martedì 9 agosto 2022

EDITH STEIN, EBREA E MARTIRE CRISTIANA

Anselmo Palini
EDITH STEIN, EBREA E MARTIRE CRISTIANA

Il 9 agosto ricorre l’80° anniversario della morte di Edith Stein, figlia del popolo ebraico e figlia della Chiesa cattolica. La ricordiamo con questo breve profilo di Anselmo Palini.


Il 9 agosto 1942, nel campo di Auschwitz, muore in una camera a gas suor Edith Stein, una giovane donna di origini ebraiche, che si era convertita alla fede cattolica. Il 1° maggio 1987 Giovanni Paolo II, a Colonia, l’ha proclamata beata e l’11 ottobre 1998 a Roma l’ha dichiarata santa.

La vocazione filosofica

Edith Stein nasce a Breslavia nella Bassa Slesia il 12 ottobre 1891; è l’ultima di undici fratelli di una coppia di commercianti. Gli Stein erano ebrei tedeschi pienamente integrati. Dopo gli studi di base e quelli liceali, affrontati brillantemente, nel 1911 inizia a studiare germanistica, psicologia e filosofia, all’Università di Breslavia, la sua città natale, e in seguito a Gottinga.

Edith è ammirata da tutti per la sua intelligenza. In questi anni di studio universitario la vita di Edith è tutta centrata sul sapere, configurandosi come una sorta di vocazione alla filosofia pura. Si professa agnostica: le problematiche religiose non rientrano tra i suoi interessi, tutti concentrati sulla scienza e sulla filosofia.

Nel 1916 Edith Stein diviene assistente di Edmund Husserl, professore ordinario presso l’Università di Friburgo. Come assistente di Husserl, Edith si trova ben presto impegnata nella trascrizione dei suoi manoscritti: si tratta di un lavoro estenuante di decifrazione di una scrittura molto particolare, di classificazione del materiale che per lo più consiste in appunti messi per iscritto e infine nella redazione dattiloscritta di tutto il lavoro. Diversi testi di Husserl possono vedere la luce solo grazie a tutto il lavoro svolto dalla giovane assistente. Edith in tali anni entra in contatto diretto con i maggiori filosofi del tempo: da Jacques Maritain a Max Scheler fino a Martin Heidegger.

La conversione

Nell’estate del 1921 giunge a compimento un cammino di avvicinamento alla fede cattolica che, sempre più coscientemente, Edith stava compiendo.

Una sera di giugno del 1921 Edith prende a caso dalla biblioteca di due amici un libro sulla vita di Santa Teresa d’Avila Il testo la interessa a tal punto che prosegue a leggerlo per tutta la notte. Nella vicenda di Teresa d’Avila, Edith vede rispecchiata la propria vita e la propria ricerca della verità. Ciò che aveva cercato e non aveva trovato nella filosofia e nella scienza, ossia la verità, lo trova ora nella fede. Dopo una lunga peregrinazione nel deserto, Edith ora intravede la strada giusta da percorrere.

Abbandonato il lavoro come assistente di Husserl, Edith si dedica all’insegnamento prima presso le domenicane di Spira, poi a Münster. All’inizio degli anni Trenta tenta la strada dell’abilitazione all’insegnamento universitario ma tutto è inutile. Alle donne questo in Germania è precluso. E poi c’è un altro insormontabile ostacolo: lei è di origini ebraiche e in Germania l’antisemitismo è ormai molto diffuso.

Una doppia conversione

Durante la gioventù Edith aveva perduto la fede dei propri padri. Era approdata all’ateismo. Solo con la conversione al cattolicesimo ritrova la consapevolezza di appartenere al popolo eletto. Ha scritto Raniero Cantalamessa che «la conversione di Edith al cattolicesimo è, nello stesso tempo, una conversione al giudaismo. La scoperta di Cristo porta con sé la riscoperta dell’ebraismo, una riscoperta che si svilupperà fino ad assumere una profondità mistica sotto l’impulso della persecuzione esterna. […]. Se prima non gliene importava gran che della sua appartenenza al mondo ebraico, ora è fiera, nell’atto di passare in rassegna i filosofi Ebrei del suo tempo (Husserl, Bergson, Meyerson) di dire enfaticamente: “Noi Ebrei”. Sul suo labbro, scrive un collega, si aveva l’impressione di cogliere il grido di san Paolo: “Hebraei sunt: et ego” (2 Cor., 11, 22)». Di fronte alla persecuzione che colpiva il popolo ebraico, Edith si sente unita a esso come mai in precedenza e ne porta nel cuore la straziante tragedia.

La conversione al cattolicesimo e l’ingresso nel Carmelo non significano per Edith fuggire dal mondo, cercare un riparo sicuro lontano dagli orrori che si stanno abbattendo sugli Ebrei in modo sempre più drammatico. Dopo avere addirittura scritto al papa per implorare un suo intervento in favore degli Ebrei, Edith, non potendo fare altro, offre se stessa, la propria vita, per la pace nel mondo e per il popolo ebraico.

Abbracciando la fede cattolica, Edith vede nella figura di Gesù Cristo colui che porta a compimento le promesse antiche. Edith pertanto prega affinché anche il mondo ebraico possa giungere a questa consapevolezza, superando una storica incredulità.

La lettera a Pio XI

Nel gennaio 1933 il nazismo giunge al potere in Germania. Hitler è nominato cancelliere. Edith Stein, diversamente da molti altri, è subito consapevole del pericolo che il nazismo rappresenta non solo per il popolo ebraico, ma anche per quello tedesco e per la Chiesa.

Il 12 aprile 1933, dopo soli due mesi di governo hitleriano, Edith Stein scrive una lettera a Pio XI per sollecitare un suo intervento formale contro il nazismo.

Edith Stein, «come figlia del popolo ebraico, ma da undici anni anche della Chiesa cattolica», chiede al Papa di non tacere più di fronte ad un governo, quello nazista, che si definisce “cristiano”, ma che in realtà tale non è, in quanto vuole distruggere non solo il popolo ebraico, ma la stessa cristianità. Siamo di fronte ad un governo che impone «l’idolatria della razza e del potere dello Stato», e ciò per Edith Stein rappresenta un’aperta eresia.

In Germania vi è «totale disprezzo della giustizia e dell’umanità». I capi del nazionalsocialismo non fanno che diffondere e predicare l’odio contro gli ebrei. Da qui l’appello al Papa affinché il silenzio non si prolunghi ulteriormente, in quanto la responsabilità di ciò che accade «ricade anche su coloro che tacciono».

Non è dato sapere che effetto abbia avuto sul Papa la lettera di Edith Stein. Un dato di fatto non certo in sintonia con la richiesta della filosofa tedesca è, pochi mesi dopo la lettera, la firma del Concordato fra il Vaticano e il governo nazista. Questo fatto rappresenta per Hitler un grande successo, una patente di legittimità valida a livello internazionale. Comunque, il 14 marzo 1937 Pio XI pubblica l’enciclica Mit brennender Sorge (Con viva angoscia), dove, pur senza mai citarlo esplicitamente, condanna il nazionalsocialismo.

La scelta della clausura

Già all’indomani della conversione, Edith Stein aveva manifestato la propria intenzione di ritirarsi nel Carmelo. Il suo direttore spirituale l’aveva allora dissuasa, poiché riteneva che Edith, per le sue capacità intellettuali, fosse chiamata all’insegnamento e al lavoro scientifico.

Nel maggio 1933 Edith manifesta formalmente le proprie aspirazioni alla priora del Carmelo di Colonia, la quale si riserva di decidere. Alcune difficoltà rendono infatti non scontata l’accettazione della domanda di Edith: l’età avanzata (ha quarantadue anni) e, soprattutto, le sue origini ebraiche, che in un momento di diffuso antisemitismo possono creare problemi al monastero. La sua domanda viene poi accettata. Il periodo che precede l’ingresso al Carmelo è trascorso da Edith a casa, nel tentativo, inutile, di convincere la madre, che è di religione ebraica, circa la bontà della propria scelta.

Il rifugio in Olanda

Edith rimane per cinque anni nel Carmelo di Colonia. Poi il 31 dicembre 1938, lascia Colonia e la Germania e si rifugia in Olanda, paese ritenuto più sicuro, dove viene accolta nel Carmelo di Echt.

Edith rimane nel Carmelo olandese dal 1° gennaio 1938 al 2 agosto 1942. Si tratta di anni difficili. Dalla Germania arrivano notizie sempre più drammatiche. I familiari di Edith cercano di lasciare il paese poiché per gli ebrei non è più possibile svolgere alcuna attività lavorativa ed inoltre stanno iniziando gli arresti e le deportazioni nei campi di concentramento. Alcuni suoi familiari riescono a fuggire in America. Sua sorella Elfriede e suo fratello Paul, con la moglie e la figlia, vengono invece deportati nel campo di concentramento di Theresienstadt, dove moriranno. In una lettera che scrive ad amici Edith manifesta la volontà di condividere il destino del proprio popolo: «Ebbi l’intuizione che Dio aggravava di nuovo la mano sul suo popolo, e che il destino di questo popolo era anche il mio».

La via della croce

Nel 1941 la priora di Echt chiede a suor Benedetta di realizzare un lavoro su San Giovanni della Croce, nel quarto centenario della sua nascita (1542). Questo testo, che rimarrà incompiuto, verrà pubblicato postumo con il titolo di Scienza della Croce. Qui suor Benedetta vede la caratteristica del suo Ordine «nell’imitazione di Cristo sulla via della Croce, nel partecipare alla Croce di Cristo e alla sua passione per salvare il mondo». L’ingresso nel Carmelo è dovuto proprio al desiderio di realizzare quella divina rassomiglianza con l’Agnello immolato che doveva renderla partecipe della violenta morte del Figlio di Dio per la salvezza del suo popolo. Edith ha una fiducia assoluta in Dio: nel buio della notte, Dio indica la direzione da seguire.

Per Piero Coda la via scelta da Edith Stein, entrando in convento, «è la via della sostituzione e dell’espiazione vicaria nell’identificazione a Cristo e, in Lui, con le vittime e gli oppressi. Un riferimento, quello dell’espiazione, che non trova immediatamente riscontro nella meditazione spirituale del Carmelo riformato intorno al Cristo crocifisso, ma che può venire alla Stein dalla rilettura delle pagine bibliche del Servo di Javhè dell’Antico Testamento e del Figlio dell’Uomo crocifisso del Nuovo, nel contesto di ciò che tragicamente stava avvenendo in Germania».

La morte ad Auschwitz

Il 2 agosto Edith e la sorella Rosa vengono prelevate dal loro convento dalla Gestapo e deportate nel campo di Westerbork. Il 7 agosto Edith Stein e la sorella vengono fatte salire su un treno che da Westerbork le porta a Auschwitz, dove arrivano il 9 agosto. Qui avviene subito la selezione: su circa 1200 persone, tante erano quelle presenti sul convoglio, solamente 165 uomini, dai 17 ai 50 anni, vengono scelti per essere utilizzati in attività lavorative. Tutti gli altri, tra cui Edith e la sorella Rosa, vengono subito avviati alla camera a gas. Nell’agosto del 1942 ad Auschwitz i forni crematori non sono ancora entrati in funzione, pertanto, è probabile che Edith Stein e la sorella Rosa siano state poi sepolte in fosse comuni.

*Anselmo Palini
Già docente di Materie Letterarie presso l’Istituto di Istruzione Superiore “Antonietti” di Iseo.
Autore del libro: Più forti delle armi. Dietrich Bonhoeffer, Edith Stein, Jerzy Popieluszko, Ave, Roma 2016. 

(Fonte: Viandanti 29/07/2022)
[L’immagine che correda l’articolo è ripresa dal sito: acistampa]

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Per approfondire vedi anche il post precedente: