Ad Assisi la Messa solenne nel giorno della festa nella Chiesa superiore della Basilica papale del Santo, alla presenza anche del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è stata presieduta dal presidente della Cei, cardinale Zuppi, che nell'omelia ha pregato per l'Italia e per l'Europa e ha ricordato che "solo insieme" sarà possibile uscire dalle gravi difficoltà del presente: con il Poverello lavoriamo per rendere il mondo più umano e fraterno.
La memoria della pandemia da Covid-19, le sue vittime morte in solitudine e i gesti d’amore che ha saputo provocare, e “il lupo terribile della guerra”, sono i temi centrali della sua omelia. Con il cardinale, hanno concelebrato il vescovo della diocesi umbra, monsignor Domenico Sorrentino, i ministri generali e provinciali delle Famiglie Francescane con l'assistenza del cardinale Agostino Vallini, legato pontificio per le Basiliche di Assisi.
San Francesco è innamorato di Gesù
Omelia del Card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI
La Parola di Dio parla sempre a noi e di noi. Parla oggi e ci aiuta a capire i segni dei tempi e questi ci aiutano a comprenderla, perché non è mai fuori del tempo o in un tempo passato, ma nell’oggi, nella storia. Il Libro del Siracide descrive San Francesco, che riparò “il tempio”, la casa del Signore che è in rovina e, allo stesso tempo – non è forse proprio quanto siamo chiamati a fare oggi? –,si mette in cammino perché lui per primo è “Fratello di tutti” e non aspetta che lo diventino gli altri: compie lui il primo passo verso il prossimo. È il nostro Patrono ed è una gioia particolare, in questo tempo così segnato da tanta sofferenza e preoccupazione, trovarci qui con tutte le Chiese che sono in Italia e con il Presidente del nostro Paese, che rappresenta tutti gli italiani e le italiane e che ringrazio di cuore per la sua presenza e per il suo servizio, pieno di saggezza e di convinta passione per difendere gli ideali costitutivi del nostro Paese. Grazie perché ci rappresenta e ci incoraggia a sentirci parte di questo nostro bellissimo Paese.
“Fratelli tutti” è il contrario della pandemia del COVID. San Francesco è innamorato di Gesù: ascolta e mette semplicemente in pratica il Vangelo, solo il Vangelo e con la sua umanità ci insegna ad amarlo, a scoprine la gioia, la fraternità che genera, il senso personale e universale, la pace e il bene che accendono di amore tutto il creato e le creature. Il suo è un amore molto reale perché ama l’altro sempre «quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui». Così, mite e umile di cuore come il suo Gesù, San Francesco – in un mondo che era e che è segnato da lupi e cittadini violenti o paurosi, da torri e spade, da cavalieri e briganti, da guerre e inimicizia, inquinato da troppo odio tanto da rendere impossibile parlare di pace – progetta un mondo fraterno, disarmato, dove c’è spazio per ognuno, a cominciare dai più poveri e fragili. Ecco, oggi sentiamo la consolazione di essere con lui e di vedere la sua stella (come è noto le stelle brillano maggiormente quando la notte è più fonda) che ci accoglie “come un astro mattutino fra le nubi”.
Abbiamo bisogno di luce, che vuol dire speranza. E il nostro Patrono ci fa sentire a casa e ci aiuta a guardare anche le difficoltà con la forza dell’amore. Nella tempesta della pandemia abbiamo sperimentato tanto buio, inatteso e prolungato. Lo descrisse Papa Francesco nella memorabile preghiera in Piazza San Pietro: “Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti”. Non dimentichiamo questo. Non vogliamo dimenticare, come quando si vince il dolore rimuovendolo o divorandolo nella bulimia di emozioni che non diventano sentimenti, consapevolezza, scelte, umanità. Raccogliamo oggi il testamento affidatoci da chi non c’è più per colpa del COVID. Alcuni dei loro nomi li deporremo accanto a questa lampada.
Li abbiamo raccolti proprio sapendo quanta amarezza e sconforto ha generato non poter essere vicini a loro nell’ultimo tratto della vita. Ricordiamo tutti coloro i cui nomi portiamo nei nostri cuori e li affidiamo all’amore di Dio, perché siamo nella luce dell’amore che non finisce. Non sono più tornati a casa e non abbiamo potuto accompagnarli, come loro e noi avremmo desiderato. Per molti solo le videochiamate hanno rappresentato dei veri e propri testamenti struggenti. Resta l’amarezza lacerante per un discorso interrotto, lo sconforto che fa apparire tutto vano. In quella notte terribile abbiamo visto anche tante luci, tutte, consapevolmente o meno, riflesso di un amore più grande. Abbiamo capito che non si può lasciare nessuno solo e anche che il buio può essere sconfitto, pure solo con una piccola lampada di umanità.
Sono state le luci che il personale sanitario ha acceso con i piccoli grandi gesti di umanità: consolando lacrime, stringendo mani, dando sicurezza, anche solo una carezza o uno sguardo. Ricordo quanti di loro come delle forze dell’ordine, dei farmacisti, operatori di carità hanno perso la vita per motivo del servizio, continuando ad aiutare nell’emergenza. Essi sono tra i giusti che ascoltano quelle tenere parole di gratitudine di Dio: ero malato e sei venuto a visitarmi, prendi parte alla gioia che non finisce. Ecco oggi siamo nella casa di San Francesco, Patrono dell’Italia, a ricordare, a ringraziare ma anche a scegliere perché non vogliamo dimenticare velocemente “le lezioni della storia”. «Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”. Che non sia stato l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare. Che un così grande dolore non sia inutile, che facciamo un salto verso un nuovo modo di vivere e scopriamo una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri, affinché l’umanità rinasca con tutti i volti, tutte le mani e tutte le voci, al di là delle frontiere che abbiamo creato» (FT 35).
Ci aiuta San Francesco che non scappa dalla sofferenza, ma la affronta non per amore di essa, ma per amore della persona. Un amore così grande da sconfiggere la morte guardandola negli occhi e chiamandola “sorella”. A San Francesco in realtà sembrava cosa “troppo amara vedere i lebbrosi”. Usò misericordia, racconta lo stesso Francesco, e dopo essersi fermato con loro “ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo”. Vorrei che tutti provassimo lo stesso cambiamento e quello che prima ci sembrava pesante, una privazione, un sacrificio impossibile, diventi invece motivo di dolce e consapevole umanità. Aiutare gli altri ci fa trovare noi stessi! E’ questo il giogo dolce e soave che ci unisce a chi per primo si è legato a noi, Gesù: un legame di amore che ci libera dal giogo pesante e insopportabile dell’individualismo. Se ne esce solo insieme! Le difficoltà non sono affatto finite.
Lo vediamo drammaticamente nel mondo e nel nostro Paese. Affidiamo l’Italia all’intercessione del nostro Patrono. Sostenga, in un momento così decisivo, l’amore politico e di servizio alla casa comune, perché nella necessaria diversità tutti concorrano all’interesse nazionale, indispensabile per rafforzare le istituzioni senza le quali nessun piano può essere realizzato.
Il nostro Patrono, uomo universale, aiuti l’Europa a essere all’altezza della tradizione che l’ha creata e il mondo intero a non rassegnarsi di fronte alla guerra. Lui, amico di tutti, ci aiuti a sconfiggere ogni logica speculativa, piccola o grande, anonima e disumana, forma di sciacallaggio che aumenta le ingiustizie e crea tanta povertà. Fratelli tutti, ad iniziare dai più fragili, come gli anziani, che sono una risorsa e non un peso, che vanno protetti a casa dove conservano tutte le loro radici e ci aiutano a trovarle. Fratelli tutti che guardano al futuro, lo desiderano per gli altri lottando contro il precariato dei giovani, dando loro fiducia e sicurezza perché possano dimostrare le loro capacità senza paternalismi insopportabili. Futuro che chiede rispetto dell’unica casa, dell’ambiente, perché possiamo continuare a cantare la bellezza del creato.
Curiamo le ferite profonde nascoste nelle pieghe della psiche, con la competenza professionale ma anche tessendo comunità e fraternità che donano sicurezza e fanno sentire protetti e amati. La nostra comunità è forte, ha tanta storia e umanità, per essa nessuno è straniero e insieme si trova il futuro che tutti desiderano. Viviamo la benedizione che sempre è la vita, la sua bellezza perché sia appassionante trasmetterla e donarla, garantendo la grandezza della maternità. Con San Francesco crediamo che il lupo terribile della guerra sia addomesticato e facciamo nostro l’accorato appello di Papa Francesco indirizzato certo ai due presidenti coinvolti direttamente, ma anche a quanti possono aiutare a trovare la via del dialogo e le garanzie di una pace giusta. Come San Francesco tutti possiamo essere artigiani di pace. Ecco la luce della lampada che l’Italia intera accende oggi con il suo Patrono, perché tante luci rendano umana e fraterna questa nostra unica stanza che è il mondo. «Beato l’uomo che offre un sostegno al suo prossimo per la sua fragilità, in quelle cose in cui vorrebbe essere sostenuto da lui, se si trovasse in un caso simile» (Ammonizione XVII).
Laudato Si’. Fratelli tutti.
Grazie San Francesco, prega per noi, per l’Italia e per il mondo intero.
Pace e bene.
Assisi, 4 ottobre 2022
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