domenica 22 ottobre 2023

"Un cuore che ascolta - lev shomea" n° 50 - 2022/2023 anno A

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino


XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Vangelo:


«Restituite a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». E' la risposta di Gesù alla domanda trappola tesa dai farisei e dagli erodiani. Qualsiasi altra risposta avrebbe messo Gesù in cattiva luce, agli occhi dell'occupante romano o a quelli del popolo di Israele che mal digeriva di dover pagare le tasse a un re straniero. Per questo Gesù chiede che gli sia mostrata la moneta del "census", la tassa, dove, oltre all'effige di Tiberio, vi era una scritta attestante la sua divinità: "Tiberius Caesar, Divi Augusti Filius, Augustus Pontifex Maximus", Tiberio Cesare, Figlio del Divino Augusto, Augusto Pontefice Massimo. La risposta di Gesù, che sembra eludere la domanda, sposta invece il problema su un altro livello e appare adesso assai più chiara. Se possiedi la moneta di Cesare ne riconosci l'autorità ed anche la divinità. Tra l'altro la scena si svolge all'interno del Tempio, dove è fatto assoluto divieto di introdurre monete non ebraiche, in maniera particolare quelle che recano effigi idolatriche. Chi ha tentato di cogliere in fallo Gesù è caduto nella sua stessa trappola e adesso è lui ad essere accusato di idolatria, il peccato in assoluto più grave secondo la Torah, la Legge di Dio. E inoltre: che cosa è dovuto a Cesare e che cosa a Dio? La risposta di Gesù non indica certo la separazione tra il potere temporale e quello spirituale, quasi una tacita alleanza fra trono e altare, come un tempo (e forse anche oggi) veniva intesa. Restituire a Cesare ciò che è suo significa restituire all'idolo-Cesare quanto gli appartiene: l'idolatria del potere, della forza, del denaro; significa disconoscere la sua presunta divinità e la sua signoria riaffermando quella di Dio. Al Signore va data ogni altra cosa, ogni bene, la vita dei suoi figli, il suo popolo, poiché TUTTO appartiene a Dio, nulla a Cesare, soprattutto quando Cesare si impone come un dio dal potere assoluto.