Immunità di gregge
Commento al Vangelo della IV Domenica di Pasqua (B)
a cura di don Giovanni Berti
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». (Gv 10,11-18)
Tra qualche giorno, al momento in cui scrivo, scatteranno le nuove disposizioni del Governo per quanto riguarda la Pandemia. Ci sarà un generale allentamento delle restrizioni sulla mobilità personale, sugli esercizi commerciali e anche su teatri e cinema. Questo accadrà sul territorio di quasi tutta Italia, ma non tutto per ora. Prendendo a prestito un termine del Vangelo di questa domenica, potremmo dire che vengono aperti molti dei “recinti” legislativi nei quali siamo stati rinchiusi per contenere la diffusione del virus. Rinchiusi ma anche protetti dobbiamo riconoscere! Senza un contenimento attivo che riduca la circolazione del contagio saremmo davvero nei guai…
In questi lunghi difficili mesi abbiamo però imparato che il vero recinto che ci può realmente proteggere è il personale senso di responsabilità che guida i nostri comportamenti per proteggere noi stessi e gli altri.
Senza questo senso di comunità e di responsabilità reciproca non servirebbero a nulla tutte le regole e i controlli.
Siamo davvero un gregge umano che ci porta ad essere interdipendenti nel bene e nel male. E sappiamo che uno degli obiettivi della vaccinazione di massa è proprio raggiungere quell’immunità di gregge che metterebbe al sicuro anche chi non si può vaccinare, i più fragili del gregge umano.
Anche la parola “gregge” la ritroviamo nel Vangelo di oggi, e così davvero le parole di Gesù sono molto meno distanti dalla vita attuale di quel che si possa credere.
Gesù parla ad una comunità di persone che è molto lontana dalla nostra sia nel tempo che nelle abitudini di vita. Per parlare di sé e di Dio, parla dei pastori e delle greggi che erano numerosi nella Palestina di allora e fa anche riferimento a salmi e profezie della Bibbia che parlavano di Dio che manda i veri pastori e che Dio stesso è il pastore che guida il popolo. Ma il suo insegnamento anche con questa immagine può parlarci oggi. Il vertice del suo insegnamento è la rivelazione di sé come Buon Pastore che guida, protegge e conduce fuori dal recinto il gregge. Potremmo tradurre in modo preciso “buon pastore” con “vero pastore”, cioè il pastore definitivo che si distingue da tanti falsi pastori o pastori che non lo sono in senso pieno. Il pastore in cui si identifica Gesù è uno che dà la vita per le sue pecore, le conosce e da esse è conosciuto, e il suo scopo non è guadagnare dalle pecore ma che siano tutte salve, unite e protette. Gesù partendo da una immagine vuole rivelarsi come punto di riferimento per tutti i credenti ma non solo. Gesù rivela che a Dio sta a cuore l’umanità che rischia continuamente la dispersione, specialmente quando ognuno pensa a se stesso o solo al proprio piccolo gruppo. Se per il gregge reale di pecore i pericoli sono rappresentati da animali feroci come i lupi o dai falsi pastori che pensano solo al proprio guadagno e non al bene del gregge, il gregge umano ha i suoi pericoli non solo nei cataclismi naturali, come in questo caso la Pandemia, ma anche nelle violenze, nelle guerre, e in coloro che in modo falso si presentano come salvatori ma in realtà vogliono solo guadagnare per sé.
Come comunità di uomini siamo davvero un gregge unico suddiviso in tanti piccoli greggi nazionali e anche ecclesiali. Siamo fatti per stare insieme e insieme trovare la forza per andare avanti e affrontare il futuro e i pericoli che ci sono. Gesù si rivela come il vero pastore che può guidare all’unità il gregge dei credenti e anche il gregge umano. Il suo stile di guida è quello del dono della vita e dell’amore prima di tutto, e non quello del guadagno e della violenza.
Gesù continua a vivere e ad essere buon vero pastore nella sua comunità di credenti. Come cristiani abbiamo prima di tutto il dono di avere Gesù come pastore, con la sua Parola e i segni che lui ha lasciato, ma abbiamo anche il compito di essere dentro il gregge umano un segno di unità e un riflesso del nostro vero pastore, Gesù. Come cristiano io seguo il mio pastore Gesù e nel gregge della comunità cristiana cerco di trovare la mia libertà nell’unità, nella responsabilità reciproca, nel prendermi cura del prossimo, proprio come mi insegna e guida il Vangelo. Come cristiano ho anche il dovere di far sì che tutto il mondo sia unito, non mi posso disinteressare del prossimo come se non mi riguardasse, perché fa parte di quel grande gregge umano che Dio ama, guida e protegge. E Dio lo fa anche attraverso il mio amore e il mio dono.
Non ci sono quindi recinti più solidi che proteggono me e gli altri se non quelli di questo dono reciproco come mi insegna il Vangelo. Se seguo Gesù Buon Pastore uscirò dal recinto asfissiante delle mie paure ed egoismi e ritroverò tutto il gregge umano nel grande recinto aperto del suo amore.