venerdì 25 agosto 2023

Scartare cibo significa scartare persone

L’arcivescovo Paglia a una conferenza della Fao a Santiago del Cile

Scartare cibo significa scartare persone


Si affronterà seriamente il problema dello spreco alimentare soltanto quando si riconoscerà che esso «non è riconducibile a una sola questione di mercato, a qualcosa che possa essere definito e misurato in tabelle, statistiche e performance», ma riguarda la vita concreta di milioni di uomini e donne. Perché «scartare cibo significa scartare persone», come ha ammonito nel 2019 Papa Francesco e come ha ribadito ieri l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, durante la conferenza sul tema: «Prevenire e ridurre le perdite e gli sprechi alimentari nel contesto della sicurezza alimentare e nutrizionale. Una sfida intersettoriale». L’incontro si è svolto a Santiago del Cile, nella sede della rappresentanza della Fao per l’America latina e i Caraibi.

Le vite umane, ha sottolineato il presule, impongono dunque «superamenti di logiche di profitto e di budget. Chiedono la serietà di processi economici realistici e praticabili, ma non fanno di questi i fini dell’agire». D’altra parte «la predominanza di logiche mercantili con cui affrontiamo lo spreco alimentare ma, di fatto, gestiamo e contabilizziamo lo spreco di vite umane», ha proseguito, mostra uno dei «suoi esiti più deleteri in uno dei temi che Papa Francesco ha più a cuore, nella sua lucida analisi della cultura occidentale»: la cultura dello scarto, che è quanto «di più lontano esista dal messaggio evangelico».

Sin dalla prima pagina, infatti, la Bibbia dice che «ogni cosa che è sulla terra è buona» e che l’uomo è «molto buono». La pienezza di questo giudizio si rivela nell’agire e nell’insegnamento di Gesù. Il Signore, ha fatto notare monsignor Paglia, «non scarta nessuno e i suoi discepoli, di ogni tempo, pur con tutte le debolezze, sono chiamati a ribadire con forza questo il suo insegnamento: non si spreca niente, non si scarta nessuno, non c’è nessun motivo — nessuno motivo! — per lasciare indietro qualcuno». In questo senso, nessuno «è scartato alla tavola. Deve sempre esserci posto per tutti». Infatti, il cibo sprecato segna, «talvolta fino alla morte, il destino di milioni di persone».

Anche in America latina questo scarto di persone, non di cibo, «è intollerabile, insopportabile, esecrabile, fonte di immensa vergogna». Anche se nel continente latinoamericano lo spreco alimentare «copre solo il 6 per cento dello spreco mondiale», esso assume i contorni di una vera e propria tragedia se si pensa ai 47 milioni di persone sottonutrite. In proposito la Fao ricorda che con i 69 chilogrammi di cibo sprecati annualmente da ogni abitante dell’America latina si potrebbe contribuire significativamente alla nutrizione di 30 milioni di uomini e donne.

D’altra parte, «il mero approccio mercantile mette già nel conto perdite, resi e prodotti di scarto». E proprio questo elemento economico produce, «a livello culturale e politico, una sorta di rassegnazione». Occorre, perciò, un cambiamento di sguardo: non ci si può più permettere di affrontare il tema del cibo in una logica meramente economica e di mercato perché «l’ambito agro-alimentare segna direttamente la vita delle persone, rispondendo ai loro bisogni primari, più che in altri campi». Appare evidente allora che «l’economia non può essere considerata come fine ultimo, ma come mezzo a servizio della vita delle persone e dell’edificazione di una società giusta».

Il presidente della Pontificia Accademia ha indicato tre piste concrete di lavoro. In primo luogo, occorre segnalare i dati dello scarto alimentare e valutare «il peso sociale di questo fenomeno». Poi bisogna riconoscere che «lo spreco alimentare si può affrontare solo mediante una visione complessiva della realtà», che tenga in considerazione «la grande distribuzione organizzata dei supermarket e i mercati informali lungo le strade, le più raffinate tecnologie e le più antiche sapienze contadine». Infine non va trascurato l’aspetto culturale, che rende necessario «mostrare il valore del cibo e della tavola».
(fonte: L'Osservatore Romano 25 agosto 2023)