Perché La Civiltà Cattolica pubblica le conversazioni private
di Papa Francesco con i gesuiti?
Ormai è tradizione che Papa Francesco, durante i suoi viaggi apostolici, incontri i gesuiti del Paese nel quale si trova, se sono presenti. E non ha mai voluto tenere discorsi né ha voluto ascoltarne. Francesco invita subito a fare domande, di qualunque tipo, ed è sempre disponibile a rispondere apertamente, liberamente. Queste conversazioni non sono da intendere come «conferenze stampa», assolutamente. Non rientrano in questa logica. Sono reali conversazioni private, con interruzioni, dialoghi con l’uno e con l’altro, etc. Il clima è abbastanza rilassato, sebbene ovviamente i gesuiti siano, generalmente, emozionati e felici di vedere con loro il Papa (gesuita). Dunque è una conversazione privata. E tale è e deve rimanere nello spirito: non si fanno riprese, ad esempio.
E allora perché La Civiltà Cattolica pubblica queste conversazioni se sono private?
Eravamo in Corea, durante il viaggio apostolico del 2014. Mi viene detto che, alla fine della telecronaca della Messa per il Tg1 che stavo facendo, devo salire su un elicottero che mi porterà all’Università Sogang dei gesuiti. Chiedo il perché. La risposta è stata che lo ha chiesto il Papa. Scendo dall’elicottero ed entro nella sede dell’Università. Entro in una sala dove trovo circa 40 gesuiti. Arriva anche il Papa. C’era un clima splendido, molto festoso. Il Papa arriva, si siede, saluta, e chiede che gli si pongano domande. Francesco risponde e io trovo le sue parole bellissime, intense, profondamente spirituali… cercavo di memorizzare… ma poi ho deciso di prendere il mio iPhone e di registrare. Tornato in albergo ho riascoltato quelle parole. Capivo che si trattava di un «genere» nuovo a metà tra intervista e conversazione spirituale e anche amicale. E ho provato il desiderio di condividere alcune frasi sui miei social, cosa che ho fatto senza chiedere permesso, a dire il vero. Erano frasi.
Al viaggio successivo, in Albania, ci fu solo un breve saluto in Cattedrale, una stretta di mano con i gesuiti presenti. In Turchia invece ci fu un incontro con i pochi gesuiti attivi nel Paese, ed ero lì anch’io seduto con gli altri in un piccolo cerchio. Disse cose importanti per la Compagnia di Gesù, ma mi limitai a memorizzare alcune frasi. Alla fine mi sono reso conto che quella ricchezza non poteva andare più perduta.
Così durante il viaggio nelle Filippine decisi di registrare sin dall’inizio. Chiesi permesso al Papa, che me lo diede. La conversazione mi piacque molto, anche per il clima che non si può rendere in parole. Lì chiesi al Papa se mi dava il permesso di pubblicare il dialogo su La Civiltà Cattolica. Lui trovò la cosa interessante e mi chiese se, secondo me, poteva fare del bene. Io dissi di sì con convinzione, ma fui colpito dalla domanda. Era chiaro sin dall'inizio che la conversazione era data specificamente a La Civiltà Cattolica per la sua peculiarità di rivista dei gesuiti e, nello stesso tempo, legata alla Santa Sede. A volte il Papa lo ha anche detto nel corso delle conversazioni.
Allora restammo che io avrei trascritto il testo in maniera ordinata e lui lo avrebbe rivisto. Voleva che la conversazione mantenesse il suo significato privato, e questo era garantito dal fatto che lui avrebbe omesso le parti che riteneva opportuno non dover divulgare. Ma la sostanza è sempre stata mantenuta.
Verrebbe da dire, invertendo il celebre verso di T.S. Eliot, che restano nella trascrizione sulla rivista quelle che sono «parole pubbliche dette in privato». E mantengono la loro radice di dialogo estemporaneo e libero. Se c’è qualcosa che deve restare privato, resta tale. Dunque non una «conferenza stampa», ma un dialogo tra amici, a volte intimo con riferimenti personali. Questo è molto importante. E Francesco rivede tutto quel che viene pubblicato e come viene presentato. E lo fa rapidamente, entro uno o due giorni dal rientro. Il Papa è molto attento all’uso che si fa dei suoi colloqui.
Sin dall'inizio mi resi conto che poteva essere utile condividere la conversazione con una testata giornalistica perché venisse anticipato qualche contenuto. Si trattava – e si tratta –, in genere della pubblicazione di un estratto che fa venir voglia di leggere tutto. L’anticipazione avviene sempre a poche ore dalla pubblicazione integrale che è sempre stata aperta al pubblico e tradotta almeno nelle principali delle 9 lingue nelle quali esce La Civiltà Cattolica. Non si tratta per noi di scegliere un’unica testata, sempre la stessa. Dunque in questi anni le anticipazioni sono state realizzate fino ad oggi dal Corriere della Sera, da La Stampa, da la Repubblica, da Avvenire (e dal Fatto quotidiano nel caso della conversazione per una serie Netfllix), e anche qualche testata non italiana. A volte, però, abbiamo dato il testo ad agenzie, a volte invece non abbiamo dato anticipazioni per motivo di opportunità. Queste partnership sono state in genere proficue. Qualche problema di titolazione o selezione del testo o altro può esserci stato, certo, ma alla fine il bilancio mi pare sia ampiamente positivo nel senso della diffusione del messaggio e del suo impatto. Poi ovviamente ciascuno ha tutto il diritto di giudicare diversamente.
Ovviamente per noi è importantissimo che il testo sia reso pubblico integralmente (generalmente tra le 10 e le 11 del mattino del giorno stesso in cui avviene l’anticipazione) per tutti. E lo anticipiamo ai giornalisti prima di metterlo online nella sua integralità. Anche se una sola testata lo anticipa, in effetti sono tanti che poi lo riprendono, lo analizzano, ne scrivono. Non c’è motivo per non farlo. Il testo è anche apertamente condiviso sui social. Se non troppo lungo, è riportato integralmente da L'Osservatore Romano nel primo pomeriggio.
Sono davvero grato per questa esperienza. E sono lieto di poter condividere questo peculiare genere di conversazione sui grandi temi rilevanti per la Chiesa e per il mondo.
(foto e testo bacheca Facebook dell'autore 29/08/2023)