sabato 13 gennaio 2024

Papa Francesco «Non è bene che l’uomo sia solo». Curare il malato curando le relazioni - Messaggio per la XXXII Giornata Mondiale del Malato (sintesi/commento e testo integrale)

Il messaggio del Papa 
per la XXXII Giornata Mondiale del Malato

Il Papa: la guerra è la peggiore malattia sociale, le conseguenze sono dei fragili
“Non è bene che l’uomo sia solo”, è il titolo del messaggio di Francesco per la XXXII Giornata Mondiale del Malato, l'11 febbraio. Il Papa indica come troppo spesso viga la cultura dello scarto anche nei Paesi che sono in pace, in cui le scelte politiche “non riescono a mettere al centro la dignità della persona umana e dei suoi bisogni”. Le cure, inoltre, non siano ridotte “alle sole prestazioni sanitarie”, ma siano accompagnate da una “alleanza terapeutica tra medico, paziente e familiare”


“Prendiamoci cura di chi soffre ed è solo”, gli ammalati, i fragili, i poveri, “sono nel cuore della Chiesa e devono essere anche al centro delle nostre attenzioni umane e premure pastorali”. Lo scrive il Papa nel messaggio per la XXXII Giornata Mondiale del Malato, che si celebra il prossimo 11 febbraio, il cui testo è stato diffuso questa mattina dalla Sala Stampa della Santa Sede. “Non è bene che l’uomo sia solo. Curare il malato curando le relazioni” è il tema della riflessione del Pontefice che, partendo da un passo della Genesi, ricorda come Dio abbia creato l’uomo per stare in comunione e, per questo, abbandono e solitudine spaventano e sono dolorose. Una circostanza, spiega il Papa, che è ancora più vera “nel tempo della fragilità, dell’incertezza e dell’insicurezza, spesso causate dal sopraggiungere di una qualsiasi malattia seria”.

La guerra è la più terribile delle malattie sociali

Il pensiero di Francesco va quindi a quanti sono stati “terribilmente soli”, durante la pandemia di Covid-19: pazienti che non potevano ricevere visite, ma anche infermieri, medici e personale di supporto, “tutti sovraccarichi di lavoro e chiusi nei reparti di isolamento”. Senza poi dimenticare chi ha dovuto affrontare l’ora della morte da solo, assistito dal personale sanitario, “ma lontano dalle proprie famiglie”. La malattia sociale più terribile per cui le persone più fragili pagano il prezzo più alto, tuttavia, è la guerra e il Papa partecipa con dolore alla condizione di sofferenza e di solitudine di chi, a causa di questa e delle sue tragiche conseguenze, si trova “senza sostegno e senza assistenza”.

La dignità umana sempre al centro delle scelte pubbliche

Molte volte però, anche nei Paesi più ricchi e in pace, “il tempo dell’anzianità e della malattia è spesso vissuto nella solitudine e, talvolta, addirittura nell’abbandono”. Una realtà triste, figlia della cultura dell’individualismo, “che esalta il rendimento a tutti i costi e coltiva il mito dell’efficienza, diventando indifferente e perfino spietata quando le persone non hanno più le forze necessarie per stare al passo”. È la “cultura dello scarto”, scrive il Papa, che “pervade purtroppo anche certe scelte politiche, che non riescono a mettere al centro la dignità della persona umana e dei suoi bisogni, e non sempre favoriscono strategie e risorse necessarie per garantire ad ogni essere umano il diritto fondamentale alla salute e l’accesso alle cure”. “Allo stesso tempo”, aggiunge, “l’abbandono dei fragili e la loro solitudine sono favoriti anche dalla riduzione delle cure alle sole prestazioni sanitarie, senza che esse siano saggiamente accompagnate da una ‘alleanza terapeutica’ tra medico, paziente e familiare”.

Il desiderio di vicinanza e tenerezza

Prendersi cura del malato, infatti, significa innanzitutto prendersi cura di tutte le sue relazioni, Dio, famigliari, amici, personale sanitario, ma anche con il creato e con sé stesso. “La prima cosa di cui abbiamo bisogno nella malattia è perciò “la vicinanza piena di compassione e di tenerezza”. Il Papa poi si rivolge direttamente ai malati, chiedendo loro di non vergognarsi di questo. “Non abbiate vergogna del vostro desiderio di vicinanza e di tenerezza!”, scrive Francesco, “non nascondetelo e non pensate mai di essere un peso per gli altri. La condizione dei malati invita tutti a frenare i ritmi esasperati in cui siamo immersi e a ritrovare noi stessi”. Siamo venuti al mondo perché qualcuno ci ha accolti, siamo fatti per l’amore, siamo chiamati alla comunione e alla fraternità.
(fonte: Vatican News, articolo di Michele Raviart 13/01/2024)

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XXXII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

11 febbraio 2024

«Non è bene che l’uomo sia solo».
Curare il malato curando le relazioni

«Non è bene che l’uomo sia solo» (Gen 2,18). Fin dal principio, Dio, che è amore, ha creato l’essere umano per la comunione, inscrivendo nel suo essere la dimensione delle relazioni. Così, la nostra vita, plasmata a immagine della Trinità, è chiamata a realizzare pienamente se stessa nel dinamismo delle relazioni, dell’amicizia e dell’amore vicendevole. Siamo creati per stare insieme, non da soli. E proprio perché questo progetto di comunione è inscritto così a fondo nel cuore umano, l’esperienza dell’abbandono e della solitudine ci spaventa e ci risulta dolorosa e perfino disumana. Lo diventa ancora di più nel tempo della fragilità, dell’incertezza e dell’insicurezza, spesso causate dal sopraggiungere di una qualsiasi malattia seria.

Penso ad esempio a quanti sono stati terribilmente soli, durante la pandemia da Covid-19: pazienti che non potevano ricevere visite, ma anche infermieri, medici e personale di supporto, tutti sovraccarichi di lavoro e chiusi nei reparti di isolamento. E naturalmente non dimentichiamo quanti hanno dovuto affrontare l’ora della morte da soli, assistiti dal personale sanitario ma lontani dalle proprie famiglie.

Allo stesso tempo, partecipo con dolore alla condizione di sofferenza e di solitudine di quanti, a causa della guerra e delle sue tragiche conseguenze, si trovano senza sostegno e senza assistenza: la guerra è la più terribile delle malattie sociali e le persone più fragili ne pagano il prezzo più alto.

Occorre tuttavia sottolineare che, anche nei Paesi che godono della pace e di maggiori risorse, il tempo dell’anzianità e della malattia è spesso vissuto nella solitudine e, talvolta, addirittura nell’abbandono. Questa triste realtà è soprattutto conseguenza della cultura dell’individualismo, che esalta il rendimento a tutti i costi e coltiva il mito dell’efficienza, diventando indifferente e perfino spietata quando le persone non hanno più le forze necessarie per stare al passo. Diventa allora cultura dello scarto, in cui «le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se “non servono ancora” – come i nascituri –, o “non servono più” – come gli anziani» (Enc. Fratelli tutti, 18). Questa logica pervade purtroppo anche certe scelte politiche, che non riescono a mettere al centro la dignità della persona umana e dei suoi bisogni, e non sempre favoriscono strategie e risorse necessarie per garantire ad ogni essere umano il diritto fondamentale alla salute e l’accesso alle cure. Allo stesso tempo, l’abbandono dei fragili e la loro solitudine sono favoriti anche dalla riduzione delle cure alle sole prestazioni sanitarie, senza che esse siano saggiamente accompagnate da una “alleanza terapeutica” tra medico, paziente e familiare.

Ci fa bene riascoltare quella parola biblica: non è bene che l’uomo sia solo! Dio la pronuncia agli inizi della creazione e così ci svela il senso profondo del suo progetto per l’umanità ma, al tempo stesso, la ferita mortale del peccato, che si introduce generando sospetti, fratture, divisioni e, perciò, isolamento. Esso colpisce la persona in tutte le sue relazioni: con Dio, con sé stessa, con l’altro, col creato. Tale isolamento ci fa perdere il significato dell’esistenza, ci toglie la gioia dell’amore e ci fa sperimentare un oppressivo senso di solitudine in tutti i passaggi cruciali della vita.

Fratelli e sorelle, la prima cura di cui abbiamo bisogno nella malattia è la vicinanza piena di compassione e di tenerezza. Per questo, prendersi cura del malato significa anzitutto prendersi cura delle sue relazioni, di tutte le sue relazioni: con Dio, con gli altri – familiari, amici, operatori sanitari –, col creato, con sé stesso. È possibile? Si, è possibile e noi tutti siamo chiamati a impegnarci perché ciò accada. Guardiamo all’icona del Buon Samaritano (cfr Lc 10,25-37), alla sua capacità di rallentare il passo e di farsi prossimo, alla tenerezza con cui lenisce le ferite del fratello che soffre.

Ricordiamo questa verità centrale della nostra vita: siamo venuti al mondo perché qualcuno ci ha accolti, siamo fatti per l’amore, siamo chiamati alla comunione e alla fraternità. Questa dimensione del nostro essere ci sostiene soprattutto nel tempo della malattia e della fragilità, ed è la prima terapia che tutti insieme dobbiamo adottare per guarire le malattie della società in cui viviamo.

A voi, che state vivendo la malattia, passeggera o cronica, vorrei dire: non abbiate vergogna del vostro desiderio di vicinanza e di tenerezza! Non nascondetelo e non pensate mai di essere un peso per gli altri. La condizione dei malati invita tutti a frenare i ritmi esasperati in cui siamo immersi e a ritrovare noi stessi.

In questo cambiamento d’epoca che viviamo, specialmente noi cristiani siamo chiamati ad adottare lo sguardo compassionevole di Gesù. Prendiamoci cura di chi soffre ed è solo, magari emarginato e scartato. Con l’amore vicendevole, che Cristo Signore ci dona nella preghiera, specialmente nell’Eucaristia, curiamo le ferite della solitudine e dell’isolamento. E così cooperiamo a contrastare la cultura dell’individualismo, dell’indifferenza, dello scarto e a far crescere la cultura della tenerezza e della compassione.

Gli ammalati, i fragili, i poveri sono nel cuore della Chiesa e devono essere anche al centro delle nostre attenzioni umane e premure pastorali. Non dimentichiamolo! E affidiamoci a Maria Santissima, Salute degli infermi, perché interceda per noi e ci aiuti ad essere artigiani di vicinanza e di relazioni fraterne.

Roma, San Giovanni in Laterano, 10 gennaio 2024

FRANCESCO