martedì 30 marzo 2021

L'INFERMIERA E IL BAMBINO, UN'IMMAGINE "SACRA" AL TEMPO DEL COVID-19

L'INFERMIERA E IL BAMBINO, 
UN'IMMAGINE "SACRA" AL TEMPO DEL COVID-19

Una foto scattata di nascosto attraverso un monitor di sorveglianza della terapia intensiva pediatrica del Senesi di Ancona sarà tra quelle che ci porteremo via alla fine di questo sciagurato tempo, una di quelle che mostra il nostro lato migliore



Un’immagine che nella sua immediatezza dice quello che mille parole faticherebbero a dire, starà con ogni probabilità tra quelle che ci porteremo via alla fine di questo tempo buio, quando si spera verremo restituiti alla nostra normalità.

Un bimbo di sette mesi sta nel suo letto, nella rianimazione pediatrica dell’ospedale Senesi di Ancona, accanto a lui rannicchiata, una figura bardata come un’astronauta, una dei tanti che abbiamo imparato a riconoscere in questi ormai molti mesi come persona in prima linea nella trincea del covid-19, lo rassicura e lo accarezza.

Non ha volto, è nascosto dalle protezioni, l’immagine non dice neppure se sia un uomo o una donna, anche se ci viene naturale l’associazione di idee con l’istinto materno, anche le mani sono guantate di blu, la sinistra tiene un ciuccio, la destra accarezza. Dietro gli occhiali e la visiera gli sguardi si incrociano, il bimbo è tranquillo, evidentemente una voce calma che non possiamo sentire lo rassicura: è solo, la sua mamma, in quel momento in isolamento come lui, non può essere lì dove dovrebbe. Eppure non è solo.

Non c’è nessun contratto che contempli il fatto di rannicchiarsi sul letto di un bambino altrui, nessun contratto che preveda una sostituzione “maternità” di questo tipo. Ma questa foto ci dice che si lavora come si è, che questa tragica malattia che si è portata via l’equivalente di una media città, ci sta mettendo alla prova a fondo e forse esponendo nel profondo. Ma come tutte le esperienze estreme ci mostra, nel bene e nel male, il lato più vero e meno sorvegliato di noi.

Qualche volta succede anche che una fotocamera imprevista, è questo il caso, mostri il nostro lato migliore, senza che ce ne accorgiamo. Di sicuro quell’infermiera senza volto (oggi sappiamo anche chi è, ma forse è più importante che resti un simbolo) non immaginava che qualcuno (un’anestesista con un cellulare non direttamente ma attraverso il monitor di controllo) avrebbe catturato quell’attimo, ha semplicemente fatto quello che l’istinto e l’esperienza le hanno suggerito di fare per alleviare un momento di solitudine a un piccolo troppo piccolo per dar voce al proprio smarrimento. Chissà quante altre volte nell’ombra degli anni di lavoro, senza che nessuno lo notasse, avrà fatto lo stesso. Chissà quanti altri, in queste ore, lo stanno facendo.

Per chi crede questa immagine ha la potenza della misericordia evangelica, la forza iconica di un'immagine sacra: «Quello che avete fatto a ciascuno di questi piccoli lo avete fatto a me». Per chi non crede è un potentissimo, inequivocabile, un atto di dedizione alla causa dell’umanità. La sostanza è la stessa. Il valore ugualmente universale.

Ps. Sappiamo che questa storia catturata così per caso è finita bene, che il bimbo ora è a casa e sta bene e che la sua mamma ha condiviso l’immagine per ringraziare chi s’è occupato di lui.
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Elisa Chiari 26/03/2021)