giovedì 22 luglio 2021

"C’è difesa e difesa" di Tonio Dell'Olio - "La pistola in tasca" di Massimo Gramellini

"C’è difesa e difesa"
di Tonio Dell'Olio 
Mosaico dei Giorni 22/07/2021

E no, la difesa non è sempre legittima. Non è pur che sia! Deve rispettare i criteri della proporzionalità sia rispetto al bene che si vuole difendere soppesato col male che si produce facendo ricorso alla difesa stessa e sia rispetto alla gravità e pericolosità della minaccia in atto.

Mi spiego per il senatore Salvini: difendersi arrivando a togliere la vita a chi volesse sottrarre un lecca lecca dalla mia tasca non legittima la difesa. Difendere arrivando ad uccidere chi usasse l'arma dell'ingiuria, non è legittimo. Si chiama: principio di proporzionalità. La difesa non è sempre legittima. Nel caso dell'uccisione di Youns El Boussetai ucciso dall'assessore comunale alla Sicurezza Massimo Adriatici, le indagini accerteranno se si è trattata di una difesa legittima, eccessiva o di un incidente (la pistola che spara mentre cade). Ma per dirla tutta, a me appare eccessiva anche l'altra difesa, quella d'ufficio di chi, prima dell'accertamento dei fatti, si schiera dalla parte dell'assessore. Faccio fatica a immaginare una difesa d'ufficio tanto tempestiva e determinata se le parti fossero state invertite, ovvero se a sparare per "legittima difesa" fosse stato "il marocchino" per difendersi dalle minacce, presunte o reali, dell'assessore. Coerenza vorrebbe che, anche in quel caso, il capo del partito della giustizia fai-da-te avrebbe dovuto dire che la difesa è sempre legittima. Ma intanto un pensiero alla vittima e alla sua famiglia, al di là della sua presunta colpa, della sua condizione sociale, delle sue origini e del colore della sua pelle.

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"La pistola in tasca"
di Massimo Gramellini
Corriere della Sera 22/07/2021

Che il colpo gli sia partito apposta o per caso, l’assessore alla Sicurezza del comune di Voghera girava per strada con una pistola in tasca. Parliamo di un uomo di legge che insegna diritto penale agli allievi della scuola di Polizia. Evidentemente il primo a non credere nelle istituzioni che rappresenta - e che addirittura istruisce - è lui. Non so voi, ma io non riuscirei a girare per strada con una pistola in tasca neanche a scopo dissuasivo. Un po’ perché, lungi dal sentirmene rassicurato, avrei paura di farmi e fare del male (come se avessi un pungiglione velenoso al posto del naso). Un po’ perché il confine tra coraggio e audacia, e tra audacia e incoscienza, è talmente sottile che una pistola in tasca ci spinge a varcarlo più facilmente. Ma soprattutto perché, fin dalle faticose traduzioni liceali dell’Orestea di Eschilo, la civiltà di cui faccio parte mi ha inculcato il principio che la forza va sottratta ai clan, alle famiglie, agli individui e affidata allo Stato, pur con tutti i limiti che comporta la sua copertura, sempre imperfetta e parziale.

Capisco ancora il gioielliere: lavorare armato fa parte dei rischi di quel mestiere. Invece un privato cittadino o un politico che girano per strada con una pistola in tasca appartengono a una cultura che non è la mia. Ammiro gli Stati Uniti per tante altre cose, ma dopo gli uragani, i lavori precari e i procuratori sportivi, non vorrei importare da loro anche gli sceriffi e i cowboys.