mercoledì 19 maggio 2021

Franco Battiato e il senso religioso della vita - In dialogo costante con il Mistero

Franco Battiato e il senso religioso della vita
Il ricordo di Padre Enzo Fortunato


Con Franco Battiato se ne va non solo un pezzo della musica contemporanea, ma un uomo profondamente spirituale che nelle sue opere, spesso di un lirismo commovente, ha fatto convivere tradizioni e culture in apparenza lontanissime. Dico in apparenza perché Battiato aveva la rara capacità di trovare il nucleo essenziale delle cose e delle persone; era capace di vedere somiglianze e corrispondenze dove nessuno se le aspetterebbe e, anzi, dove altri vedono solo contrasti.

È stato meraviglioso nel 1989 vederlo cantare per Giovanni Paolo II, davanti a diecimila ragazzi che agitavano ramoscelli di ulivo; così come è indimenticabile il concerto che ha tenuto nel 1992 a Baghdad per celebrare la fine della Guerra del Golfo.

Battiato è stato un uomo di pace nel senso più alto del termine: credeva che mondi, popoli e culture potessero incontrarsi e dialogare. In questo è stato un uomo e un artista straordinario. La definizione è abusata ma la intendo in un modo specifico: un autore molto amato da Battiato, Gurdjieff, scrisse Incontri con uomini straordinari. Mi piace pensare che se Gurdjieff avesse conosciuto Battiato lo avrebbe inserito in quel libro che parla di persone capaci di sentire e vedere in modo differente, un modo lontano da ogni automatismo, da qualsiasi banalità e inimicizia. Battiato era straordinario perché il suo sguardo era capace di profondità e di amore incondizionati.

Ricordo un’intervista che concesse alla “Rivista San Francesco” durante una sua visita alla Basilica. In quell’occasione accomunò San Francesco a Rumi, maestro sufi e uno dei padri della letteratura persiana. Sentiva che in San Francesco e in Rumi, nel loro essere mistici e poeti, folli innamorati del creato, scorreva una fonte comune.

Gli chiesi: se tu dovessi raccontare San Francesco con la tua musica cosa diresti? Lui mi spiazzò, rivolgendosi direttamente al santo: “Gli direi: trascinami su”.
Sì, Francesco, trascinalo su. Definendolo fantastico respiro.

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"Il Re del Mondo" 
dal concerto nel 1992 a Baghdad per celebrare la fine della Guerra del Golfo.

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In dialogo costante con il Mistero
di Massimo Granieri


«È la medesima realtà il vivo e il morto, il desto e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli, e quelli di nuovo mutando son questi». Un passo di Eraclito di Efeso introduce un disco di Franco Battiato ascoltato dopo aver letto la notizia della sua morte. L’album è L’imboscata, nella traccia Di Passaggio la vita muta in nuove dimensioni. Nella stessa canzone c’è un’altra citazione in greco antico, un estratto degli Epigrammi di Callimaco riguardo il suicidio di Cleombroto d’Ambracia, seguace di Platone. Un tema molto caro a Battiato quello dell’immortalità dell’anima e della reincarnazione che lo spinsero nel recinto del cristianesimo. Interpretò la risurrezione dei corpi dopo la morte annunciata nei Vangeli, come in Testamento in cui impasta la verità del Risorto (confusa con la reincarnazione) con versi del ventiseiesimo canto dell’Inferno di Dante. Nella canzone la distanza dal mistero dell’Incarnazione diventa siderale: 
«Peccato che io non sappia volare / Ma le oscure cadute nel buio mi hanno insegnato a risalire / Noi non siamo mai morti, e non siamo mai nati».

Il maestro Battiato, morto il 18 maggio, aveva la percezione del divino e della sua eterna assenza. Il testo de L’esistenza di Dio si chiude con dei versi chiarissimi: 
«La teologia vi invita / Anzi vi impone d’immaginare / Una pietra infinita». 
Un Dio pietrificato nel suo silenzio lo affascinava, alcune canzoni ricordano la notte oscura descritta da san Giovanni della Croce. Se l’aridità spirituale, il senso dell’abbandono toccarono la vita del mistico, Battiato pensava al passaggio fugace di Dio nel nostro mondo. Fu capace di farci sperimentare quel senso di aridità e di vuoto che rimane addosso quando siamo visitati e in apparenza abbandonati dal Signore: 
«Sia Lode, Lode all’Inviolato / Arido è l’inferno / Sterile la sua via / Quanti miracoli, disegni e ispirazioni / E poi la sofferenza che ti rende cieco / Nelle cadute c’è il perché della Sua Assenza» (Lode all’Inviolato). 

Il 24 ottobre 1993 eseguì la sua Messa Arcaica nella basilica superiore di San Francesco d’Assisi, incisa su commissione in occasione della Giornata della pace indetta dalle Nazioni Unite. Musicò le parti della santa messa, l’atto penitenziale, il Gloria, la professione di fede e la liturgia eucaristica. Ne approfittò per soddisfare il bisogno di utilizzare ogni tipo di linguaggio e comunicare “le opzioni del cuore” alimentate dal desiderio e la fatica di conoscere la Verità cantato in Torneremo ancora:
«Molte sono le vie / Ma una sola / Quella che conduce alla verità / Finché non saremo liberi / Torneremo ancora». 
In un’intervista riguardo l’uscita discografica della Messa Arcaica, dichiarò: «Al di là delle differenze formali, ciò che trovo invariabilmente presente in tutti i miei lavori, da quelli avanguardistici degli anni Settanta fino alla mia Messa Arcaica è una ricerca costante della bellezza, dell’armonia, della fluidità delle soluzioni che si muovono all’interno di ogni linguaggio prescelto». Era sicuro che per comunicare certe emozioni fosse necessario percorrere la strada della bellezza, secondo il suo stile originalissimo. La vetta più alta della scalata spirituale la raggiunse con E ti vengo a cercare, suonata dal vivo alla Sala Nervi davanti a Giovanni Paolo II . La testimonianza di quel momento del tastierista Filippo Destrieri al giornalista Stefano Sacchetti evidenziò l’umanità dell’artista: «Nei giorni precedenti il concerto in Vaticano, Battiato se la tirava un pochino, essendo stato il cantautore prescelto per esibirsi alla presenza del Papa. “Che ci vuole?” diceva Franco “andiamo lì, suoniamo e torniamo a casa”. Invece lui per primo si emozionò tantissimo, perché Wojtyła era indubbiamente un uomo di grande energia, sprigionava un’energia molto intensa».

La poesia impastata alla spiritualità con Battiato divenne frontiera filosofica nella musica. Non c’è un precedente simile nella storia dello spettacolo contemporaneo in Occidente. Rimarranno i suoi dischi agli ascoltatori che d’ora in poi lo penseranno in quel mondo da lui cantato ne Le nostre anime, lì dove non c’è dolore ma solamente pace e amore.

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"E ti vengo a cercare"
 suonata dal vivo alla Sala Nervi davanti a Giovanni Paolo II il 18 marzo 1989.

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