mercoledì 7 settembre 2022

Migranti. Zanotelli: da Napoli un grido affinché il Parlamento italiano non rinnovi l’adesione a quell’accordo criminale con la Libia

Migranti. Zanotelli: 
da Napoli un grido affinché il Parlamento italiano non rinnovi l’adesione a quell’accordo criminale con la Libia



“La situazione dei profughi in Africa e nel Mediterraneo è sempre più drammatica, mentre l’Europa si chiude sempre di più su se stessa con le politiche razziste e criminali dell’esternalizzazione delle frontiere.” Lo ha denunciato padre Alex Zanotelli, il missionario comboniano che si batte per i diritti umani nel cuore di Napoli dopo aver speso molti anni tra i diseredati in Africa. È stato tra i protagonisti del Festival di Mediterranea Saving Humans al Maschio Angioino, dove si è tenuto nei giorni scorsi anche l’appuntamento di settembre del Digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti.

“Il nostro paese – ha detto padre Zanotelli intervenendo alla manifestazione intitolata ‘A bordo!’ per incoraggiare i volontari dell’Ong che salvano i naufraghi nel mare nostrum – persegue queste politiche soprattutto in Libia sborsando miliardi di euro alla famigerata Guardia Costiera Libica per catturare quei profughi che fuggono e riportarli nei lager libici dove subiscono torture e violenze sessuali. Per questo noi continuiamo a scendere in piazza per la nostra giornata mensile di Digiuno di Giustizia in solidarietà con i migranti a nome di quanti digiunano con noi nelle case e nei monasteri. Al Festival di Mediterranea, la nostra presenza è un gesto di solidarietà con Mediterranea e con tutte quelle navi salvavita per il loro straordinario e prezioso lavoro”.

“Il digiuno di questo mese – ha spiegato il missionario – vuole essere in particolare un grido affinché il Parlamento italiano non rinnovi l’adesione a quell’accordo criminale, il Memorandum Italia-Libia, in scadenza il prossimo 2 novembre. Un accordo che ha prodotto negli ultimi 5 anni la morte di almeno 8.000 profughi nel Mediterraneo e 80.000 respingimenti in Libia”.

“Ma il nostro digiuno – ha precisato Zanotelli – è anche un grido contro le affermazioni da parte della destra italiana in questa campagna elettorale: rafforzamento della difesa dei nostri confini, ritorno ai Decreti Sicurezza (un distillato di puro razzismo!), blocco navale per impedire ai barconi di avvicinarsi alle nostre coste”.

Secondo padre Alex, si tratta di “dichiarazioni in piena sintonia con quanto afferma il leader ungherese, Orban: ‘Non vogliamo diventare una razza mista’ e ‘Gli ungheresi non vogliono mescolarsi con altre razze.’ Come seguaci di quel povero Gesù di Nazareth non possiamo accettare tali affermazioni. Per questo anche questo mese scendiamo in piazza digiunando per gridare a tutti che c’è un’altra strada che ci può portare verso “un’umanità al plurale”.

“In Italia, quando apro gli occhi la mattina, non mi sento affatto al sicuro. Penso a tutte le persone che sono tutt’oggi nei centri di detenzione, subendo minacce e torture. Sono rimasto in contatto con centinaia di loro: il movimento di Tripoli non è finito”, ha fatto eco a Zanotelli David Yambio intervistato da Dire nel Maschio Angioino di Napoli, nell’ambito del Festival ‘A Bordo!’.

Il rifugiato sudsudanese di 26 anni all’agenzia Dire ha raccontato la sua nuova vita in Italia, dopo anni trascorsi in Libia, da dove è fuggito dopo aver animato un sit-in di cento giorni a Tripoli per denunciare le condizioni di vita dei migranti. “La mia priorità naturalmente è studiare – chiarisce l’attivista – per recuperare gli anni persi. Ma intendo dedicare la mia vita a battermi per i diritti dei più deboli”.

Yambio è parte di quei migranti sfuggiti agli sgomberi e agli arresti di massa da parte della polizia libica nel quartiere di Gargaresh, densamente popolata da stranieri, nell’ottobre scorso. Alla fine oltre 5mila persone vennero rinchiuse nei centri di detenzione e un civile perse la vita. Un’azione condannata da più parti, tra cui le Nazioni Unite che parlarono di “crimini contro l’umanità”. “Capii che era il momento di dare voce a quelle persone. Decidemmo di accamparci davanti la sede dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) perché era l’unica istituzione che ci sentivamo di riconoscere. L’Unhcr ci rilasciava documenti temporanei, mentre il governo tripolino ci mandava contro la polizia ed è al potere illegalmente. Non si tratta poi dell’unico esecutivo del Paese”. Ma la reazione dei funzionari Onu fu di chiusura: “Ci hanno lasciato fuori e non hanno lasciato entrare per discutere nessuno di noi”. In quei giorni però dalla sede Onu spiegarono di essere stati costretti a tenere questa condotta poiché preoccupati della presenza di “infiltrati violenti” nel presidio. “Non era vero” sostiene Yambio. “Ci è stato ripetuto che Unhcr si occupa delle persone vulnerabili, ma i migranti – uomini, donne, bambini, anziani, malati – non hanno nessun diritto in Libia e per questo sono tutti persone vulnerabili”.
(fonte: Faro di Roma 06/09/2022)