venerdì 26 marzo 2021

LITURGIA DOMESTICA - DOMENICA DELLA PASSIONE (B) Sulla via della Croce verso la Risurrezione - Fraternità Carmelitana di Barcellona Pozzo di Gotto

LITURGIA DOMESTICA


DOMENICA DELLA PASSIONE (B)


Sulla via della Croce
 verso la Risurrezione

Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto
a cura di fr. Egidio Palumbo




Preparare in casa
 l’“angolo della preghiera”





       Anche nei giorni della Settimana Santa è importante perseverare nella preghiera in famiglia, facendo della preghiera un ascolto dialogico con Dio e con la sua Parola. Lo sappiamo: non esiste solo la chiesa parrocchiale o la chiesa santuario per pregare. Per i cristiani ognuno – a motivo del battesimo e della cresima – è sacerdote in Cristo e quindi chiamato a pregare per sé e per gli altri, e ogni famiglia cristiana è chiamata per vocazione ad essere chiesa domestica.

         Per cui ogni famiglia può approntare in casa l’“angolo della preghiera”, quello che i nostri fratelli cristiani della chiesa orientale chiamano “l’angolo della bellezza”.

        In un luogo della casa, su un tavolo o su un mobile o su una mensola si possono collocare una icona del Cristo, una lampada (da accendere per la preghiera), una Bibbia aperta e un fiore. Ecco l’angolo bello, l’angolo da cui, attraverso l’icona, lo sguardo di Dio veglia sulla famiglia. Non siamo noi a guardare l’icona, ma è l’icona a guardare noi e ad aprirci alla realtà del mondo di Dio. 





   In questo angolo la famiglia si riunisce per pregare in un’ora del giorno compatibile con i ritmi di lavoro.

   Si può pregare seguendo varie modalità:

- Prima modalità. Leggere il brano del vangelo della liturgia del giorno, breve pausa di silenzio, poi recitare con calma il salmo responsoriale corrispondente e concludere con la preghiera del Padre Nostro, la preghiera dei figli di Dio e dei fratelli in Cristo Gesù (per le indicazioni del vangelo e del salmo del giorno utilizzare il calendarietto liturgico).

- Seconda modalità. Per chi sa utilizzare il libro della Liturgia delle Ore, alle Lodi e ai Vespri invece della lettura breve, leggere il vangelo del giorno alle Lodi e la prima lettura del giorno ai Vespri.

- Terza modalità. Si può utilizzare un libretto ben fatto, acquistabile nelle librerie che vendono oggetti religiosi. Si intitola “Amen. La Parola che salva” delle edizioni San Paolo, costa € 3,90 ed esce ogni mese.Di ogni mese contiene: la preghiera delle Lodi del mattino, le letture bibliche della celebrazione eucaristica dei giorni feriali e della domenica con una breve riflessione, la preghiera dei Vespri della sera, la preghiera di Compieta prima del riposo notturno e altre preghiere.

     Scrive papa Francesco in Amoris Laetitia al n. 318, dando altri suggerimenti per la preghiera:

   «Si possono trovare alcuni minuti al giorno per stare uniti davanti al Signore vivo, dirgli le cose che preoccupano, pregare per i bisogni famigliari, pregare per qualcuno che sta passando un momento difficile, chiedergli aiuto per amare, rendergli grazie per la vita e le cose buone, chiedere alla Vergine di proteggerci con il suo manto di madre. Con parole semplici questo momento di preghiera può fare tantissimo bene alla famiglia».

    Sì, la preghiera in famiglia rafforza la nostra fede in Cristo Gesù e rende saldo il vincolo d’amore tra marito e moglie, tra i genitori e i figli, tra la famiglia e il territorio in cui abita e il mondo intero.

    In questa proposta di Liturgia Domestica seguiamo la prima modalità.



DOMENICA DELLA PASSIONE - B

Sulla via della Croce verso la Risurrezione


I. Apertura della Liturgia domestica

Solista: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Tutti: Amen.

(Accensione del cero)


Solista: Sii benedetto, o Padre, che ci hai donato il tuo Figlio.

Tutti: Eterno è il tuo amore per noi!

Solista: Sii benedetto, o Gesù Figlio di Dio, che ci hai riconciliati con Dio.

Tutti: Eterno è il tuo amore per noi!

Solista: Sii benedetto, o Spirito Santo, che sei nostro compagno di viaggio.

Tutti: Eterno è il tuo amore per noi!



Solista: Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito,
              perché sei stato la mia salvezza.
              La pietra scartata dai costruttori
              è divenuta testata d'angolo;
              ecco l'opera del Signore:
              una meraviglia ai nostri occhi.


Tutti: Benedetto colui che viene,
nel nome del Signore.
Vi benediciamo
dalla casa del Signore,
       (dal Salmo 118)



II. Ascolto orante del vangelo di Marco 11,1-11 e di alcuni brani di Marco 14-15.
Facciamo una breve pausa di silenzio, e poi chiediamo allo Spirito Santo che ci apra alla comprensione di questi scritti che contengono la Parola di Dio per noi oggi.

Tutti: Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.
Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò che è sviato.

 

Leggiamo attentamente e con calma la pagina di Marco, cap. 11, dal verso 1 fino al verso 11, che narra dell’Ingresso di Gesù a Gerusalemme. [Riportiamo di seguito il testo del vangelo, ma sarebbe meglio leggerlo direttamente dalla Bibbia – che ognuno dovrebbe avere in casa – per un contatto diretto con essa]

«1Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli 2e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. 3E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”».

4Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. 5Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». 6Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.

7Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. 8Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. 9Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:

              Osanna!

              Benedetto colui che viene nel nome del Signore!

                   10Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!

              Osanna nel più alto dei cieli!.

11Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània».



Dopo la lettura del vangelo, recitare insieme:

O Gesù redentore,
immagine del Padre,
luce d'eterna luce,
accogli il nostro canto.
Per radunare i popoli
nel patto dell'amore,
distendi le tue braccia
sul legno della croce.
Dal tuo fianco squarciato
effondi sull'altare
i misteri pasquali
della nostra salvezza.
A te sia lode, o Cristo,
speranza delle genti,
al Padre e al Santo Spirito
nei secoli dei secoli. Amen.
(dalla Liturgia)


1. Meditiamo la pagina evangelica sia dell’Ingresso di Gesù a Gerusalemme. Ecco alcuni spunti.
  Nella Domenica della Passione del Signore facciamo memoria del suo Ingresso solenne a Gerusalemme.

     La pagina di Marco 11,1-11 ci rende contemporanei a quell’evento, dove Gesù entra come il Messia Re e Pastore che visita Gerusalemme, che visita la nostra esistenza, i nostri luoghi di culto, le nostre case e le nostre città. Egli viene non nel segno del Potere arrogante e violento, bensì nel segno della piccolezza, della mitezza e della pace: infatti non sceglie di cavalcare un cavallo, come farebbe l’imperatore romano e qualunque re di questo mondo, poiché il cavallo era considerato animale da guerra, da combattimento, ma sceglie un asino, animale umile, pacifico, usato per il trasporto di carichi pesanti.

     La motivazione di questa scelta si rifà alla pagina del profeta Zaccaria 9,9-10, dove viene annunciata la venuta del Messia Re umile e pacifico: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra».

    La folla di Gerusalemme, cantando il Salmo 118, accoglie con grande solennità ed esultanza la venuta di Gesù, perché vede in Lui la visita del Signore Dio («Benedetto colui che viene nel nome del Signore!») e la realizzazione del suo Regno, secondo le promesse fatte al Re Davide («Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!»): la stabilità e l’espansione del Regno (2Sam 7,12-16), che il Messia Gesù, però, realizza in modo totalmente diverso da come spera la folla, ovvero non in modo politico-trionfalistico, ma nella povertà e nella debolezza del morire a Gerusalemme.




Osanna al Figlio di David!
Osanna al Redentor!

A una voce sola
gridiamo a Dio che venga
su questa nostra terra
lui solo a regnar.

Sia libero lo schiavo,
al povero l’onore,
perché del Regno suo
erede e signor.

Il mondo intero è il tempio
del grande sacrificio,
e il cuore dell’uomo nuovo
sia il vero suo altar.

Creatura più non gema:
un popolo di figli
ripete la passione
del Figlio suo Gesù.

Apritevi, porte eterne,
avanzi il re della gloria,
adori cielo e terra
l’eterno suo poter.

Osanna al Figlio di David!
Osanna al Redentor!
             (Davide Turoldo)
 


     Anche noi questa domenica, resi contemporanei a quell’evento, cantiamo ed esultiamo a Gesù Re Messia. Ma dovremmo farlo senza quella ambiguità politico-trionfalistica – “aggiornata” secondo la mentalità individualistica e borghese del contesto attuale – che caratterizza al giorno d’oggi certi ambienti ecclesiali ed ecclesiastici. Dovremmo, cioè, farlo con quella consapevolezza che scaturisce dal significato simbolico spirituale-esistenziale del nostro portare i rami di ulivo e di palma:
— portare l’ulivo




     esprime il nostro impegno a costruire nel mondo la pace (cf. Genesi 8,11); dalle olive torchiate, poi, si ricava l’olio, che esprime l’amore donato fino allo spreco (cf. Marco 14,3-9), la bellezza della fraternità che si fa accoglienza dell’altro (Sal 133,1-2), la compassione che lenisce le ferite della vita (cf. Isaia 61,3; Luca 10,34; Giacomo 5,14) e toglie ogni ruggine alle relazioni interpersonali (cf. Filippesi 2,1-4);
— portare la palma,



    che sta dritta e fa frutti dolcissimi (i datteri), esprime il dono della dignità di figli liberi che abbiamo ricevuto e che ci chiede di stare con la schiena diritta sia davanti a Dio (il padrenostro e altre preghiere della liturgia forse non li recitiamo in piedi?), sia davanti a tutti gli uomini, specialmente davanti ai potenti e a chi esercita una autorità; e chiede ancora di nutrirci del frutto dolcissimo della Parola di Dio (cf. Ezechiele 3,3; Qohelet 9,17; Cantico dei Cantici 4,11; Sirarcide 18,15-18), affinché anche noi realizziamo quei frutti dolcissimi che umanizzano le nostre relazioni con gli altri (cf. Salmo 133,1; Galati 5,22; 6,1; 1Pietro 3,15-16).

   Con questa consapevolezza, ci apprestiamo ora a meditare il Vangelo della Passione secondo Marco, affinché ci sia donata la grazia di seguirlo sulla via della Croce, per partecipare alla sua risurrezione.


Ancora fanciulli e poveri e popolo
dei loro osanna riempiano i cieli,
anche le pietre ti cantino, Signore:
tu sei l’unico re che ha voluto morire
e non manda a morte nessuno;
andato a morte perché nessuno
morisse invano:
noi non vogliamo altro re, Signore! Amen.
               (Davide Turoldo)

 




2. Meditiamo alcuni aspetti della pagina evangelica della Passione del Signore Gesù secondo Marco (capitoli 14-15). Ecco alcuni spunti.
   Per meditare queste pagine, bisogna disporsi ad ascoltare, non il ricordo del “funerale di Gesù”, né l’esaltazione della sofferenza (così sembrano evocare anche certe tradizioni popolari non ancora purificate e una certa filmografia), ma l’annuncio, nel dramma esistenziale di Cristo Gesù, dell’Amore appassionato di Dio per l’umanità. Evidenziamo solo alcune particolarità.

    a) Uno dei protagonisti della narrazione-annuncio della Passione del Signore sono le “mani”.
  Da una parte, le mani violente che catturano, maltrattano, afferrano, conducono, consegnano per tradimento e per uccidere: sono le mani dei capi, dei sacerdoti, degli scribi, del discepolo Giuda, della folla, delle guardie del sinedrio, dei soldati romani e di Pilato.
   Dall’altra, le mani che consacrano, preparano la Pasqua, benedicono, offrono, donano, condividono, portano la croce di Gesù, prendono il corpo del Signore: sono le mani della donna di Betania, dei discepoli, di Gesù nell’Ultima Cena, di Simone di Cirene, di Giuseppe d’Arimatea.
    Queste mani rappresentano due modi contrapposti di relazionarsi con Gesù e di vivere e di agire come credenti, ora incoerenti (non va dimenticato, che pagani erano solo Pilato e i soldati romani), ora coerenti. Quelle “mani”, allora, sono anche le nostre, esprimono il nostro modo di vivere e di agire secondo l’evangelo o secondo la logica mondana dell’egoismo e del potere arrogante e violento.
     Fermiamo la nostra attenzione sulle mani che esprimono l’agire della donna di Betania. Leggiamo attentamente la pagina di Marco 14,3-9.

 

«3Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo.

4Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: “Perché questo spreco di profumo? 5Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!”. Ed erano infuriati contro di lei.

6Allora Gesù disse: “Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. 7I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. 8Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura.

9In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto”».

 




    La donna, rompendo il vaso di alabastro e versando l’olio profumato di grande valore sul capo di Gesù, riconosce profeticamente nell’umanità umile e povera del Maestro la manifestazione alta e preziosa dell’amore che si dona senza misura, in modo sovrabbondante, fino allo spreco, al fine di tessere autentiche relazioni umane e umanizzanti. L’annuncio del vangelo della Risurrezione sarà accompagnato dal ricordo/attualizzazione del gesto profetico della donna di Betania, ovvero da uno stile di vita conforme a quello di Gesù, pena la credibilità dell’annuncio stesso.

b) Un’altra particolarità riguarda i volti, ovvero ciò che caratterizza l’identità di una persona, il suo essere, la sua presenza e la sua storia.

Leggiamo attentamente la pagina di Marco 14,66-72.

«66Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote 67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». 68Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici».

Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. 69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». 70Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». 71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate».

72E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto».




     Nella narrazione del rinnegamento di Pietro – che Gesù aveva già predetto dopo l’Ultima Cena e che Pietro non ha ascoltato, preferendo, assieme agli altri discepoli, ostentare grande sicurezza di sé (cf. Marco 14,26-31) – Pietro viene riconosciuto come discepolo del Nazareno da una giovane serva del sommo sacerdote che lo fissa attentamente sul volto per due volte (cf. Marco 14,67.69). Pietro nega per tre volte, in un crescendo sempre più forte, fino ad affermare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». La serva riconosce nel volto di Pietro i lineamenti del volto di Gesù, i lineamenti di colui con il quale ha vissuto insieme, ha ascoltato le sue parole e ha visto i suoi gesti. Ormai l’identità di Gesù si è impressa in Pietro. Ma Pietro l’ha dimenticato. Lui che era vicino a Gesù, ormai lo segue da lontano (cf. Marco 14,54).

   Ed è interessante notare che poco prima, al termine del processo religioso davanti al sommo sacerdote, a Gesù era stato coperto il volto con gli sputi e con la benda (cf. Marco 14,65), quasi a voler cancellare la sua persona e la sua identità di «Messia, il Figlio del Benedetto» (cf. Marco 14,61-62) venuto nella debolezza. Ma l’identità di una persona non la si può cancellare, né quella di Gesù, né quella di Pietro e degli altri discepoli. La si può rifiutare, dicendo «non conosco quell’uomo», ma di fatto la somiglianza con Gesù resta, i “segni” esistenziali del cammino fatto con Gesù rimangono indelebili; e se vengono negati, saranno gli altri a riconoscerli.

    Consumato il rinnegamento, Pietro si ricorda delle parole di Gesù, riconosce il proprio errore: le sue lacrime sono il suo battesimo di penitenza e di rinascita a vita nuova.

c) Ci soffermiamo ora a considerare il momento culminante dell’evangelo della Passione: l’evento della Morte di Gesù.

Leggiamo attentamente la pagina di Marco 15,33-41.

 

«33Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 34Alle tre, Gesù gridò a gran voce: “Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».

35Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Ecco, chiama Elia!”. 36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: “Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere”. 37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

38Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. 39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”.

40Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, 41le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme»



     C’è da notare che già a partire dalla crocifissione, tutto viene scandito dalle Ore e dalla preghiera dei Salmi che accompagnano e interpretano l’evento: l’ora terza (le nove del mattino) con il Salmo 22,19 («si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte»), l’ora sesta (mezzogiorno) con il Salmo 88,19 («Hai allontanato da me amici e conoscenti, mi fanno compagnia soltanto le tenebre»), l’ora nona (le tre del pomeriggio) con il Salmo 22,2 («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?») e il Salmo 69,22 («Mi hanno messo veleno nel cibo e quando avevo sete mi hanno dato aceto»).

    All’ora sesta, a mezzogiorno, in cui c’è più luce, paradossalmente proprio in quest’ora le tenebre coprono la terra. È come fosse notte: tutta la creazione partecipa al dramma del Figlio dell’Uomo, vivendo in sé uno sconvolgimento totale.

    All’ora nona (le tre del pomeriggio) Gesù grida a gran voce la sua preghiera al Padre. Prega con il Salmo 22, perché rivive le sofferenze del Giusto braccato e aggredito; sente la lontananza di Dio, di quel Dio a cui sempre si è affidato; ma nello stesso tempo, proprio per questo, spera di essere salvato da Lui e di vivere in Lui. Quelli che stanno sotto la croce non capiscono nulla, fraintendono, si aspettano un miracolo sensazionale: «Aspettiamo, vediamo se viene Elia a farlo scendere» (Marco 15,36). Ma il miracolo non avviene.

    Avviene, però, un’altra cosa più significativa: Gesù dà un altro forte grido e poi spira, muore, e morendo soffia il suo Spirito (cf. Marco 15,37). Questo secondo grido lo possiamo considerare come il “grido della partoriente”, il grido del travaglio del parto per la nascita dell’uomo nuovo, plasmato dal soffio dello Spirito. Nella Morte di Gesù muore l’uomo vecchio che è in noi, e nasce, nello Spirito, l’uomo nuovo, l’uomo ricreato ad immagine e somiglianza del Figlio di Dio.

    Per questo, il velo, che nel tempio separava il Santo dei Santi, è squarciato dall’alto – cioè da Dio – in basso, cioè fino a terra, fino all’umanità: è il grembo di Dio che si apre e ci fa rinascere alla piena comunione con Lui. E anche per questo sulle labbra del centurione romano pagano risuona per la prima volta la confessione di fede nel Figlio di Dio: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio» (Marco 15,39). Nella Morte del Figlio di Dio, noi moriamo all’uomo vecchio, all’uomo egoista e idolatrico, e rinasciamo come figli nel Figlio Gesù.


Figlio dell’uomo, corpo di Dio,
corpo profumato più del giglio,
uomo perfetto, o pienezza di umanità
che il mondo ha messo in croce!
È questa, questa la tua passione:
l’uomo che viene ancora crocifisso!
Signore, che nessuno sia più
torturato e ucciso. Amen.
                (Davide Turoldo)



III. Intercessioni
Solista: Gerusalemme è la città che ci attende. Essa è la città dove Dio vuole abitare, perché essa è la città della vera fraternità, la città della convivialità tra popoli diversi. Da veri discepoli del Signore saliamo con lui ed invochiamo Dio Padre misericordioso per la salvezza di tutti gli uomini:

             Tutti: PER LA PASSIONE DEL TUO FIGLIO, ASCOLTACI O PADRE

Voce 1: Per tutto il popolo cristiano in cammino con Gesù verso la città della fraternità e della pace, perché non si lasci sedurre da altri signori e non faccia proprie le logiche del disprezzo, del respingimento, della negazione degli altri. Preghiamo.

Voce 2: Per tutte le grandi religioni, perché, lasciandosi guidare dalla forza dello Spirito, diventino in mezzo ai popoli un fattore di comprensione e di tolleranza reciproca; Preghiamo.

Voce 1: Per coloro che governano il nostro Paese e le nostre città, perché non guardino esclusivamente ai propri interessi, ma al bene delle nuove generazioni. Preghiamo.

Voce 2: Per le regioni meridionali e per la nostra isola, ridotte in schiavitù dal fenomeno della mafia e dalla logica clientelare, perché la ricorrenza della Pasqua susciti in tutti il desiderio di una vita nuova e dignitosa. Preghiamo.

Voce 1: Per tutti noi, che ci prepariamo a celebrare la Pasqua del Signore, perché segni un vero passaggio, un vero salto di qualità nella nostra vita di credenti e di cittadini. Preghiamo.

Voce 2: Davanti al Signore Crocifisso e Risorto, ricordiamo nel silenzio i nostri parenti e amici defunti e le vittime del coronavirus [pausa di silenzio, e poi riprendere a leggere →]; ricordiamo ancora tutte le vittime della guerra, della criminalità mafiosa, della violenza nelle famiglie, dei disastri degli aerei e degli incidenti sulla strada. Il Signore accolga tutti nella pace del suo Regno. Preghiamo.

Solista: Come popolo di Dio, chiamato ad essere nel mondo testimone della presenza feconda di Gesù, diciamo insieme:

Tutti: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome.
venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà
come in cielo, così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
e rimetti a noi i nostri debiti,
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.


- Concludere con la Preghiera:
Tutti: Ascolta, o Padre, le nostre preghiere: rendici capaci di accompagnare Gesù nel cammino della croce, di assimilare la sua passione di amore per l’umanità, e così poter partecipare alla sua risurrezione. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. AMEN.

Solista: Benediciamo il Signore.

Tutti: Rendiamo grazie a Dio.


IV. Proposta di preghiera per il pranzo

Tutti: Sii benedetto, Signore Dio nostro,
che riunisci i tuoi figli,
come virgulti d’olivo,
intorno alla tua mensa.
concedi a tutti
l’abbondanza delle tue benedizioni,
per Cristo nostro Signore. Amen.
               (da Preghiere per una tavola fraterna)