creatività, rubi l’innocenza e, infine, istruisca freddamente sul da farsi.


In ascolto del femminile

Infine dalla Cappella carcere femminile della Giudecca decorata decorata con l’installazione di sculture in tessuto sospese, il Santo Padre menziona artiste donne come Frida Khalo, Corita Kent o Louise Bourgeois: “nessuno ha il monopolio del dolore umano, ma ci sono una gioia e una sofferenza”, constata Francesco, “che si uniscono nel femminile in una forma unica e di cui dobbiamo metterci in ascolto, perché hanno qualcosa di importante da insegnarci”:

Mi auguro con tutto il cuore che l’arte contemporanea possa aprire il nostro sguardo, aiutandoci a valorizzare adeguatamente il contributo delle donne, come coprotagoniste dell’avventura umana.

Agli artisti il Pontefice consegna una “domanda che ci spinge verso il futuro”, da conservare nel cuore. È l’interrogativo indirizzato da Gesù alle folle, a proposito di Giovanni Battista: Cosa siete andati a vedere nel deserto? (Mt 11, 7-8).

Il saluto del cardinale Tolentino

A salutare il Papa al suo arrivo nella Cappella del Carcere, il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione e curatore del Padiglione della Santa Sede alla Biennale d’Arte di Venezia: “La sua visita”, ha detto il porporato riferendosi a quello che è stato definito come un divorzio tra arte e Chiesa in epoca contemporanea, "inaugura una nuova era nel rapporto tra la Chiesa e le arti" e “rende evidente la volontà di mettere in atto uno stile nuovo, in cui le convergenze plurali siano intessute nella libertà e la porzione di cammino autentico che possiamo fare insieme sia più apprezzata dell'affermazione ossessiva del potere”.

Inquilini, non padroni di casa

“Questo padiglione – ha proseguito Tolentino de Mendonça - ne è la testimonianza. Non abbiamo cercato gli artisti più comodi. Non abbiamo voluto costruire una trincea o isolarci in una visione. Al contrario, l'invito è che tutti vedano con i propri occhi. In questo senso, abbiamo scelto di essere inquilini e vicini, piuttosto che padroni di casa”.
(fonte: Vatican News, articolo di Paolo Ondarza 28/04/2024)

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DISCORSO DEL SANTO PADRE

Chiesa della Maddalena (Isola della Giudecca)


Signor Cardinale, Eccellenze,
Signor Ministro,
Signor Presidente,
Illustri Curatori,
Care Artiste e cari Artisti!

Ho molto desiderato venire alla Biennale d’Arte di Venezia per contraccambiare una visita, com’è buona abitudine tra amici. Nel giugno scorso, infatti, ho avuto la gioia di accogliere un folto gruppo di artisti nella Cappella Sistina. Ora sono io a venire “a casa vostra” per incontrarvi personalmente, per sentirmi ancora più vicino a voi e, in questo modo, ringraziarvi di quello che siete e che fate. E nello stesso tempo da qui vorrei mandare a tutti questo messaggio: il mondo ha bisogno di artisti. Lo dimostra la moltitudine di persone di ogni età che frequentano luoghi ed eventi d’arte; mi piace ricordare tra questi le Vatican Chapels, primo Padiglione della Santa Sede realizzato sei anni fa sull’Isola di San Giorgio, in collaborazione con la Fondazione Cini, nell’ambito della Biennale di Architettura.

Vi confesso che accanto a voi non mi sento un estraneo: mi sento a casa. E penso che in realtà questo valga per ogni essere umano, perché, a tutti gli effetti, l’arte riveste lo statuto di “città rifugio”, un’entità che disobbedisce al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere, abbracciare tutti. Tutti, a cominciare dagli ultimi.

Le città rifugio sono un’istituzione biblica, menzionata già nel codice deuteronomico (cfr Dt 4,41), destinata a prevenire lo spargimento di sangue innocente e a moderare il cieco desiderio di vendetta, per garantire la tutela dei diritti umani e cercare forme di riconciliazione. Sarebbe importante se le varie pratiche artistiche potessero costituirsi ovunque come una sorta di rete di città rifugio, collaborando per liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, nella xenofobia, nella disuguaglianza, nello squilibrio ecologico e dell’aporofobia, questo terribile neologismo che significa “fobia dei poveri”. Dietro a queste antinomie c’è sempre il rifiuto dell’altro. C’è l’egoismo che ci fa funzionare come isole solitarie invece che come arcipelaghi collaborativi. Vi imploro, amici artisti, immaginate città che ancora non esistono sulla carta geografica: città in cui nessun essere umano è considerato un estraneo. È per questo che quando diciamo “stranieri ovunque”, stiamo proponendo “fratelli ovunque”.

Il titolo del padiglione in cui ci troviamo è “Con i miei occhi”. Abbiamo tutti bisogno di essere guardati e di osare guardare noi stessi. In questo, Gesù è il Maestro perenne: Egli guarda tutti con l’intensità di un amore che non giudica, ma sa essere vicino e incoraggiare. E direi che l’arte ci educa a questo tipo di sguardo, non possessivo, non oggettivante, ma nemmeno indifferente, superficiale; ci educa a uno sguardo contemplativo. Gli artisti sono nel mondo, ma sono chiamati ad andare oltre. Ad esempio, oggi più che mai è urgente che sappiano distinguere chiaramente l’arte dal mercato. Certo, il mercato promuove e canonizza, ma c’è sempre il rischio che “vampirizzi” la creatività, rubi l’innocenza e, infine, istruisca freddamente sul da farsi.

Oggi abbiamo scelto di ritrovarci tutti insieme qui, nel carcere femminile della Giudecca. È vero che nessuno ha il monopolio del dolore umano. Ma ci sono una gioia e una sofferenza che si uniscono nel femminile in una forma unica e di cui dobbiamo metterci in ascolto, perché hanno qualcosa di importante da insegnarci. Penso ad artiste come Frida Khalo, Corita Kent o Louise Bourgeois e tante altre. Mi auguro con tutto il cuore che l’arte contemporanea possa aprire il nostro sguardo, aiutandoci a valorizzare adeguatamente il contributo delle donne, come coprotagoniste dell’avventura umana.

Care Artiste e cari Artisti, ricordo l’interrogativo indirizzato da Gesù alle folle, a proposito di Giovanni il Battista: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere?» (Mt 11,7-8). Conserviamo questa domanda nel cuore, nel nostro cuore. Essa ci spinge verso il futuro.

Grazie! Vi porto nella preghiera. E per favore, pregate per me. Grazie.

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A3 NEWS Treviso 28/04/2024 - VENEZIA - 
A Santa Maria Maddalena delle Convertite, sempre alla Giudecca, l'incontro con gli artisti e i vertici della Biennale d'Arte. E' la prima volta che un pontefice visita il padiglione della Santa Sede. «Il mondo - ha detto papa Francesco - ha bisogno degli artisti». || "Con i miei occhi" è il titolo del Padiglione della Santa Sede alla 60esima Biennale d'arte di Venezia, visitato per la prima volta da un pontefice. Papa Francesco parla agli artisti nella chiesa di Santa Maria Maddalena delle Convertite, alla Giudecca, ricambiando un incontro dei mesi scorsi alla Cappella Sistina. Arte che può superare gli egoismi, creare arcipelaghi di collaborazione, contrastare la tendenza al rifiuto dell'altro, la paura del povero. Ad ascoltare le sue parole, le istituzioni, gli artisti stessi, i vertici della Biennale. - Intervistati CARD. JOSE' TOLENTINO (Prefetto Dicastero Cultura Vaticano), CARLO NORDIO (Ministro della Giustizia), LUCA ZAIA (Presidente Regione Veneto) (Servizio di Lina Paronetto)

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