domenica 4 settembre 2022

Papa Luciani, oggi la beatificazione. I 33 giorni da pontefice, la morte improvvisa: il ritratto

Luigi Accattoli
Papa Luciani, oggi la beatificazione. I 33 giorni da pontefice, la morte improvvisa: il ritratto

Oggi Albino Luciani, papa Giovanni Paolo I, è stato proclamato beato: il ritratto di un uomo il cui pontificato durò lo spazio di un mattino, ma entrò nel cuore dei fedeli

Nella mattinata di oggi, 4 settembre, papa Francesco ha proclamato beato Albino Luciani, suo predecessore con il nome di Papa Giovanni Paolo I. Luciani, veneto di Agordo, morì nel 1978 dopo soli 33 giorni di pontificato, per un infarto, nella sua stanza nel Palazzo Apostolica. Una morte così improvvisa da dare origine alla leggenda che fosse stato avvelenato: ma — come ha ribadito il segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, non c’è alcun giallo: «La sua è stata una morte naturale. Dispiace che questo noir continui anche ai giorni nostri». 
Questo è il ritratto di papa Luciani firmato da Luigi Accattoli e pubblicato nel giorno della sua beatificazione.




Papa Luciani è durato lo spazio di un mattino e non ha lasciato alcuna traccia documentale nella storia del Papato, ma ha modificato l’immagine papale, lasciando un esempio coerente e nitido del suo modo di fare il Papa e attraverso quell’esempio ci ha permesso di intuire qualcosa di ciò che il suo Pontificato avrebbe potuto essere, se ne avesse avuto il tempo.

Quel modo nuovo d’essere Papa, più semplice, più personale, più evangelico, egli l’ha mostrato più che attuato, ma mostrandolo ha influito sul successore, Papa Wojtyla, che in qualche modo l’ha portato a compimento.

Scelse di chiamarsi Giovanni Paolo volendosi riallacciare ai due immediati predecessori Giovanni XXIII e di Paolo VI, i Papi del Concilio: e il successore Wojtyla confermerà quell’intenzione chiamandosi Giovanni Paolo II.

Quello che vale per il nome vale per l’opera di rinnovamento del Papato che tutti e quattro li caratterizza: un lavoro iniziato da Roncalli, continuato da Montini, suggestivamente proiettato in avanti da Luciani e fatto correre da Wojtyla. Persino molte delle novità venute poi dai Papi Benedetto e Francesco forse non le avremmo avute se non ci fossero stati il sorriso e la semplicità, la discesa dal trono di Papa Luciani. Quella discesa la manifesta in alcune decisioni destinate a durare.

Parla in prima persona, dicendo «io» invece del «noi» maiestatico. I successori faranno tutti così.
Non vuole la tiara – o triregno – e celebra con la mitria dei vescovi. Anche questo farà scuola.
Trasforma la cerimonia dell’Incoronazione papale in una «celebrazione di inizio del ministero di Pastore universale»: in seguito tutti seguiranno il suo esempio.
Vorrebbe rinunciare alla sedia gestatoria e la esclude dalla «celebrazione di inizio» ma poi si rassegna a usarla, pressato dai curiali. I successori non l’useranno.

La sua attitudine ad avvicinarsi alla comune umanità me lo portò a tiro durante il ricevimento dei giornalisti nell’Aula delle Benedizioni, poco dopo l’elezione e potei mostrargli una vignetta di Giorgio Forattini, apparsa quel giorno sul quotidiano «La Repubblica»: in essa egli era ritratto, tiara in testa, che rideva di sé davanti allo specchio. Si fermò a guardare e rispose al mio gesto con un aperto sorriso: aveva appena fatto annunciare che non avrebbe preso la tiara e la vignetta interpretava simpaticamente quella decisione.

Da cardinale aveva suggerito a Paolo VI di non assumere una posizione rigida sulla pillola contraccettiva e da Papa invitò più volte alla fiducia in Dio «che è padre ma è anche madre» e a non perdere mai la speranza: «una virtù obbligatoria per noi credenti» che ci fa «viaggiare in un clima di fiducia e di abbandono».

In un’occasione riconobbe che «non tutti condividono questa mia simpatia per la speranza», ma soprattutto avvertì che contraddice alla speranza chi svilisce l’uomo: «Sono anche affiorate ogni tanto, nel corso dei secoli, tendenze di cristiani troppo pessimisti nei confronti dell’uomo».

Il povero Luciani non dorme la notte dopo l’elezione, tormentato dagli «scrupoli per aver accettato» e appare scosso per tutti i 33 giorni della sua breve stagione. Dice ai cardinali, scherzando senza scherzo: «Possa Dio perdonarvi per quello che avete fatto».

Sta a disagio sulla sedia gestatoria e ancora di più trova fuori luogo dare la benedizione ai confratelli cardinali, nel discorso dopo l’elezione: «Mi sa un po’ strano darvi la benedizione apostolica… Siete tutti successori degli Apostoli… Ad ogni modo c’è scritto qui: ‘In nome di Cristo impartisco con effusione di sentimento a voi le primizie della mia propiziatrice apostolica benedizione’… Un po’ aulico il linguaggio… Pazienza».

Durante un’udienza chiama accanto a sé un chierichetto e dialoga affabilmente con lui. A disagio con i grandi, non ha nessuna difficoltà a identificarsi con gli umili e con i bisognosi.

Una volta confessa d’aver «fatto la fame» da piccolo, quando portava al pascolo le mucche, con il papà emigrato per lavoro dal Veneto alla Svizzera. Da vescovo di Vittorio Veneto e da patriarca di Venezia era abituato a incontrare le persone e ora — da Papa — egli teme che non potrà più fondare la sua azione su quel rapporto: «Io in un certo senso sono dolente di non poter ritornare alla vita dell’apostolato che mi piaceva tanto. Ho avuto sempre diocesi piccole, il mio lavoro era tra i ragazzi, gli operai, i malati. Non potrò più fare questo lavoro».

Così parla, il 30 agosto 1978, ai cardinali che l’hanno eletto. È stato definito «il Papa del sorriso» ma io l’avevo ben conosciuto da cardinale e avevo notato che non sorrideva facilmente, come invece poi fece in ogni giorno del suo mese da Papa. Con quel sorriso io credo volesse manifestare al mondo la sua anima di buon pastore che si sentiva inviato a tutti e voleva mostrarsi sollecito e fraterno nei confronti d’ognuno. Ora che è Papa, quest’uomo si trova sbalzato dalle sue «diocesi piccole» a una diocesi smisurata. Ha per uditorio il mondo e teme che su questa scala il suo genio per il contatto personale non l’aiuti più. Ecco allora quel sorriso, che ne segnala a tutti il desiderio.

Lo struggimento di quel sorriso ha forse affrettato la sua morte e oggi accompagna, nella memoria degli umili, la sua beatificazione.
(fonte: Corriere della Sera 04/09/2022)

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Vedi anche il post precedente: