giovedì 14 ottobre 2021

“PAGELLA IN TASCA – Canali di studio per minori rifugiati” - Adam dal Sudan a Torino con la pagella in tasca e il sogno di diventare medico

Adam dal Sudan a Torino con la pagella in tasca 
e il sogno di diventare medico

Adam, 17 anni, ha vissuto in diversi centri per rifugiati. Ora arriverà a Torino per studiare grazie al progetto Pagella in tasca dedicato al bambino che nel 2015 commosse il mondo, ritrovato morto tra le centinaia di vittime di uno dei più grossi naufragi della storia con la sua pagella cucita nella tasca del giubbotto


"C'è freddo, vero? Ci adatteremo. L'importante è arrivare, potere studiare. E avere una famiglia". È l'ora dei tamponi a Niamey e Adam non sta più nella pelle. Il suo viaggio, da solo, è durato sei anni. Iniziato in Sudan quando aveva 11 anni finirà giovedì a Torino dove troverà la sua nuova famiglia e, finalmente, la scuola. Quella dove non è potuto andare, neanche da bambino, ma che è quello che più desidera per realizzare il suo sogno. "Voglio diventare medico", ha detto agli operatori di Unhcr e Intersos che lo seguono da due anni nel campo per rifugiati del Niger dove è stato selezionato, insieme ad altri quattro ragazzini, per il primo corridoio umanitario che consentirà loro di arrivare in Italia in aereo con un visto per studio. Pagella in tasca, così si chiama il progetto dedicato al bambino che nel 2015 commosse il mondo, ritrovato morto tra le centinaia di vittime di uno dei più grossi naufragi della storia, la sua pagella di scuola elementare cucita all'interno della tasca del giubbotto. La cosa più preziosa che aveva deciso di portare con sé.

"Torino è una città reale, è stata capitale d'Italia e c'erano i Savoia. Ci sono tanti parchi e c'è anche la Juventus, la squadra dei miei sogni". Da quando ha saputo che Torino sarebbe stata la sua destinazione Adam, 17 anni, studia cercando informazioni di ogni genere. Persino sulla gastronomia. Ha scaricato un video su come si fa il cremino.

"È commovente, i ragazzi si sono messi a studiare italiano da soli anche la notte. Cercavano materiale didattico su internet e hanno già imparato moltissime parole. Sono pronti a dedicare allo studio molti anni non avendo la necessità - come quasi tutti gli altri - di cercarsi subito un lavoro per mandare i soldi alle famiglie", racconta Alessandra Caputo, project manager di Intersos in Niger.

Adam una famiglia non ce l'ha. Dei genitori rimasti in Sudan non ha più alcuna notizia. Una casa non l'ha mai avuta e neanche una scuola. Rifugiato è nato, in un campo profughi del Darfur e rifugiato, dopo il suo lungo viaggio dal Sudan al Ciad fino alla Libia e poi in Niger, ha vissuto nel campo di Niamey dove Unhcr ospita i migranti tirati fuori dai centri di prigionia in Libia e destinati ai corridoi umanitari verso l'Europa. A 11 anni, quando nasci e cresci in un campo profughi in Darfur non sei più un bambino. "Salvati almeno tu". Con queste parole il papà di Adam lo ha affidato a un camionista diretto verso il Ciad salutandolo per l'ultima volta. Camion, pick-up, chilometri e chilometri a piedi, fino al confine con la Libia. Prima dell'inferno.

Anche Adam ha vissuto la prigionia in un centro di detenzione in mano ai trafficanti che poi, visto che nessuno avrebbe mai pagato un riscatto per lui, lo hanno venduto al mercato degli schiavi. Mesi di duro lavoro nei campi. Poi, non si sa come, ancora una volta da solo, Adam ha preso la strada verso il Niger fino ad Agades. "Nel nostro campo questi ragazzi hanno subito un altro duro contraccolpo psicologico - spiega Elena Rozzi di Intersos, coordinatrice del progetto Pagella in tasca - lì ci sono famiglie che aspettano di poter partire con i corridoi umanitari, cosa che i protocolli escludono per i minori non accompagnati".

A Niamey Adam non ha perso un laboratorio: inglese, francese, corsi di informatica e meccanica. "Cosa bisogna fare per diventare medico? Cosa devo studiare?". "È un percorso lungo e duro, davvero hai voglia?", gli hanno chiesto. "Sono orfano, non so neanche se i miei genitori sono vivi. Voglio questo e vorrei una famiglia. Nei centri di accoglienza sei sempre solo, mi manca l'affetto di, qualcuno che mi voglia bene".
Lo troverà nella famiglia affidataria che lo aspetta a Torino. "Questi ragazzi sono in viaggio da anni per cercare protezione e un futuro migliore e sono stati esposti a qualsiasi tipo di abuso e violenze. Con questo progetto offriamo loro la possibilità non solo di arrivare in sicurezza ma anche di beneficiare di un'accoglienza grazie alle famiglie affidatarie che si sono rese disponibili e al Comune di Torino - dice Chiara Cardoletti, rappresentante di Unhcr Italia - Tutela del diritto allo studio e il forte ruolo della società civile italiana dimostrano ancora una volta quanto l'Italia sia all'avanguardia nella tutela dei rifugiati".

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Il progetto “PAGELLA IN TASCA – Canali di studio per minori rifugiati” mira a promuovere l’ingresso con un visto per studio di 35 minori non accompagnati attualmente rifugiati in Niger, affinché possano avere l’opportunità di venire in Italia a studiare senza dover rischiare la vita su un barcone nel Mediterraneo.

Si tratta di un progetto pilota finalizzato a sperimentare un nuovo canale di ingresso regolare e sicuro fortemente innovativo rispetto ai canali ad oggi attivi (corridoi umanitari, resettlement ecc.), in quanto:
  • specificatamente dedicato alla protezione dei minori non accompagnati, attualmente esclusi dai corridoi umanitari da paesi extra-UE e dalla maggior parte degli altri canali di ingresso;
  • finalizzato alla promozione del diritto allo studio, in quanto diritto riconosciuto a tutti i minori dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, e fondato sul rilascio di un visto di ingresso per studio, previsto dalla legge italiana per minorenni tra i 15 e i 17 anni, ma ad oggi mai utilizzato per promuovere l’ingresso di minori rifugiati;
  • basato sulla “community sponsorship”, attraverso il coinvolgimento delle famiglie affidatarie e dei tutori volontari, oltre che delle organizzazioni del privato sociale, nell’accoglienza e nella promozione dei percorsi di inclusione sociale dei minori, e quindi con una forte partecipazione della società civile accanto alla presa in carico istituzionale.
Questo progetto è solo una goccia nel mare: 35 minori entreranno in Italia con un canale di ingresso regolare e sicuro, a fronte di più di 700 persone morte nel Mediterraneo centrale nei primi sei mesi del 2021 e più di 13.000 persone intercettate e riportate forzatamente in Libia mentre cercavano di fuggire dalla guerra, dalle violenze e dalle torture. Questo progetto pilota è però anche un primo passo importante. L’apertura di un nuovo canale di ingresso, infatti, potrà consentire in futuro anche ad altri minori non accompagnati di entrare in Italia in modo protetto. E l’accoglienza in famiglia di questi minori rifugiati potrà portare nelle nostre comunità un messaggio culturale di apertura e di accoglienza, fondato non solo sulle parole ma su esperienze concrete vissute insieme. ...

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