lunedì 6 marzo 2023

Naufragio Crotone, in migliaia alla Via Crucis in memoria dei migranti per pregare, piangere e dire no all'indifferenza (cronaca, foto e video)

Naufragio Crotone, in migliaia alla Via Crucis in memoria dei migranti per pregare, piangere e dire no all'indifferenza (cronaca, foto e video)




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Cutro: la Via Crucis per il dramma dei migranti,
la croce realizzata con i resti del relitto

L’iniziativa è stata promossa dell’arcidiocesi di Crotone-Santa Severina a una settimana dal naufragio. La via crucis con la croce ricavata dal legno del relitto


CUTRO (KR) – Le parrocchie della zona in cui è avvenuta la tragedia si sono alternate nel sorreggere la croce, realizzata dall’artista Maurizio Giglio utilizzando il legno del relitto. Tantissimi hanno preso parte alla Via Crucis promossa dall’arcidiocesi di Crotone-Santa Severina. Un momento di preghiera per “leggere il dramma umano di questi nostri fratelli alla luce della Passione salvifica di Cristo”.

Avremmo voluto accogliere queste persone da vive e non da morte. Sono le parole di don Rosario Morrone della parrocchia di Botricello ai fedeli “a noi non ci fanno paura i vivi, ci inorridiscono i morti”. Alla via Crucis sono presenti i sindaci del territorio, cittadini e fedeli delle parrocchie del territorio, insieme al vescovo di Crotone, mons. Angelo Raffaele Panzetta e all’imam della moschea di Cutro, Mustafa Achik. Presente anche l’arcivescovo di Cosenza Bisignano, monsignor Giovanni Checchinato.


Don Francesco Loprete, parroco di “Le Castella” di Isola Capo Rizzuto: “Abbiamo voluto realizzare questa croce per ricordare i tanti innocenti morti nel naufragio. Questo dramma non si cancellerà mai dalle nostre menti. Dopo duemila anni Cristo è ancora in Croce”. Alla Via Crucis partecipa l’arcivescovo di Crotone, monsignor Angelo Raffaele Panzetta. “Siamo qui – ha detto il presule – animati dalla speranza e in spirito d’unione con i nostri fratelli musulmani, nel silenzio e in preghiera, dietro la Croce salvifica”.

La Via Crucis, è stata organizzata dagli Uffici Migrantes e liturgico dell’arcidiocesi «Alla luce della tragedia che si è consumata nei giorni scorsi sulle coste del comune di Cutro, come comunità diocesana siamo chiamati a farci carico del dramma che ha colpito questi nostri fratelli», scrivono i due uffici diocesani. «Non sono numeri ma persone. Siamo tutti migranti chiamati a vivere la vita in pellegrinaggio»; così don Pasquale Aceto nella sua omelia nella Cattedrale di Crotone. «Non lasciamoci addomesticare dal male, vinciamo il male con il bene. Tragedie come il naufragio di Cutro sono frutto della divisone del cuore».


La croce intorno alle 17.30 è arrivata sulla spiaggia dove è avvenuto il tragico naufragio. L’Imam e la figlia hanno preso per un attimo la parola e ringraziano tutti per l’affetto: “diamo le condoglianze alle famiglie – dice la ragazza, 14 anni – che hanno perso i loro cari e rispettiamo le religioni di tutto il mondo”.

Vescovo Panzetta: “non vogliamo un’Europa con il filo spinato”

Mons. Panzetta ha dato poi la sua benedizione ma prima ha rivolto un messaggio ai presenti: “la Via Crucis è un percorso educativo, una scuola di virtù. Da questo pellegrinaggio insieme abbiamo imparato tre cose: la prima è chi siamo. Fratelli che camminano dietro la croce di Gesù. Persone che riconoscono nella croce il significato della vita, la luce per comprendere le giornate luminose e anche quelle buie che abbiamo vissuto. La Via crucis ci ha insegnato anche la necessità della penitenza e della confessione. Gesù ha un ‘io’ accogliente nei confronti dell’umanità. Ancora però non abbiamo imparato ad accoglierci. Dobbiamo lasciarci cambiare il cuore e non permettere alla paura che il nostro cuore diventi gelido”.

Non vogliamo un’Europa con il filo spinato” dice il vescovo Panzetta “e guardando questo mare dobbiamo batterci il petto perché abbiamo la responsabilità di ingenerare un clima di accoglienza, di amicizia. Vogliamo essere comunità ospitali, è nel Dna della nostra gente, del nostro territorio. Vogliamo una convivialità delle differenze”.

“L’ultima cosa che abbiamo imparato camminando dietro la croce, è la speranza perchè Gesù ha sconfitto la morte. Torniamo alle nostre case con il cuore mesto di chi ha guardato e porta i segni di questa grande tragedia, e portando nella nostra vita il seme vivo della speranza di Gesù”. Dopo la benedizione, il canto e un applauso.

La croce, a conclusione del rito, sarà donata alla parrocchia di Steccato di Cutro ma farà anche il giro delle parrocchie del territorio per consentire momenti di preghiera e di ricordo.
(fonte: Qui Cosenza 05/03/2023)


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Via Crucis a Cutro, in migliaia a pregare per i migranti morti in mare "carne di Cristo"

Circa cinquemila persone di Crotone e del circondario in processione sulla spiaggia del naufragio del 26 febbraio. Dietro la croce realizzata con il legno del barcone, si piange, si canta e si prega tra i resti sulla sabbia. L’arcivescovo Panzetta accanto all’imam in processione, poi l’appello: “Non vogliamo un’Europa nella quale è difficile trovare accoglienza. I poveri sono la carne di Gesù”. Buttata in mare una corona di fiori bianchi

Una felpa grigia taglia 24-36 mesi è in mezzo alla spiaggia di Steccato di Cutro, coperta di sabbia, pietruzze e “cannizzi”, come i cutresi chiamano le canne di legno. Qualcuno ha creato a fianco un piccolo altarino, con candele, fiori e una croce. Anna, una donna di Cutro con in braccio il suo cagnolino, è in ginocchio ad accarezzare la manica. Intanto piange così forte che le si è sciolto il trucco: “Chissà il freddo in quell’acqua gelida, la paura… Sono venuti da noi a cercare la vita e hanno trovato la morte”. Le parole della donna si perdono in mezzo ai canti e le preghiere delle 14 stazioni della Via Crucis che l’Arcidiocesi di Crotone-Santa Severina ha organizzato nel pomeriggio per commemorare i naufraghi inghiottiti dalla “tomba d’acqua” che è all’alba di domenica 26 febbraio è divenuto il mar Ionio, quando un barcone partito dalla Turchia si è distrutto su una secca buttando in acqua uomini, donne e bambini.

La croce con il legno dei barconi

Su quella riva dove sono riemersi dall’acqua i corpi di 71 migranti – principalmente afghani e pakistani –, denudati dalla violenza delle onde, la gente di Crotone e del circondario cammina in processione dietro un enorme crocifisso sbilenco in legno. Non un legno qualsiasi ma il legno del barcone frantumato, con gli stessi bulloni e gli stessi chiodi che l’urto ha fatto saltare in aria. L’ha realizzata, “nelle ore successive il dramma”, un falegname locale e sarà custodita nella parrocchia di Le Castella, spiega prima della Via Crucis il parroco don Francesco Loprete. “Vedendo travi e legni ho pensato alla croce di Gesù: questo legno grezzo e freddo porta il corpo di tanti innocenti morti per colpe che non hanno commesso, porta impresso il sogno di fratelli e sorelle”, dice. E aggiunge: “Il mare si sta portando via tutto. Il rischio è che anche noi possiamo cancellare dalla nostra mente questo dramma che ci ha toccato tantissimo”.

Don Francesco Loprete presenta la croce realizzata con il legno del barcone naufragato

Parrocchiani e sindaci a portare il crocifisso

A portare a turno la croce sulle spalle durante la processione sono i fedeli delle parrocchie di Botricello, Rocca Bernarda, Belcastro, Le Castella, Isola Capo Rizzuto, San Leonardo e tutti i comuni vicini. Nelle spiagge di alcuni di questi paesini, a causa della corrente, sono stati recuperati corpi nelle scorse ore. A fare da cruciferi nella penultima stazione sono invece i sindaci dei comuni del circondario.


L'arcivescovo e l'imam in processione

Dietro a loro, sotto l’ombra delle due braccia lignee, camminano fianco a fianco l’arcivescovo Angelo Raffaele Panzetta e l’imam della Moschea di Cutro, Mustafa Achik, l’uno accanto all’altro a pregare insieme per le anime delle vittime, la maggior parte delle quali di fede islamica. Il vescovo con la stola rossa e le mani giunte; l’imam, affiancato dalla figlia quattordicenne Malak, tenendo in mano il tappetino usato dai musulmani per le loro cinque preghiere giornaliere. Una immagine potente, come quella del primo marzo quando i due si sono messi in ginocchio alla camera ardente sulle 66 salme allineate nel Palamilone. Panzetta appena arrivato, dopo aver baciato la croce e benedetto i presenti, ha subito detto infatti che la Via Crucis si svolgeva “in unione ai nostri fratelli musulmani, per pregare insieme l’unico Dio”.

Monsignor Panzetta e Mustafa Achik vicini in processione

Un popolo partecipe

Tutto intorno c’è un popolo commosso e sinceramente partecipe. Migliaia di persone: “Non ci aspettavamo questa grande partecipazione”, dicono gli organizzatori dell’Ufficio Migrantes. “È doveroso essere qui, siamo tutti coinvolti in questa tragedia che ha bussato alle nostre case”, commenta una donna a braccetto col marito. C’è lei, ci sono i pompieri, i gruppi sportivi, i commercianti del luogo, i bambini, gli anziani, intere famiglie, due ragazzi in sedia a rotelle, l’arcivescovo di Cosenza, Giovanni Checchinato, e il vescovo di Lamezia Terme, Serafino Parisi.

La Via Crucis
Canti e preghiere

Piangono, intonano canti con la chitarra a Gesù “Come posso naufragare se al timone ci sei tu…”, recitano preghiere leggendo il libretto inviato dalla Diocesi tramite il canale Telegram e seguono le indicazioni del parroco di Botricello, don Rosario Morrone, tra i primi a recarsi in spiaggia al momento della tragedia. Durante il percorso che fa memoria del cammino di Cristo verso il Golgota, si prega per i bambini innocenti morti per le ingiustizie, per chi soffre per le tragedie del mondo o per “politiche esclusive ed egoiste”, per le mamme che perdono i figli.

Una donna accarezza la felpa di un bambino nella sabbia

Lacrime sulla sabbia

Il cielo, inizialmente terso, si scurisce quando la folla arriva sulla spiaggia, quasi a voler assecondare l’atmosfera di commozione alla vista dei resti del naufragio, rimasti immobili sulla sabbia da sette giorni. Scarpe spaiate, indumenti, salvagenti, giocattoli, scorte di cibo. La risacca ha portato tutto a riva. E qualcuno, forse i parenti o anche gli stessi superstiti che hanno visitato in questi giorni quella che i crotonesi hanno ribattezzato la “spiaggia del dolore”, hanno pensato di raccogliere tutto sotto croci improvvisate in legno e fil di ferro. Su una di queste croci, una signora anziana si inginocchia e poggia un rosario rosso. Si fa il segno della croce, poi si accoda alla folla che intanto si è sparsa ovunque, anche nelle collinette circostanti, per ascoltare le parole conclusive dell’arcivescovo a fianco al relitto.

L'appello di Panzetta: dobbiamo essere accoglienti

Parole forti, dette a braccio e con tono misurato, indirizzate ai singoli fedeli ma anche a chi detiene ruoli di responsabilità. “Gesù è il cuore spalancato e accogliente di Dio nei confronti dell’umanità, per cui mentre camminavamo ci siamo chiesti: ma noi siamo ancora cristiani? Certo, abbiamo radici cristiane, opere d’arte, la croce appesa al collo, facciamo le nostre novene, battezziamo i nostri figli. Ma come mai dopo 2000 anni di cammino dietro Gesù non abbiamo imparato veramente ad accoglierci? Qualcosa non sta funzionando nella nostra vita…”, scandisce il presule.

Se accogliamo veramente Gesù, dobbiamo lasciarci cambiare il cuore e non permettere alla paura di farci diventare persone dal cuore gelido. Se siamo cristiani non possiamo non essere accoglienti, dobbiamo essere accoglienti, dobbiamo avere il cuore aperto come Gesù e quindi non vogliamo un’Europa col filo spinato, un’Europa nella quale è difficile trovare accoglienza. I poveri sono la carne di Gesù, quelli che hanno perso la vita in questo mare sono la carne di Gesù. E pertanto, proprio guardando questo mare, dobbiamo batterci il petto tutti, nessuno escluso. Perché abbiamo la responsabilità di generare intorno a noi un clima di accoglienza, fraternità, amicizia”, afferma Panzetta. “Chiediamo al Signore questo dono di conversione: vogliamo essere comunità ospitali – prosegue -. È nel Dna della nostra gente, del nostro territorio di avere il cuore spalancato. Non permettiamo alla paura di renderci comunità dal cuore gelido, atterrite di fronte alla diversità. Noi vogliamo una convivialità delle differenze”.

La folla alla Via Crucis

La corona di fiori in mare, come a Lampedusa

Un Eterno riposo recitato in coro conclude la Via Crucis. Al microfono l’imam ringrazia tutti per il sostegno mostrato alla comunità islamica. Insieme a un sacerdote prende una corona di fiori bianchi e la getta in mare. La memoria torna a Lampedusa, dieci anni fa, quando Papa Francesco fece lo stesso gesto simbolico per onorare la memoria dei morti seppelliti non dalla terra ma dall’acqua del Mediterraneo, “cimitero a cielo aperto”. Ancora di più, dopo questa ennesima tragedia.

L'imam e un sacerdote buttano la corona di fiori in acqua
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 05/03/2023)

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LA VIA CRUCIS SULLA SPIAGGIA DELLA STRAGE:
«NO ALL'INDIFFERENZA»

A Steccato di Cutro domenica pomeriggio il rito in memoria dei migranti vittime del naufragio del 26 febbraio alla quale, oltre a migliaia di fedeli, ha partecipato anche l’imam della Moschea di Cutro, Mustafa Achik. La Croce, realizzata con il legno del barcone naufragato, è stata portata a turno dai fedeli delle parrocchie di Botricello, Rocca Bernarda, Belcastro, Le Castella, Isola Capo Rizzuto, San Leonardo e tutti i comuni vicini. Nelle spiagge di alcuni di questi paesini, a causa della corrente, sono stati recuperati corpi nelle scorse ore. A fare da cruciferi nella penultima stazione sono invece i sindaci dei comuni del circondario.


Nel corso del rito sono state lette preghiere incentrate sulle vittime e sulla necessità di evitare che in futuro possano ripetersi tragedie simili. «Signore Gesù - è stato detto in una delle preghiere - è facile portare il crocifisso al collo o appenderlo come ornamento sulle pareti delle nostre belle cattedrali o delle nostre case. Ma non è altrettanto facile incontrare e riconoscere i nuovi crocifissi di oggi: i senza fissa dimora, i giovani senza speranza, senza lavoro e senza prospettive, gli immigrati costretti a fare viaggi inauditi e a vivere nella precarietà ai margini della nostra società, dopo avere affrontato sofferenze inenarrabili. Purtroppo, questi viaggi senza sicurezza infrangono i sogni e le speranze di migliaia di donne e uomini emarginati, sfruttati, dimenticati, perseguitati e abbandonati da tutti. Bisogna impegnarsi tutti perché tragedie simili non accadano mai più».

Nelle preghiere si sono ricordati «i naufraghi morti, i dispersi ma anche i sopravvissuti del naufragio. Tutti vittime - è stato detto - delle nostre chiusure, dei poteri e delle legislazioni, della cecità e dell'egoismo, ma soprattutto del nostro cuore indurito dall'indifferenza. Una malattia di cui anche noi cristiani soffriamo». ...


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