#LA CATTIVA MUSICA
di Gianfranco Ravasi
“Detestate pure la cattiva musica, ma non disprezzatela. Dato che la si suona e la si canta ben di più, e ben più appassionatamente, di quella buona, molto più di quella buona si è a poco a poco impregnata del sogno e delle lacrime degli uomini.”
Sono stato spesso criticato perché seguo le canzoni del Festival di Sanremo, o perché mi interesso e mi sforzo di ascoltare alcuni testi musicali cari ai giovani di oggi e persino di incontrare qualche loro autore. Lo sconcerto si basa anche sul fatto, noto a molti, del mio amore per la musica classica, a partire dalla mia incondizionata ammirazione per Bach e per Mozart. A giustificare questa contraddizione mi viene in aiuto quello scrittore del pantheon letterario che è Marcel Proust con un suo sorprendente Elogio alla cattiva musica (1896). In realtà, non è necessariamente vero che le canzoni o le forme musicali care alle giovani generazioni siano brutte o “cattive”.
Ma l’autore della “Ricerca del tempo perduto” coglie un elemento rilevante: attraverso quelle musiche e quelle parole affiorano e prendono corpo i sogni, le lacrime, le speranze e le frustrazioni, l’amore e l’insoddisfazione di tanti giovani. Lo stesso loro procedere per strada con le cuffie è come un calare una visiera sul mondo estraneo. Il nostro sforzo di adulti e di anziani è, allora, quello di intercettare il respiro costante dell’animo umano che, nel bene e nel male, lancia un suo messaggio. Certo, la cultura greca ci ha insegnato che esiste anche l’aspetto dionisiaco della musica che acceca e travolge. Ma un sapiente biblico come il Siracide esortava l’anziano «a non disturbare la musica e, durante un’esecuzione, a evitare le critiche rumorose» (32,3–4).
(Fonte: “Il Sole 24 Ore - Domenica” -11 febbraio 2024)