Sempre più soli, sempre più poveri
Alcune riflessioni a margine del convegno organizzato dalla Caritas di Roma sulla povertà educativa minorile
Un tema di drammatica attualità sul quale si sta finalmente ponendo l’attenzione è quello della povertà educativa minorile, fenomeno in preoccupante crescita nel nostro paese. Su questo tema la Caritas ha organizzato il 4 marzo scorso un importante convegno che si è svolto a Roma e che ha fatto il punto della situazione.
Il primo elemento evidenziato è che il progressivo impoverimento ha due aspetti: i nuovi ragazzi in Italia sono progressivamente sempre di meno e sono sempre più poveri, nel senso che hanno minori possibilità rispetto al passato di sviluppare le proprie potenzialità. Questo rappresenta un dramma per le persone, ma anche per la società di domani, che sarà composta da individui meno qualificati e competenti. Molti i fattori che hanno concorso a questo fenomeno in Italia: l’inverno demografico (secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, ci saranno quasi 130 mila studenti in meno nel prossimo anno scolastico), l’emigrazione, l’emergenza covid, l’aumento delle diseguaglianze sociali, l’impoverimento sia economico che culturale delle famiglie.
Secondo Vincenzo Smaldore (direttore editoriale Openpolis) bisogna precisare che per povertà educativa minorile non si intende solo la lesione al diritto allo studio bensì la mancanza di opportunità educative a tutto campo: la questione non coinvolge solo la scuola, ma ha bisogno di un approccio multidimensionale. In Italia siamo passati da meno di due milioni di poveri assoluti nel 2005 agli oltre 5 milioni del 2020: la categoria che ha sofferto di più questo impoverimento è proprio quella dei minori.
Un’incidenza notevole ha sia la famiglia di origine, sia la zona in cui si vive: il rendimento scolastico è direttamente proporzionale alla disponibilità economica familiare; le famiglie in cui la persona di riferimento ha poca istruzione sono tre volte più povere delle altre; inoltre, a Roma, per fare un esempio, i NEET (cioè i ragazzi che non studiano né lavorano) sono il doppio nel quartiere periferico di Torre Angela rispetto al benestante quartiere Trieste.
Alberto Colaiacono e Giuliana D’Alessio (Caritas Roma) hanno evidenziato l’aspetto della ereditarietà della povertà (in Italia l’ascensore sociale è bloccato da anni). Il disagio ormai viene intercettato anche dalle strutture ecclesiali, che diventano quindi dei punti di osservazione privilegiati: non solo i centri di ascolto e le mense, ma anche la catechesi e gli oratori che entrano in contatto con i problemi delle famiglie. C’è un aumento delle difficoltà di apprendimento e una mancanza di attenzione da parte dei genitori, dovuta sia al prolungamento dei tempi del lavoro sia alle difficoltà linguistiche (in caso di famiglie straniere). Le iniziative attuate riguardano sia doposcuola e aiuto nei compiti, sia attività ricreative e sportive, proprio perché la povertà educativa non riguarda solo l’ambito scolastico ma più in generale la mancanza di attività sociali.
L’assessora alle politiche sociali del Comune di Roma Barbara Funari ha sottolineato con forza la necessità di ricostituire una comunità educante che possa farsi carico dei bisogni dei minori mettendoli in condizione di sviluppare le proprie potenzialità e accompagnandoli all’ingresso nell’età adulta. Ha ricordato la legge 285/97 per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza che ha istituito un fondo nazionale finalizzato alla realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e locale per favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell’infanzia e dell’adolescenza, privilegiando l’ambiente ad esse più confacente ovvero la famiglia naturale, adottiva o affidataria, in attuazione dei princìpi della Convenzione sui diritti del fanciullo. Gli interventi che rientrano nei finanziamenti sono:
- · realizzazione di servizi di preparazione e di sostegno alla relazione genitore-figli, di contrasto della povertà e della violenza, nonché di misure alternative al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali, tenuto conto altresì della condizione dei minori stranieri;
- · innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia;
- · realizzazione di servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero, anche nei periodi di sospensione delle attività didattiche;
- · realizzazione di azioni positive per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, per l’esercizio dei diritti civili fondamentali, per il miglioramento della fruizione dell’ambiente urbano e naturale da parte dei minori, per lo sviluppo del benessere e della qualità della vita dei minori, per la valorizzazione, nel rispetto di ogni diversità, delle caratteristiche di genere, culturali ed etniche;
- · azioni per il sostegno economico ovvero di servizi alle famiglie naturali o affidatarie che abbiano al loro interno uno o più minori con disabilità al fine di migliorare la qualità del gruppo-famiglia ed evitare qualunque forma di emarginazione e di istituzionalizzazione.
La consistenza del fondo è stata drammaticamente ridotta negli anni, depotenziando così uno strumento legislativo che poteva garantire un supporto effettivo alle necessità delle giovani generazioni. Purtroppo, quello che stiamo togliendo ai nostri bambini e ragazzi è il diritto al futuro.
Mons. Riccardo Lamba, vescovo ausiliare per il settore di Roma est, ha ricordato il costante interesse della Chiesa cattolica per l’ambito educativo, citando personaggi di rilievo in questo campo, come san Filippo Neri, san Giovanni Bosco, san Giovanni Battista de La Salle, don Lorenzo Milani. Ha sottolineato come lo stile della sinodalità si concentri proprio sull’ ascolto dei bisogni e ha ricordato come la linea educativa delle associazioni cattoliche (come per esempio lo scoutismo) preveda una responsabilizzazione dei ragazzi più grandi nei confronti dei quelli più piccoli, garantendo in questo modo una continuità educativa funzionale alla crescita equilibrata degli individui collocati all’interno di una comunità.
Appaiono profetiche ed estremamente pertinenti rispetto alle analisi e alle riflessioni emerse in questo convegno le parole di Paolo VI nell’enciclica Populorum progressio (1967): “Lo sviluppo non può essere limitato alla sola crescita economica. Per essere autentico, deve essere a tutto tondo: deve favorire lo sviluppo di ogni persona e di tutta la persona… Non possiamo permettere che l’economia sia separata dalle realtà umane, né lo sviluppo dalla civiltà in cui si realizza. Ciò che conta per noi è l’uomo, ogni singolo uomo e donna, ogni gruppo umano e l’umanità nel suo insieme”.
(fonte: Vino Nuovo, articolo di Maria Grazia Giordano 08/03/2023)