mercoledì 6 aprile 2022

Lo psicoterapeuta Salonia: «Quando è dal conflitto che nasce la vita»

Quando è dal conflitto 
che nasce la vita
di p. Giovanni Salonia
Direttore dell'Istituto
di Gestalt Therapy hcc Kairòs gtk


Pubblicato su "La Sicilia" il 03.04.2022 

     «Il conflitto è padre di tutte le cose, di tutte re», dice Eraclito, uno dei sapienti antichi. Difficile dargli torto. Veniamo al mondo uscendo dal conflitto più antico (e narrato) dell’esistenza umana: il passaggio lungo il canale del parto. E siamo subito immersi nella lotta: per conquistare l’ossigeno vincendo le resistenze meccaniche (e naturali) dell’ambiente. Certo, tutto questo accade mentre qualcuno si prende cura di noi, mentre siamo toccati da un corpo materno. Ma è altrettanto vero che si nasce a sé stessi dicendo per la prima volta di ‘no’ alla propria madre. Lì celebriamo la nostra unicità, l’unicità di ogni corpo: nessun corpo può essere pròtesi di un altro corpo Lo stesso vale per il ‘no’ di ogni mamma, che fa rinascere il figlio o la figlia alla loro singolarità, adempiendo pienamente la funzione materna. Perché il ‘no’ non è uno stop al legame ma uno step necessario. Ogni relazione cresce infatti nel ritmo – a volte cacofonico – del ‘no’ e del ‘sì’. Il calore del ‘sì’ ha bisogno della forza del ‘no’. In questo gioco di calore e di forza risuona la musica dell’esistenza. Il bambino che mangia integra la fiducia nell’ambiente (da dove il cibo entra nel suo corpo) con la forza (lo mastica per farlo suo). Anche il rapporto sessuale – Freud ce lo ha insegnato – è pieno e autentico quando congiunge il calore, la forza e l’autonomia. Il conflitto ‘caldo’ e il calore ‘forte’ generano la vita. Solo gli umani possono inventare spazi in cui il ‘no’ riscalda e il ‘sì’ mantiene la distanza.

       E se in ogni conflitto ci chiedessimo: a quale nuova statura questo conflitto mi sta chiamando? 
La nostra cultura ci ha abituato a dare un’accezione negativa all’esperienza del conflitto spesso vissuto come fonte e causa di sofferenza. La ricerca ostinata dell’analgesia e la fuga dal vissuto vitale del dolore fanno il resto. Eppure c’è un dolore costruttivo, quello che permette ai polmoni di espandersi col primo vagito, quello delle prime cadute dei bambini in cerca dell’equilibrio. I conflitti tra genitori e figli hanno un senso evolutivo e ci preparano ad affrontare il conflitto nella città. Il conflitto calibrato, sensato diventa dunque il motore dell’esperienza intesa come crescita, come superamento delle difficoltà, come conquista di nuove realtà. Chiediamoci allora: quali sono le qualità che permettono al conflitto di generare vita?
    Il conflitto deve essere genuino. I conflitti che non trovano soluzione sono quelli che nascono da ragioni nascoste, diverse da quelle esplicite, dichiarate. Un conflitto che è ‘al posto di’ (I. From) è un conflitto non si risolverà mai.
    Il conflitto deve essere chiaro. Bisogna sapere a che cosa mira. Gli obiettivi che si declinano come mors tua vita mea; o anche mors tua mors mea, fino magari al mors mea vita tua, rendono distruttivo il conflitto e ne stravolgono il significato. Solo il conflitto orientato al vita mea-vita tuaè in grado di generare crescita personale e relazionale.
   Il conflitto non deve essere mistificato. Nessuna soluzione è possibile se c’è un imbroglio tra ‘contenuto’ e ‘relazione’. Sembra che si stia lottando per sapere se Parigi è capitale della Francia, ma in realtà si sta lottando per sapere chi è il più bravo. L’imbroglio deriva spesso dalla paura di non essere riconosciuti nella propria unicità, nelle proprie qualità essenziali. Le paure di fondo sono quelle di essere considerati bad (cattivi) o mad (pazzi). Ma la paura ultima è quella di non essere riconosciuti nelle proprie intenzioni profonde.
     Il conflitto non deve perdere mai la chiave d’oro: riconoscere il frammento di verità presente nella posizione dell’altro e il frammento di oscurità che abita la propria. Dice giustamente Gadamer: per superare in modo positivo il conflitto è necessario far emergere dentro di noi, dal nostro interno, l’obiezione che dall’esterno l’altro ci oppone. Solo così si diventa consapevoli del terzo assioma della comunicazione pragmatica, autentica via regia della crescita in ogni conflitto: «Chiediti in che modo provochi ciò di cui ti lamenti» (Watzlawick).

     La soluzione di ogni conflitto richiede quindi il rispetto di sé stessi e dell’altro, in vista di una composizione, magari sofferta, di interessi e obiettivi, nella logica del vita tua vita mea. Perché questo accada è necessario mantenere salda – nella casa, nella città, nel proprio corpo – la fiducia nella parola. Nell’ascolto delle ragioni che sono presenti anche nel pensiero folle. Il punto non è cercare chi ha ragione ma quali ragioni sono in gioco nel conflitto. Sono le parole genuine che trasformano il conflitto in crescita personale e relazionale. Gli uomini inventarono il fuoco quando scoprirono che le pietre che si strofinano a lungo e con fiducia generano una scintilla vitale. Forse dobbiamo ancora una volta imparare che i conflitti non sono un modo per distruggere se stessi, per distruggere gli altri, ma una semina in cui siamo «riconquistati al movimento, al fuoco, all’eterna metamorfosi» (Luzi).

Più di cinquant’anni fa, per introdurre nuovamente il libro che aveva dato inizio alla Terapia della Gestalt, nata a ridosso della fine della seconda guerra mondiale, Frederick Perls scriveva: «Abbiamo una polarità peculiare in questo mondo: l’ascoltare contro il combattere. Le persone che ascoltano non combattono, e quelle che combattono non ascoltano. Se le fazioni in guerra nella nostra società – i partners in un matrimonio, i soci d’affari – aprissero i loro orecchi e ascoltassero i loro avversari, le ostilità nel nostro ambiente e tra le nazioni diminuirebbero grandemente. Il concetto di “Ti sto dicendo ciò di cui hai bisogno”, sarebbe sostituito da “Sto ascoltando ciò che vuoi”, e sarebbe aperta la base di una discussione sensata. Ciò si applica tanto ai nostri conflitti interni quanto alla situazione mondiale in generale. Ma come aprire gli orecchi e gli occhi del mondo? Io considero il mio lavoro come un piccolo contributo alla risoluzione di quel problema che potrebbe contenere le possibilità di sopravvivenza dell’umanità».

(Fonte: sito ufficiale)

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- il sito ufficiale dell'’Istituto di Gestalt Therapy hcc Kairòs gtk