sabato 3 febbraio 2024

RANIERO LA VALLE - Il conflitto israeliano-palestinese: una tragedia senza alternative? (VIDEO)

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Primo  Mercoledì - 31 gennaio 2024
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Il conflitto israeliano-palestinese:  
una tragedia senza alternative?
Raniero La Valle



        Sul conflitto israelo-palestinese e gli eccidi di Gaza la ricostruzione degli eventi mostra che dalla tragedia in atto non si può uscire né con la vittoria di Israele, né con la vittoria di Hamas, né costituendo i due Stati né unendo i due popoli in uno Stato solo; l’uno o l’altro esito di questo conflitto precipiterebbe in genocidio, ammesso che questo non sia già in atto come la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja ha constatato ingiungendo ad Israele e alle sue Forze Armate di cessarne e prevenirne la perpetrazione. 
       Lo Stato di Israele – che si concepisce con la sua legge costituzionale del 2018 come uno “Stato nazione” del solo popolo ebraico e i 700.000 coloni che hanno preso il controllo di Gerusalemme e della Cisgiordania – esclude l’esistenza politica, e perfino fisica, di ogni altro popolo, né i palestinesi potrebbero vincere senza pagarne il prezzo della loro stessa distruzione. 
     D’altra parte il popolo ebreo della Diaspora è in pericolo, come mai dopo la Shoà, perché l’esecrazione generalizzata che sta suscitando la condotta di Israele a Gaza, documentata giorno per giorno in tutte le Televisioni pur favorevoli ad Israele, si riverbera sugli Ebrei pacificamente inseriti tra i vari popoli e Stati del mondo. L’antisemitismo rischia di trovare crescente alimento man mano che sembra avvicinarsi la definitiva liquidazione di Gaza, o con il trasloco forzato della popolazione palestinese restante o con la sua eliminazione fisica.
        La situazione suscita particolare dolore nelle comunità cristiane più mature e nella Chiesa stessa che dopo il Concilio hanno avuto la gioia di un rapporto fraterno con gli Ebrei, hanno riscoperto l’unità delle due Scritture, ne hanno corretto le letture fondamentalistiche e fuorvianti, si sono inventato e hanno portato avanti il “dialogo ebraico-cristiano”. 
        Senza una rettifica del pensiero di tutti, un puro snodarsi dello stato di cose presenti secondo la loro logica propria, non può che finire in catastrofe.
        C’è una sola soluzione possibile, e una sola cosa da fare: la riconciliazione. In questo senso i cattivi amici di Israele e i cattivi amici dei palestinesi rendono loro il peggiore servizio incitandoli alla reciproca sopraffazione. La riconciliazione, proprio a partire da una veritiera lettura dell’affrontamento in atto non come di una guerra ma come di un genocidio, è invece possibile. Da un massimo di male il rovesciamento è possibile: è avvenuto per molti popoli, è avvenuto tra uomini e no, tra bianchi e neri, anche per noi con i tedeschi che avevano fatto le stragi di Casaglia a Marzabotto (una intera comunità uccisa con prete, donne e bambini, come racconta il libro “Le querce di Monte Sole” con la prefazione di Giuseppe Dossetti), la strage delle Fosse Ardeatine, e in mille altri luoghi. 
    Israeliani e palestinesi possono riconoscersi come coabitanti e cittadini nella stessa Terra, perché questo ha fatto la storia, e la storia da cui veniamo non è fatta da noi. Questo certamente comporta non una conservazione ma un cambiamento, a partire da un ripensamento ebraico ma non confessionale dello Stato di Israele e un suo più articolato rapporto con gli Ebrei della Diaspora, e da una distinzione tra popolo palestinese e comunità islamiche più o meno radicali. In un mio libro appena uscito, “Gaza delle Genti, Israele contro Israele” c’è perfino un capitolo intitolato “Per uno Stato della Città di Sion (SCS)”, in cui si propone di ritagliare a Gerusalemme una piccola area extraterritoriale sovrana in cui stabilire un centro mondiale delle tre religioni monoteiste, ebrei, islamici e cristiani, una specie di Stato della Città di Sion (come a Roma lo SCV) per vivere una ritrovata pace tra le grandi fedi e culture e i popoli coinvolti. 
    Niente, come la storia ci mostra, è impossibile. Il titolo del libro evoca il ruolo salvifico ora venuto meno della “Gerusalemme delle Genti”, che adesso è piuttosto rappresentato dal sacrificio degli innocenti di Gaza

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