giovedì 4 novembre 2021

Italia, 4 novembre - "Bandiere a mezz'asta " don Tonio Dell'Olio e Basta strumentalizzare il «milite ignoto» don Renato Sacco (Testo e video)

Italia,  4 novembre
"Bandiere a mezz'asta "
don Tonio Dell'Olio



Quella del 4 novembre più che una festa in onore dei caduti in guerra, ha il sapore di un'offesa. Non c'è nulla da festeggiare quando qualcuno muore.
È sempre una sconfitta. Soprattutto se non ha scelto di sacrificare la propria vita ma vi è stato costretto dalle leggi dell'epoca. Chiedetelo a quei morti se avrebbero scelto liberamente di combattere e sacrificare la propria giovinezza! Leggo nel sito dell'Esercito italiano che oggi è la festa di tutti coloro che continuano a mettere a repentaglio la propria vita per garantire la sicurezza degli italiani e penso a chi, nei giorni più bui della crisi pandemica, hanno operato nelle Rsa e negli ospedali, penso a un amico medico in pensione che volontariamente ritornò in servizio e venne ucciso dal virus. Penso a tutti questi e ad altri ancora. A giornalisti, magistrati, poliziotti, preti e cittadini inconsapevoli uccisi dalle mafie. Da tutti questi mi sono sentito davvero garantito e protetto. Penso che nelle guerre di ultima generazione buona parte delle armi, soprattutto quelle nucleari, sono pensate e utilizzate per colpire la popolazione civile. Penso a una retorica senza fondo che narra con enfasi della conquista di Trento e Trieste che avremmo potuto ottenere senza sparare un solo colpo, diceva don Milani. Condoglianze e non auguri dovremmo dire oggi. Senza parate e senza sventolii di bandiere, se non a mezz'asta.

(Fonte: Mosaico dei giorni - 04.11.2021) 


Basta strumentalizzare
 il «milite ignoto»
Don Renato Sacco

Non strumentalizziamo il «milite ignoto» in questo 4 novembre per giustificare la guerra, ripudiata dalla Costituzione. Le «celebrazioni» piene di retorica di questi giorni purtroppo ne sono la conferma. E coinvolgeranno anche le scuole.

«L’Italia aggredì l’Austria con cui questa volta era alleata. (…) Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti ? Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una “inutile strage”? (l’espressione non è d’un vile obiettore di coscienza ma d’un papa)». Sono parole di un mio confratello, don Lorenzo Milani, priore di Barbiana: L’obbedienza non è più una virtù, 1965.

Il 4 novembre ricordiamo invece che l’opposizione popolare alla guerra fu molto ampia, anche nell’esercito. Su 5 milioni e 500 mila mobilitati per la prima Guerra Mondiale, 870.000 furono denunciati per insubordinazione. Oltre il 15%. Cadorna aveva ordinato rappresaglie e fucilazioni immediate. Ma in Italia quante via o piazze ancora oggi sono dedicate proprio a Luigi Cadorna! A quando la cancellazione di queste vergognose intitolazioni?

Il 4 novembre non si «celebra» una vittoria ma la fine di una carneficina.
Non si può far retorica usando chi è stato mandato in trincea come carne da macello.

Nelle trincee non c’erano eroi, ma uomini terrorizzati: chi non balzava fuori dalla trincea al grido di «Avanti Savoia», veniva fucilato anche sul posto. E non erano «ignoti» ognuno aveva un nome, una casa, affetti, progetti…

Il 4 novembre: chiamiamo le guerre con il loro nome: crimine, strage. E chiamiamo con il nome giusto i responsabili: criminali e stragisti. Non si può cambiare le carte in tavola parlando di missioni di pace, di guerre umanitarie, di bombe intelligenti… Non si può studiare nuove armi «autonome» o Killer robot. Non si può unire la parola intelligenza con la parola bomba. Sono incompatibili. Sarebbe come dire uno «stupro bello».

Il 4 novembre dovrebbe essere l’occasione per il Ministro della Difesa per interrogarsi sulla violazione dell’art. 11 della Costituzione con i grandi progetti folli e costosi come quello degli F- 35, che di Difesa non hanno nulla. O la scelta di investire milioni di euro per armare i droni e renderli adatti a uccidere a migliaia di chilometri di distanza. E poi arriveranno anche i Cruise.

È cinico e immorale ricordare i 650.000 morti della prima guerra mondiale, investendo miliardi per fare la guerra oggi. Ursula Von del Leyen, ha addirittura parlato di un azzeramento dell’Iva sulle armi. Un grande favore alla potente lobby delle armi. E Draghi a fine settembre ha detto «bisognerà spendere molto di più nella difesa di quanto fatto finora…».
Un insulto a tutte le vittime di tutte le guerre.

Il 4 novembre dovrebbe essere l’occasione per tutti i preti, chiamati a guidare preghiere, commemorazioni e benedizioni, per non assecondare e benedire la guerra, rendendola giusta e a volte anche santa. Un’occasione per dare voce non solo al Vangelo ma anche a tutto il magistero della chiesa che ha sempre condannato la guerra da Benedetto XV, 1 agosto 1917 «inutile strage», a Paolo VI all’Onu, 4 ottobre 1965 «Mai più la guerra», a Giovanni Paolo II «la guerra è avventura senza ritorno», fino agli innumerevoli interventi di papa Francesco, che ha ripetuto ancora lo scorso 2 novembre: «Fermatevi, fabbricatori di armi, fermatevi!». E invece assistiamo ancora, non solo da parte dei Cappellani militari, presenza imbarazzante e discutibile all’interno del sistema militare, ma anche in tante situazioni «normali», preghiere e benedizioni che avallano una cultura militare e di guerra, magari pregando perché Dio «renda forti le nostre armi…».

Il 4 novembre: ma perché suonare o cantare «La leggenda del Piave», composta nel 1918 per ridare morale alle truppe e incitare alla battaglia, per far dimenticare le atrocità e i tanti morti della guerra.

Il 4 novembre dovrebbe essere l’occasione per ricordare che il nome del «milite ignoto» è …ignoto. Ma i nomi dei responsabili della strage sono noti. I nomi di ieri e i nomi di oggi.

* consigliere nazionale di Pax Christi e redattore di «Mosaico di pace»

(Fonte: "Il Manifesto" - 04.11.2021)

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4 Novembre, fine di una ‘inutile strage’
don Fabio Corazzina e a don Renato Sacco