giovedì 18 agosto 2022

Enzo Bianchi - Un limite al desiderio

Enzo Bianchi
Un limite al desiderio


La Repubblica - 08 agosto 2022

Ultimamente mi ha sorpreso un spot pubblicitario televisivo che in modo martellante mostra una scena: in un supermercato una bambina in estasi sta davanti a uno scaffale di prodotti dolciari… poi un attimo di silenzio in attesa della voce della mamma che chiede alla bambina: “E quale vorresti?”. E la bambina, esplodendo in un grido gioioso: “Tutti!”

Ho subito percepito l’insensatezza di un messaggio del genere. C’è un desiderio e alla domanda che chiede di scegliere, la risposta è: “Tutti!”. Tutto e subito. Lo dice l’istinto, lo fa suo il desiderio e lo esprime. L’istinto è una forza dominante, è un sentimento personale, intimo, che scaturisce dalle profondità animali della persona, e che dunque va assunto, disciplinato, educato. Altrimenti lo si enfatizza, diventa brama di “tutto e subito”, e non conosce più limite: l’istinto diventa così cupidigia, brama, voracità di possesso e dunque anche amore del denaro. Chi è assalito da questo istinto e non riesce a dominarlo e razionalizzarlo viene trascinato a possedere, consumare, fare suo ciò che desidera e non ha, e per averlo diventa anche capace di ricorrere alla violenza. L’ebrezza del “tutto” fa sognare l’impossibile, esclude ogni possibilità di condivisione, non riconosce la presenza dell’altro con lo stesso desidero verso il medesimo oggetto.

Chi vuole tutto di fatto vuole realizzare il suo desiderio senza tener conto degli altri, del prossimo, del limite che contraddistingue ogni azione dell’umano. In ogni caso l’oggetto o la persona desiderati con cupidigia emergono come forze dominanti fino a produrre, in chi desidera, l’alienazione.

Comprendiamo allora l’assillante invettiva dei profeti di Israele contro la cupidigia o il desiderio del tutto (questa la vera idolatria!), perché per loro proprio nella cupidigia sta il non riconoscimento dell’altro e del proprio limite, sta la radice dell’ingiustizia e di ogni violenza. Tra le dieci parole donate da Dio a Israele sul Sinai, “non desiderare” (chamad, desiderio che si fa azione) ricorre significativamente due volte: nei rapporti con le cose materiali e nei rapporti con le persone!

Si consideri poi che questa patologia del desiderio che vuole tutto, che non sa porsi dei limiti, non riguarda solo la vita personale, ma anche la vita nella pólis, la vita nella società. È significativo che il premio Nobel per l’economia J. E. Stiglitz abbia pubblicato un noto libro sulla crisi economica intitolato, nell’edizione francese, Le triomphe de la cupidité.

Certo, la dimensione lucrativa del lavoro umano non può essere eliminata, ma proprio l’eccesso del guadagno e dell’interesse, il non mettere né darsi limiti ha portato a una crisi che ha prodotto sofferenza per popoli interi. La voracità che così si è scatenata viene ormai legittimata e la cultura della cupidigia ha impregnato la mentalità delle nostre generazioni facendone scaturire una cultura individualista, incapace di pensare un orizzonte comune.

Nell’educazione dei giovani sarebbe opportuno non offrire “tutto”, ma insegnare a ordinare il desiderio e a scegliere, tenendo conto del bene comune, nella consapevolezza che bisogna porsi un limite perché facciamo parte di un’unica umanità. Volere tutto è il contrassegno di una convivenza in cui l’altro è negato e ne va eliminata la presenza. Noi non possiamo volere “Tutto!”, ma possiamo volere solo accettando di rinunciare al tutto.
(fonte: blog dell'autore)