sabato 10 settembre 2022

MADRE PADRE e RE - Le tre parabole della misericordia sono il vangelo del vangelo. - XXIV Domenica Tempo Ordinario Anno C - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Ronchi

MADRE PADRE e RE 
 

Le tre parabole della misericordia sono
il vangelo del vangelo.

 

I commenti di p. Ermes al Vangelo della domenica sono due:
  • il primo per gli amici dei social
  • il secondo pubblicato su Avvenire

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». Luca 15,1-32

per i social

MADRE PADRE e RE 

Le tre parabole della misericordia sono il vangelo del vangelo.

Un pastore sfida il deserto, una donna non si dà pace per una moneta che non trova, un padre tormentato esperto in abbracci.
Le tre parabole della misericordia sono il vangelo del vangelo.

C'era come un feeling misterioso tra Gesù e i peccatori, un cercarsi reciproco che scandalizzava scribi e sacerdoti. Gesù allora spiega questa amicizia con tre parabole tratte dalla vita: una pecora e una moneta perdute, un figlio che se ne va e si perde. Storie in cui risaltano la pena di Dio quando perde e cerca, ma soprattutto la sua gioia quando trova.

Un padre aveva due figli. Se ne va, il giovane, cercando felicità nelle cose che il denaro procura, ma le cose hanno sempre un fondo e il fondo delle cose è vuoto.
Io voglio bene al prodigo. Il prodigo è storia di tutti, questa crisi del ribelle l'abbiamo vissuta tutti, e spesso la rivolta non era che il preludio a una dichiarazione d'amore.
Ma il libero ribelle è diventato servo, ha fame, «può rubare le ghiande ai porci, ma non può accontentarsi, come loro, delle sole ghiande. Crudeltà questa? No, Provvidenza» (Mazzolari).
L'uomo nasce con il cuore malato di cose lontane, e il principe diventato servo ritorna in sé. Chiamato da un sogno di pane (la casa di mio padre profuma di pane!) si mette in cammino.

L'uomo cammina, Dio corre. L'uomo si avvia, Dio è già arrivato.
Infatti: il padre, vistolo da lontano, gli corse incontro...
E lo perdona prima ancora che apra bocca, dimostrando che il tempo della misericordia è l'anticipo. Si era preparato delle scuse, il ragazzo, ma il Padre perdona non con un decreto, ma con un abbraccio; e non gli domanda: dove sei stato, cosa hai fatto? Chiede invece: dove sei diretto? Il territorio di Dio è il futuro.
I gesti che il padre compie sono insieme materni, paterni e regali (R. Virgili): materno è il suo perdersi a guardare la strada; paterno è il suo correre incontro; regali sono l'anello e la tunica e la grande festa.
Padre, non sono degno, trattami da servo.
E lui lo interrompe, senza condanna né assoluzione, perché il primo sguardo di Dio non si posa mai sul peccato, ma sulla sofferenza, per guarirla.
Il fratello maggiore torna dai campi e si arrabbia col mondo.
Ha misurato tutto sulla contabilità del dare e dell'avere, come un salariato. Ma il padre vuole salvare anche lui dal cuore di servo che si ritrova: «tu sei sempre con me, tutto ciò che è mio è tuo». Tutto! Avrà capito?

Anche noi, sotto lo sporco e i graffi della vita, possiamo scovare un tesoro sconosciuto tra i cocci di un vaso di creta, pagliuzze d'oro nella corrente fangosa.
Padre, mi ero perso! Ma ora imparo da te e mi prendo il tuo abbraccio, la tua veste nuova, la tua festa. Sono l'eterno mendicante, l'eterno ingannatore. Sono la tua agonia, sono la tua gioia.
Sono tuo figlio.


per Avvenire

L'amore non è giusto ma divina «follia»  (...)

Leggi su Avvenire