Andrea Grillo
“Non ti salverò”: un autista zelante e la morale burocratica del ministro Piantedosi
Il tragico naufragio del barcone sulle spiaggie di Cutro, all’alba di domenica scorsa, ha turbato la coscienza di molti italiani e ha mostrato i limiti di una impostazione del rapporto con il fenomeno “migrazione” che lo riduce a problema giudiziario o morale. Coloro che erano stati chiamati a “governare” una situazione tanto complessa e che hanno pensato di risolverla negandola in radice – e così hanno parlato di volta in volta, di blocco navale, di guerra agli scafisti o di accordi per impedire le partenze – hanno posto le premesse per generare una condizione di “indifferenza” di cui sono state e saranno ancora vittime le persone in cerca di salvezza, di giustizia, di casa e di libertà. Se da un lato ci sono gli scafisti, che cercano il massimo profitto con la minima spesa, mettendo in pericolo le vite dei migranti, e dall’altro c’è lo Stato che, per ostacolare gli scafisti, ostacola le navi di soccorso non governativo, in tal modo si produce una condizione in cui la indifferenza verso chi ha meno risorse ed è più vulnerabile diventa massima e risulta ingovernabile: quando hai generato condizioni di indifferenza, essere non indifferenti può avvenire solo dopo, quando ormai non c’è più nulla da fare.
E’ evidente che l’ordine pubblico non viene davvero tutelato quando si produce una situazione che infierisce sui più deboli. Ma qui scatta il livello di reazione più sconcertante e però più interessante da analizzare. Come è possibile che il Ministro dell’Interno Piantedosi, di fronte alla tragedia, sappia colpevolizzare soltanto coloro che “non dovevano partire” e dovevano dimostrarsi responsabili sia verso il loro paese (che non dovevano abbandonare e tradire) sia verso i propri figli (che non dovevano mettere in pericolo di vita). Mi sono chiesto: come è possibile rispondere in modo tanto inadeguato e sgarbato? Non è sufficiente rispondere che la causa possa essere una particolare difficoltà del ministro ad immedesimarsi nella condizione dei migranti, una totale assenza di empatia nel suo giudizio. Questo non basta. Per capire bisogna considerare la degenerazione della “morale burocratica”. Ho allora ripensato ad un episodio che mi è capitato appena fuori d’Italia, a Lugano, in Svizzera, dove ho fatto una piccola e personale esperienza di questa “morale burocratica” e della sua dinamica distorta.
Prima di raccontare questo episodio vorrei precisare che con “morale burocratica” intendo quella interiorizzazione di una struttura di “uffici”, di “compiti”, di “doveri”, che costituiscono una mediazione del rapporto con la realtà, inventata dagli stati moderni. Primo tra i quali deve essere considerata la Chiesa cattolica, che con il Concilio di Trento inventa una modalità burocratica di stare nella storia della salvezza. In parallelo anche le tradizioni non cattoliche hanno costruito le loro strutture di burocrazia, per gestire in modo semplice il rapporto con un mondo sempre più complesso.
Vengo ora all’esempio. Mi trovo a Lugano, ho una lezione molto presto (mi pare alle 14.00) alla fine della quale debbo correre alla stazione con il bus, per prendere al volo il mio treno. Per non essere in ritardo penso, ingenuamente, di fare esattamente come a Roma: compro dalla macchinetta il biglietto prima della lezione, in modo da averlo già pronto quando arriverò due ore dopo alla fermata. Così accade: due ore dopo mi presento alla fermata, arriva il bus, salgo, il bus parte e io mi guardo intorno per cercare la “obliteratrice”, che però non vedo. Allora mi muovo verso l’autista e chiedo come devo fare. Lui mi dice: il suo biglietto è stato obliterato automaticamente all’acquisto. Perciò è scaduto. “Lei non doveva partire, e ora deve scendere alla prima fermata”. Io però obietto di aver pagato il biglietto e di non poter scendere perché altrimenti perderei il treno. Ricordo che l’autista entrò in crisi (una crisi molto svizzera e poco romana). E allora mi disse: “guardi, se sale il controllo, io non la salverò”. Accettai il rischio e mi salvai lo stesso.
Credo che sia interessante che l’autista, come il ministro Piantedosi, abbia risposto “Non doveva partire”. La morale burocratica è fatta per compartimenti stagni: controlla il reale semplificandolo. Ma la semplificazione sfigura il reale, sia pure a fin di bene (bene del sistema e non sempre bene del singolo). Però il sistema burocratico funziona, e possiamo goderne, solo se sa conservare la coscienza della limitazione del proprio sguardo. Le vite, dei passeggeri di un bus, dei guidatori di una auto, ancor più dei migranti che solcano il mare tra mille difficoltà, sono più complicate delle regole burocratiche che se ne occupano.
Il fatto che Piantedosi abbia risposto: “Non dovevano partire”, costituisce proprio la conferma di una lettura burocratica del reale. Quando la morale burocratica, di cui abbiamo bisogno, perde il senso del proprio limite, letteralmente perde la ragione e può addirittura mandare in cortocircuito il rapporto con la realtà. Per giustificarsi in modo assoluto e secco, essa può arrivare alla totale colpevolizzazione di chi infrange la regola burocratica (chi parte, anziché non partire), può proiettare sul soggetto deviante/migrante un modello di irresponsabilità quasi criminale (ha messo a rischio la vita dei suoi figli ed è lui stesso causa del suo male), ma può addirittura capovolgere tutto e arrivare a dire: “tu non partire, vengo a prenderti io”! Queste oscillazioni paurose, che abbiamo registrato nelle espressioni del Ministro Piantedosi, sono il frutto di questo doppio abbaglio: da un lato confidare in modo esclusivo su una risposta burocratica garantita, che dovrebbe risolvere ogni problema in radice; dall’altro perdere ogni rapporto con i veri soggetti di cui prendersi cura, spostando continuamente il problema su altro: sulla partenza trasgressiva, sugli altri paesi non solleciti nel prendersi carico dei migranti, sulle intenzioni criminali degli scafisti, sulle presunte connivenze pericolose delle navi ONG. In questo modo tutta la burocrazia, che sarebbe un sistema per aumentare la non indifferenza verso il prossimo, diventa un raffinato armamentario per garantirsi la totale indifferenza verso il prossimo. “Io non la salverò”, disse il conducente svizzero del bus di Lugano. La sua morale burocratica salvava lui, non me. In modo marginale e con eventuali conseguenze ben più sopportabili, quell’autista ha pronunciato una verità terribile, che ha preso forma tragica sulle labbra del ministro italiano e nelle vite spezzate dei migranti abbandonati alla furia del mare.
Pubblicato il 2 marzo 2023 nel blog: Come se non
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Vedi anche il nostro post: (all'interno il link a quelli precedenti)