Andrea Monda
Quaresima comunicativa
Anche il mondo della comunicazione dovrebbe vivere la sua Quaresima, rivedere quello che non va nella propria quotidianità e mettersi in un processo di conversione. Impresa non facile. Il mondo occidentale contemporaneo è così pervaso dalla comunicazione che sembra che tutto sia solo e in quanto è comunicazione, come se visto che con gli attuali mezzi (oggi si dice “dispositivi”) tutto si può comunicare, allora tutto si debba comunicare.
A fronte di tutto questo la Quaresima, con il suo messaggio fatto di immagini e azioni quali il deserto, il digiuno, il silenzio... può allora diventare per davvero un’occasione quanto mai preziosa. Per il filosofo francese Gilles Deleuze «Non ci manca certo la comunicazione, anzi ne abbiamo troppa; ci manca la creazione. Ci manca la resistenza al presente. Siamo pervasi di parole inutili, di una quantità folle di parole e di immagini. La stupidità non è mai muta né cieca. Il problema non è più quello di fare in modo che la gente si esprima, ma di procurare loro degli interstizi di solitudine e di silenzio a partire dai quali avranno finalmente qualcosa da dire. Le forze della repressione non impediscono alla gente di esprimersi, al contrario la costringono ad esprimersi. Dolcezza di non aver nulla da dire, diritto di non aver nulla da dire: è questa la condizione perché si formi qualcosa di raro o di rarefatto che meriti, per poco che sia, d’esser detto».
Deleuze aveva ragione: ci manca la creazione. Per i troppi alberi non si vede il bosco. La saturazione della comunicazione impedisce l’emergere dell’anima della comunicazione, la creatività. Così dicendo il pensatore francese collega strettamente la creatività con la solitudine e il silenzio. E immagina il recupero di queste due dimensioni come un atto di “resistenza”, un riscatto dalla tirannia del “presente”. Siamo troppo presi dalle circostanze, dalla congiuntura, dal “da fare” e la nostra agenda è solo quello che significa: “cose da fare”. Forse dovremmo buttarla via ogni tanto, l’agenda, e provare a stare dentro quegli “interstizi” e metterci in ascolto. Silenzio e solitudine, questa potrebbe essere la via per una Quaresima feconda per il mondo della comunicazione. È la stessa indicazione che arriva da uno dei maggiori scrittori del ’900 morto proprio cento anni fa il 3 giugno 1924, Franz Kafka: «Non è necessario che tu esca di casa. Rimani al tuo tavolo e ascolta. Non ascoltare neppure, aspetta soltanto. Non aspettare neppure, resta in perfetto silenzio e solitudine. Il mondo ti si offrirà per essere smascherato, non ne può fare a meno, estasiato si torcerà davanti a te». Se la provocazione dello scrittore praghese coglie la verità, allora va ripensato il rapporto tra gli operatori della comunicazione e il mondo, per porsi la domanda: qual è la mentalità che ispira chi lavora nella comunicazione? Una mentalità “estrattiva”, il mondo come oggetto di studio, cadavere sul tavolo dell’anatomopatologo, scena del crimine da scrutare e in cui rovistare morbosamente, oppure un luogo popolato da soggetti, persone, dotate di una dignità da rispettare, un luogo vivo, un organismo vivente che innanzitutto va ascoltato, possibilmente con amore?
(fonte: L'Osservatore Romano 21/03/2024)